Sempre più spesso mi stupisco nel constatare quante profonde connessioni esistano fra Fisica, Letteratura e Filosofia e soprattutto quanto si stiano sempre di più interlacciando nella contemporaneità. Forse semplicemente perché dietro tutto questo ci siamo noi, gli esseri umani che ostinatamente cercano risposte e si nutrono di misteri.
La recente e casuale scoperta nei laboratori del Gran Sasso ha riportato in tutto il mondo alla ribalta il neutrino, quello di Majorana, quello che ha una massa. Ora sappiamo che con tutta probabilità raggiunge velocità superiori a quella della luce. Lo scorso aprile il caso della “scomparsa misteriosa e unica di Majorana” (F. Battiato – Mesopotamia) è stato riaperto dalla Procura di Roma, a 73 anni di distanza.
Nel 2006 il fisico ucraino Olaf Zaslavskii propose un’ipotesi suggestiva sulla scomparsa di Majorana. Il fisico avrebbe organizzato una “sparizione quantistica”, secondo principi di casualità e di probabilità, escludendo le certezze. Lo scienziato è sia vivo che morto, dipende dall’osservatore, come il famoso gatto di Schrödinger: suicidato, fuggito all’estero, rapito, monaco in un convento, collaborazionista. L’ipotesi trae spunto dalla meccanica quantistica secondo cui le particelle del mondo subatomico hanno una doppia essenza: possono comportarsi come onde o come particelle. In questo ambito regna il principio di indeterminazione di Heisenberg, una legge fisica secondo la quale non è possibile seguire il destino di una singola particella ma, solo in termini statistici, di un numero consistente di esse. Secondo il fisico ucraino Majorana, profondo conoscitore di Pirandello, avrebbe messo in scena un “dramma quantistico” attribuendosi contemporaneamente il ruolo di protagonista e di spettatore.
Il fisico (o metafisico?) siciliano è stato di recente riconosciuto in una fotografia del 1950 accanto ad Adolf Eichmann, uno dei peggiori criminali di guerra nazisti. I due si trovano sul ponte del piroscafo Giovanna C., partito da Genova con destinazione Buenos Aires. L’immagine, che era stata pubblicata da Simon Wiesenthal nel libro Giustizia, non vendetta, è stata analizzata accuratamente dalla scientifica, che ha rilevato numerosissime convergenze con una foto del giovane Majorana. Wiesenthal non era riuscito a dare un nome al personaggio con gli occhiali da sole vicino ad Eichmann, la distanza fra i due è abbastanza ravvicinata, ma non è detto che si conoscano. Si deve comunque considerare che Majorana, alcuni anni prima di scomparire, a Lipsia conobbe il fisico Werner Heisemberg, notoriamente simpatizzante del nazionalsocialismo,che aveva esercitato su di lui un grandissimo fascino.
A quanto pare, dopo aver rinnovato il passaporto e ritirato diverse mensilità di stipendio, Majorana fugge in Argentina, e vive a Buenos Aires senza cambiare identità. La “pista argentina” del caso Majorana prende avvio nel ’78 da un articolo di Giulio Gullace pubblicato sul settimanale Oggi, tre anni dopo l’uscita del libro di Sciascia dal titolo La scomparsa di Majorana. L’articolo riportava la testimonianza del professor Carlos Rivera, dell’Istituto di fisica dell’università cattolica di Santiago del Cile, che raccontava di aver conosciuto a Buenos Aires una donna il cui figlio, laureando in ingegneria, sosteneva di essere amico dell’italiano Ettore Majorana, che aveva lavorato con Fermi ed aveva lasciato l’Italia proprio in seguito a contrasti con lui. Il professor Rivera però non riesce a incontrare questa persona che dice di essere il fisico scomparso perché il giorno dopo parte per l’Europa. Dopo quattro anni torna a Buenos Aires, ma trova la porta di casa della madre dell’ingegnere sprangata; i vicini lo avvisano che i due sono “scomparsi”, probabilmente vittime della polizia peronista. Nel 1960 il professor Rivera è di nuovo a Buenos Aires, all’Hotel Continental. Mentre prende appunti su un tovagliolo di carta un cameriere incuriosito gli dice di conoscere un altro cliente che ha l’abitudine di scrivere formule su pezzi di carta: si chiama Ettore Majorana ed è un fisico molto importante fuggito dall’Italia, a volte passa a prendere un caffè in Hotel.
