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Monaco 1860: inseguendo la storia, scappando dal passato

Creato il 11 settembre 2013 da Controcalcio

di Fabio Belli

- “Papà, quando è stata l’ultima volta in cui il Monaco 1860 ha vinto il derby?”
- “Non so figliolo, dovresti chiedere al nonno!”
Umorismo tedesco. Magari non il massimo della commedia, ma le barzellette e gli sfottò sul calcio esistono a tutte le latitudini, e questa freddura a Monaco di Baviera è circolata per molti anni tra i tifosi del Bayern, per infierire sui cugini meno vincenti, con i quali va in scena l’acceso derby locale. Per la precisione, il digiuno per i “leoni della Baviera” è durato dal 12 novembre del 1977 al 27 novembre del 1999, esattamente ventidue anni interrotti dalla bordata di Thomas Riedl all’Olympiastadion di Monaco. Una vittoria che coincise con l’ultima età dell’oro nel club, quando il quarto posto nella stagione 1999/00 in Bundesliga, raggiunto grazie ai lampi di classe di un ispirato Thomas Hassler a fine carriera, valse la prima e finora unica qualificazione nella moderna Champions League.

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Un’avventura che terminò già nel turno preliminare al cospetto degli inglesi del Leeds United, ma nessuno come i tifosi del Monaco 1860 sa quanto sia importante esserci, prima ancora che vincere. Un retaggio figlio non degli insegnamenti decoubertiniani, bensì di una storia tormentata, fatta di cadute, resurrezioni e sofferenze più o meno costanti all’ombra dei cugini del Bayern, capaci di dominare la scena nazionale e molto spesso anche quella internazionale. E dire che prima della Seconda Guerra Mondiale, il Monaco 1860 era squadra di primo livello, soprattutto vicina al cuore e ai pensieri dei gerarchi nazisti. Una commistione che creerà nell’immediato dopoguerra non pochi imbarazzi al club, e che lo porterà di fatto ad eliminare i riferimenti al periodo anteguerra nelle sue biografie.

Il Bayern iniziò ad erodere consensi a quella che era considerata la squadra degli abitanti del cuore di Monaco. Ma negli anni sessanta, quasi contemporaneamente alla nascita della Bundesliga, il Monaco 1860 visse il suo periodo più felice sotto la guida del tecnico austriaco Max Merkel. Nel 1964 il club vinse la Coppa di Germania, nel 1965 prese la finale di Coppa delle Coppe contro gli inglesi del West Ham, mentre nel 1966 conquistò il suo primo e finora unico Meisterschale, il titolo di campione di Germania. Con l’avventura in Coppa dei Campioni conclusasi al cospetto del Real Madrid, il Monaco 1860 vede però spegnersi la sua stella in favore di quella dei rivali cittadini, che negli anni settanta diverranno dominatori del calcio mondiale.

E il peggio doveva ancora venire, visto che dopo il derby vinto nel 1977, il Monaco 1860 è costretto a ripartire addirittura dai campionati regionali: Il fallimento, un’ombra che viene spazzata via dall’avvento di Karl Heinz Wildmoser, ambiziosissimo presidente che riporterà la più antica squadra di Monaco in Bundesliga, e al tramonto degli anni novanta a rompere l’ultraventennale digiuno nei derby, e a respirare aria di Champions League a trentatré anni dal titolo.

Ma la storia del Monaco 1860 ha qualcosa di strano, diverso da tutti gli altri club. E ciò che per tutti all’alba del duemila è fonte di enormi guadagni, per i leoni di Baviera diventa la causa della rovina. Ovvero, la costruzione dello stadio di proprietà, l’Allianz Arena, che per i cugini del Bayern, con i loro centocinquantamila soci, è un investimento verso il futuro, mentre per il piccolo Monaco 1860 è un salto finanziario nel buio. E Wildmoser, nel frattempo affiancato dal figlio, si ritrova sommerso dai debiti. Nel 2004 il club prova addirittura a tornare a giocare nel catino dello storico Grundwalder Stadion, per la gioia dei tifosi, ma il passo indietro complica addirittura le cose. L’Allianz Arena non può essere abbandonata, ma i debiti ed i costi di gestione rischiano di schiacciare il club. Il secondo fallimento della storia viene evitato da un imprenditore giordano, Hasan Abdullah Ismaik, che entra a Monaco subito col piede di guerra perché la legge tedesca gli vieta di possedere, in quanto socio estero, il 51% del club. Ed i leoni del Monaco 1860, ormai da anni in Zweite Bundesliga, attendono di tornare a ruggire: il club ha perso tante battaglie in oltre 150 anni di storia (fondato come società podistica, iniziò l’attività calcistica nel 1899), ma la speranza mai.



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