Molto forte, incredibilmente vicino di Stephen Daldry (Billy Elliott, The Hours, The Reader) è tratto dall'omonimo romanzo di Jonathan Safran Foer. Una volta tanto posso dire di aver letto il libro prima di vedere il fratello su pellicola, il che inevitabilmente condiziona il mio giudizio. Detto questo tenterò la non facile impresa di limitare i confronti per giudicare il film semplicemente per quello che è.
La trama: Oskar Schell (si pronuncia come "shell", guscio, come quello in cui si autoreclude il protagonista) è un bambino molto istruito ed intelligente, ma con diversi problemi nel rapportarsi serenamente con il mondo. Il padre Thomas, biologo che ha dovuto rinunciare agli studi per mantenere la famiglia facendo il commerciante, gli affida "missioni" come la prova dell'esistenza di un misterioso sesto distretto di New York, per consentire ad Oskar di superare le proprie fobie in modo giocoso e non ansiogeno attraverso la ricerca di indizi.
Thomas muore nell'attacco alle Twin Towers: Oskar si ritrova ad un tratto privo di una guida ed incapace di dare un sensorazionale alla perdita. Il ritrovamento di una chiave legata alla parola "black", lo convince che il padre gli abbia lasciato un criptico messaggio. Oskar decide di intraprendere una nuova missione ricercando il proprietario della chiave fra tutti i Black contenuti nell'elenco telefonico di New York, incontrandoli sistematicamente al ritmo di quattro ogni settimana. Convinto che la chiave nasconda la soluzione al senso di vuoto e di colpa che il bambino ha maturato con la scomparsa del padre, il piccolo protagonista sarà accompagnato da un vecchio muto, il misterioso "inquilino" che vive per dei periodi in casa della nonna.
La chiave cela davvero la risposta che Oskar sta cercando, o è tutto un prodotto della sua fantasia?
Il film si basa su una solida sceneggiatura di Eric Roth, che sfronda abilmente tutto ciò che non è funzionale alla trama principale, le immagini (fotografia di Chris Menges) di Stephen Daldry (Billy Elliot, The Hours, The Reader) si rivelano un veicolo potente per coinvolgere ed emozionare lo spettatore.
Il cast artistico è selezionato in modo perfetto: Tom Hanks ha pochi minuti a disposizione ma li sfrutta molto bene nel tratteggiare Thomas Schell ed il viscerale rapporto che lega padre e figlio; Sandra Bullock recita con delicatezza il ruolo di una madre che pare distante ma quando serve c'è sempre; Max Von Sydow impartisce una lezione di recitazione, senza proferire verbo per tutto il tempo. Il piccolo Thomas Horn è un Oskar al limite della psicopatologia e con la giusta dose di egocentrismo infantile: un'ottima interpretazione anche di fronte ai tre fuoriclasse "adulti".
Lo schema è quello della fiaba classica, in cui l'eroe si sceglie una missione, lotta per raggiungere il suo obiettivo, via via ostacolato o aiutato dagli altri personaggi, fino al raggiungimento di un nuovo equilibrio, magari diverso da quello inizialmente cercato.
L'ambiente in cui la storia si svolge è la straordinaria scenografia naturale di New York, di cui il film ci mostra almeno una volta tutti e cinque i distretti.
Il film punta tutto sulle emoziani, a mente fredda non risulta però del tutto convincente. Tuttavia, in sala le lacrime si sprecano grazie alla bravura degli interpreti ed a un soggetto, quello dell'11settembre, che ci ha visto forse per la prima volta dalla Seconda Guerra Mondiale tutti coinvolti in una tragedia di dimensioni globali. Molto forte, incredibilmente vicino non si interroga sul senso del disastro: indaga sull'elaborazione di un trauma privato, personale. Nella tradizione della fiaba, sarà solo di fronte ad una apparente sconfitta che la soluzione si rivelerà in tutta la sua semplicità: le persone che ci sono entrate nel cuore ormai sono parte di noi, non c'è insensata violenza che ce le possa portar via. Per quanto ormai alla deriva, perso in chissà quale lontano oceano il sesto distretto esiste davvero, se lo vogliamo!