Nel 1974, a Taormina, Blanca de Mora, vedova dello scrittore guatemalteco Miguel Angel Asturias, stupisce tutti raccontando «Ma come vi ponete ancora dei problemi su Ettore Majorana? A Buenos Aires lo conoscevamo in tanti: fino a che vi ho vissuto, lo incontravo a volte in casa delle sorelle Manzoni, discendenti del grande romanziere».
Purtroppo Eleonora Cometta-Manzoni, matematica e amica di Majorana, all’epoca era già morta. Il fisico e biografo di Majorana, Erasmo Recami nel 1980 riesce a contattare la sorella Lilò Cometta Manzoni de Herrera, professoressa di lettere a Caracas, che però dice di non ricordare un Majorana tra le conoscenze di Eleonora, ma non era molto interessata alle sue frequentazioni nel mondo scientifico. Ci sono altri indizi della presenza di Majorana in Argentina, ma non verificabili. Si sollevano anche dubbi sulla testimonianza di Rivera.
Ma sono stati i dieci punti «coincidenti» e una «compatibilità ereditaria» a convincere i magistrati romani a riaprire l’inchiesta sulla scomparsa di Majorana. Una foto scattata in Venezuela nel 1955 ha riaperto la pista sudamericana. Nel 2008 un uomo telefona alla trasmissione Chi l’ha visto? affermando di averlo frequentato, ma a lui si presentò come signor Bini e dichiara: <<Nell’aprile del 1955 partii per Caracas, poi andai a Valencia con un mio amico siciliano, che mi presentò un certo Bini. Ho collegato Bini e Majorana grazie al signor Carlo, un argentino. Mi disse: “Ma lo sai chi è quello? Quello è uno scienziato. Quello ha una capoccia grande che tu neanche ti immagini. Quello è il signor Majorana”. Si erano conosciuti in Argentina. Era di media altezza, con i capelli bianchi, pochi e ondulati. Era timido, preferiva stare in silenzio. Poteva avere sui 50 – 55 anni. Parlava romano ma si vedeva che non era romano. Si vedeva anche che era una persona colta. Sembrava un principe. Io certe volte gli dicevo: “Ma che cavolo campi a fa. Ti vedo sempre triste”. Lui diceva che lavorava, andavamo a mangiare, poi stava 10-15 giorni senza farsi sentire. Aveva una macchina gialla una Studebacker. Pagava solo la benzina, altrimenti sembrava che non avesse mai una lira. Ogni tanto gli dicevo: “Ci tieni tanto alla tua macchina e c’hai tutta sta carta”. Erano fogli con numeri e virgole, sbarramenti. Lui non voleva mai farsi fotografare e siccome dovevo prestargli 150 bolivar gli ho fatto una specie di ricatto, in cambio gli ho chiesto di farsi fare una foto con me per mandarla alla mia famiglia. Era più basso di me. Quando ho trovato la foto ho deciso di parlare, sennò era inutile che dicevo che avevo conosciuto Majorana>>. Il Ris ha confermato che «Dalle sovrapposizioni sono emerse similitudini somatiche compatibili con la trasmissione ereditaria padre-figlio». Sarà molto difficile, ma i magistrati ritengono che valga comunque la pena nel 2011 tentare ricerche in Venezuela ed Argentina, per individuare la tomba del Signor Bini- Majorana. Se lo guardiamo dall’Italia Ettore Majorana è scomparso misteriosamente 73 anni fa, probabilmente è morto. Dall’Argentina, invece, ha vissuto una vita tranquilla ed in relativo incognito almeno fino alla fine degli anni ’50. Se lo guardiamo dal libro di Wiesenthal potrebbe sembrarci un pericoloso collaborazionista dei nazisti, soprattutto per via delle sue conoscenze. Ma guardato attraverso le lettere scritte di suo pugno e riportate nel libro del fisico João Magueijo sembrerebbe alquanto improbabile. Siamo effettivamente precipitati in un intrigo quantistico, squisito dal punto di vista letterario, probabilmente architettato dallo stesso protagonista. Chissà se a Borges è mai capitato di incontrare un tano che scriveva formule ovunque ed amava Pirandello?