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Molto forte, incredibilmente vicino

Creato il 18 luglio 2012 da Misterjamesford
Molto forte, incredibilmente vicinoRegia: Stephen DaldryOrigine: Usa/UKAnno: 2011Durata: 129'
La trama (con parole mie): Oskar Schell è un ragazzino dalla fantasia fervida che ha perso il padre nel disastro del World Trade Center, chiudendosi di fatto in se stesso e nel ricordo del genitore, con il quale aveva un rapporto molto profondo.Quando, per caso, scopre una chiave che potrebbe significare la rivelazione di qualcosa di più rispetto a quanto il giovane potesse conoscere del padre stesso, ha inizio una ricerca che ha il sapore della grande avventura e che porterà Oskar a conoscere le vite e le storie di decine di persone nell'area di New York, nonchè a riscoprire i ruoli di sua nonna e di sua madre e conoscere il nonno, rifugiato tedesco dato per scomparso.Per quanto lo scopo di questa sua missione, però, potrà essere importante, mai potrà eguagliare lo spessore del percorso compiuto per giungere al suo compimento.
Molto forte, incredibilmente vicino
Da parecchio tempo, ormai, l'ultima fatica di Stephen Daldry giaceva come sopita, in attesa di passare finalmente sugli schermi di casa Ford: in un certo senso, posso dire che fosse in stand by da giorno in cui, all'inizio di gennaio, in sala con Julez  poco prima dell'inizio di J. Edgar, trastullandoci con i consueti trailer e pensando a quelle che sarebbero state le pellicole candidate all'Oscar per il miglior film, ipotizzammo che Molto forte, incredibilmente vicino avrebbe incarnato il tributo alla retorica della rosa dei nomi fatti dall'Academy.
In realtà ci sbagliavamo, perchè i tributi sarebbero stati due: accanto alla pellicola in questione, infatti, ritrovammo War horse, polpettone made in Spielberg girato con una tecnica incredibile eppure troppo zuccheroso per fare davvero breccia nel cuore del sottoscritto.
In questo senso, la pellicola di Daldry - che aveva fatto un gran bene con The reader - patisce gli stessi limiti con l'aggravante di un'abilità a mio parere di molto inferiore dietro la mdp rispetto a quella del creatore di E.T., una spanna - e oltre - sopra per quanto riguarda i movimenti di macchina ed il senso di meraviglia comunque impresso ad ogni fotogramma.
In realtà, a dispetto dell'inizio del post e di quello che scriverò di seguito, non ho trovato questo film così terribile, o almeno non tanto quanto mi potessi aspettare: certo è lento, fa pesare ogni minuto allo spettatore, è colpevole di aver portato sul grande schermo uno dei bambini più odiosi della Storia della settima arte - quel tamburello modello Oasis, giuro, l'avrei spaccato sulla testa del piccolo Oskar ad ogni piè sospinto -, sfrutta quegli odiosissimi ralenti che solleticano come pochi altri vezzi registici le mie bottigliate più selvagge, è intriso fino al midollo - in barba alle origini del regista - di quell'americanismo di grana grossa che tanto si fatica a digerire, eppure le idee alla base - figlie del romanzo, immagino, che non ho letto - risultano assolutamente valide ed interessanti, e rendono il prodotto finito più simile ad un'enorme occasione sprecata che non ad uno di quei titoli da incazzatura feroce e pulsioni omicide.
La ricerca di Oskar, trasformata in una sorta di incredibile avventura dal sapore simile a quelle de I Goonies o Stand by me funziona, così come la riscoperta progressiva della figura del nonno - un ottimo Max Von Sydow, protagonista dell'unica sequenza davvero interessante di tutta la visione, il gioco degli ossimori con Oskar in metropolitana, rimembranza dei momenti felici passati dal bambino con il padre - e l'idea di una chiave che possa aprire "qualsiasi cosa" ma che, di fatto, altro non permette se non l'apertura alla città - e al mondo - di un ragazzino rimasto così profondamente ferito da chiudersi in se stesso.
Dovendo pensare ad una sorta di difesa rispetto al lavoro di Daldry, si potrebbe quasi associare a Oskar la stessa New York, colpita al cuore dagli avvenimenti dell'undici settembre oltre che storicamente e macroscopicamente, microscopicamente, nelle coscienze e nelle vite di ognuno dei suoi abitanti: e nel percorso verso la rinascita del giovane protagonista si ritrovano proprio la metropoli ed i milioni di suoi abitanti con le loro milioni di esistenze e storie, tutte una diversa dall'altra.
Se dovessi spararla grossa, mi verrebbe quasi da pensare che un film come questo sarebbe stato più adatto ad uno Spike Jonze o addirittura ad un altro Spike, che alla Grande Mela ha dedicato la quasi totalità della sua poetica: il buon, vecchio, Lee.
Purtroppo, però, queste restano soltanto speranze naufragate in due ore piene di Cinema per famiglie, ben attento a non osare mai e a viaggiare nel modo più lineare possibile verso una conclusione che, più che di crescita e ritratto di un evento visto per una volta da un punto di vista più umano e quotidiano che non come cronaca o fatto storico destinato a segnare un'epoca, appare come una pacca sulla spalla consolatoria capace di scontentare sia il grande pubblico - stroncato dalla progressione con il freno a mano tirato - che quello di nicchia - che urlerà allo scandalo di fronte a sequenze come il vaso caduto in tempi biblici, che è riuscita a snervare anche me quanto e più di una qualsiasi visione radical chic da bottigliare -.
Un netto passo indietro per Daldry, che pareva al contrario lanciato verso lidi decisamente più interessanti di questo, ed un peccato per un soggetto che, forse, avrebbe meritato una mano più coraggiosa in modo da guidare l'audience con la fantasia di chi riesce a tornare bambino e la profondità dettata dalla saggezza dell'età adulta.
Come Oskar e suo padre.
O suo nonno.
Un mondo che si chiude in seguito ad una ferita, e da quella ferita rinasce.
Purtroppo, non questa volta.
MrFord
"And if the darkness is to keep us apart
and if the daylight feels like it's a long way off
and if your glass heart should crack
and for a second you turn back
oh no, be strong."U2 - "Walk on" -

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