Fonte: Osservatorio Balcani e Caucaso
Dal prossimo primo ottobre in Moldavia falce e martello e tutti gli altri simboli comunisti saranno vietati. Entrerà infatti in vigore una legge approvata dal parlamento moldavo quest’estate che condanna i crimini del comunismo e dei regimi totalitari*. La legge non è stata votata naturalmente dal Partito comunista moldavo, il principale del Paese pur se all’opposizione, che ha lasciato l’aula in segno di protesta durante la votazione ed ha ricorso contro la legge presso la Corte costituzionale. Anche il Partito socialista ha votato contro.
*Leggi anche: “Risoluzione del Parlamento europeo del 2 aprile 2009 su coscienza europea e totalitarismo“
21 anni dopo
La Moldavia era dal 1940 una delle repubbliche costituenti L’Unione sovietica. E’ divenuta uno stato indipendente nel 1991. Da allora sono passati 21 anni e molti opinionisti dei principali media del paese hanno sottolineato – commentando la nuova legge che entrerà presto in vigore – come si sia arrivati ad adottare tali provvedimenti molto tardi, diversamente da quanto accaduto in altri Paesi ex-comunisti che si sono ben prima allontanati da ideologia e simboli del comunismo. Secondo la nuova legge è vietato utilizzare simboli comunisti a scopi politici o di propaganda. Il primo a subirne direttamente le conseguenze sarà il Partito comunista moldavo. In tutti questi anni quest’ultimo ha largamente utilizzato i simboli ex sovietici, anche per attrarre i voti di pensionati e nostalgici dei tempi che furono. Se il Partito comunista non cambierà “logo” rischia ora di non poter partecipare alle prossime elezioni politiche. Secondo Vitalie Catana, esperto in questioni costituzionali, subito dopo l’entrata in vigore della legge e se la Corte costituzionale non eccepirà nulla, il Partito comunista sarà effettivamente costretto a ripensare i simboli politici che adotta. “Il rifiuto potrebbe portare a sanzioni pecuniarie ma addirittura al blocco delle loro attività”, ha specificato Catana. Proseguendo per questo scenario Catana afferma che i seggi parlamentari ora dei comunisti verrebbero divisi tra le altre forze politiche rappresentate in parlamento.
Il dibattito politico
“E’ un provvedimento che lacera la società moldava, perché a molti sta a cuore il periodo comunista”, ha sottolineato Vladimir Voronin, presidente del Partito comunista. “Non vi è più un parlamento ma un manicomio”, ha poi aggiunto in modo meno diplomatico dichiarando di essere molto arrabbiato e che si è trattato di un’azione premeditata contro il partito che dirige. Intanto Voronin ha annunciato ai proprio sostenitori che il Partito comunista non rispetterà questa legge e non si arrenderà. “Questi simboli non riflettono solo l’ideologia del partito ma hanno radici storiche nella lotta contro il fascismo”. Secondo Victor Popa – parlamentare della maggioranza di governo e a capo della Commissione parlamentare sulla giustizia – il nuovo provvedimento a condanna dei sistemi totalitari non minaccerebbe l’esistenza del Partito comunista. “Vengono vietati i simboli comunisti e non l’attività del Partito comunista” ha specificato “ed è proprio per questo che anche il ricorso presso la Corte costituzionale non avrà alcun successo”.
“Sono simboli che rimangono ingombranti nella memoria delle migliaia di deportati in Siberia ed è questo uno dei motivi a favore dell’approvazione di questa legge”, ha tenuto a ribadire Mihai Gimpu, leader del Partito liberale e autore della proposta di legge poi passata in parlamento.
E’ stato un grande errore dell’Europa non condannare i comunisti come si fece con i nazisti al processo di Norimberga. La falce e il martello sono i simboli sotto i quali persone innocenti vennero deportate in Siberia e uccise”
ha chiosato il leader liberale. Concorda lo storico Octavian Ţicu secondo il quale la legge era un atto dovuto e la Moldavia non poteva parlare di alcuna integrazione europea senza prima condannare le atrocità commesse dal regime comunista. D’altro canto però, e lo nota il giornalista Petru Bogatu, si potrebbe rimanere scettici nei confronti di quei politici che s’affannano a condannare i regimi totalitari ma lo fanno come se fosse un gioco politico e una maniera per mietere consensi.
Un sacrilegio!
La Russia, per voce del suo vice ministro degli Esteri Grigory Karasin, ha reagito negativamente alla nuova legge moldava. “Non è nient’altro che un sacrilegio. La Russia, un paese dove la stella, la falce e il martello sono il simbolo della vittoria, non tacerà su quando sta accadendo”, ha dichiarato quest’ultimo. Karasin si è poi dichiarato speranzoso che “le forze politiche sane in Moldavia contrastino questa decisione e trovino le vie legali per combatterla”. Come primo passo vi è già stato il già citato ricorso costituzionale, presentato dall’avvocato del Partito comunista Sergiu Sârbu. Quest’ultimo ha inoltre richiesto che il caso venga esaminato con urgenza senza aspettare tutti i 6 mesi previsti dai termini di legge.
Monumenti a rischio
La nuova legge rischia di causare conflitto sociale anche in merito ai numerosi monumenti del periodo comunista che costellano il Paese. Verranno demoliti? “I sostenitori del Partito comunista si opporranno con tutte le loro forze all’abbattimento di monumenti costruiti in riconoscenza ai soldati della Seconda guerra mondiale”, ha sottolineato Grigore Petrenco, deputato tra le fila del Partito comunista. Dalla coalizione governativa sono arrivate alcune aperture. “Non vedo perché i memoriali al valore militare debbano sparire”, ha dichiarato il leader del Partito democratico, uno dei tre partiti che compongono la coalizione governativa, Marian Lupu. Per il Partito liberaldemocratico, il terzo partner governativo, i 40 monumenti dedicati a Lenin in Moldavia e gli oltre 300 dedicati ai soldati sovietici potrebbero invece essere rimossi e conservati in un museo dedicato al totalitarismo. Il primo ministro Vlad Filat, esponente di questo partito, ha dichiarato in modo meno conciliante dei suoi partner di governo che è arrivato il momento di liberarsi di Lenin e dei carri armati sovietici.
Società divisa
Poco prima dell’adozione della legge a Rîşcani, Moldavia settentrionale, è stata tolta dalla sua posizione originaria una statua dedicata a Lenin. Il monumento è stato abbattuto con un trattore a seguito di una decisione del consiglio comunale. I sostenitori del Partito comunista hanno veementemente protestato richiedendo il ripristino del memoriale, per ora senza successo. Nella seconda città per popolazione della Moldavia, Bălți, nel cui consiglio comunale il Partito comunista moldavo è in maggioranza, le autorità locali stanno invece difendendo strenuamente i monumenti di epoca sovietica. Dopo che molti di questi ultimi sono stati imbrattati con simboli fascisti ora vengono controllati a vista da controllori e le autorità locali stanno pensando all’installazione di telecamere. Negli ultimi anni un numero sempre maggiore di monumenti di epoca sovietica è stato vandalizzato o distrutto. In controtendenza, negli anni in cui è stato al potere il Partito comunista moldavo, 13 monumenti in precedenza abbattuti sono stati riportati al loro posto. Sulla questione rischia quindi di esservi molta conflittualità sociale. Senza escludere anche che tutto questo possa avere influssi negativi nel dialogo con la regione separatista della Transnistria, che proprio sui simboli sovietici fonda la propria autoproclamata statualità.
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