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Monade o Zibaldone?

Creato il 02 dicembre 2010 da Bruno Corino @CorinoBruno

Monade o Zibaldone?
Opera di Gianluca Murasecchi

Qualche tempo fa, qualcuno ha definito le pagine che scrivo su questi blog una sorte di “zibaldone”, cioè un qualcosa che dà l’idea di guazzabuglio, senza né capo né coda. Talvolta la disinvoltura con la quale passo da un tema all’altro, da un registro all’altro, effettivamente può generare nella mente del lettore questa impressione. Ma per chi come me è abituato a vivere alla giornata, scrivere alla giornata è diventata quasi un’abitudine. È vero, a volte io stesso provo la sensazione scorrendo la mia scrittura di navigare a vista, di scavare nel vuoto, di andare avanti senza meta e senza un punto di approdo. Riconosco di avere questo “vizio”: m’appassiono alle cose che leggo. Di recente, ad esempio, leggevo alcune cose su Cantor, ed ecco che la mia mente è attraversato da un guizzo: cosa c’è in comune tra l’etoanalisi e il suo principio di corrispondenza biunivoca? Provo subito l’immediato impulso di tradurre sulla “carta” quanto mi frulla nel cervello. Oppure, leggo delle pagine sulla “teoria dei giochi”, ed ecco che immediatamente interagisce con quanto sto pensando a proposito dei giochi di strategia tra i diversi attori sociali. La mia mente mette subito in moto gli ingranaggi del pensiero e intravede le sue possibili applicazioni per questo o quel problema pratico. Certo, a volte sono preso dalla frenesia di dimostrare al mio eventuale lettore tutte le potenzialità che le mie capacità di analisi riescano a sprigionare: così mi vien voglia di svelare quale segreto possa contenere una semplice stretta di mano, come sia possibile individuare relazioni patologiche tra due agenti, come sia possibile fare delle previsioni politiche/elettoralistiche in base a dei giochi di strategia, oppure sono preso dall’impulso di svelare i meccanismi di dominio, sia nella storia che nei comuni rapporti umani e quotidiani; di anticipare come stia modificando l’asse della sfera sociale e quali conseguenze avrà per le future generazioni; e ancora: quali applicazioni alcune teorie possano avere nell’ambito delle analisi socio-culturali; di far emergere concetti nuovi o nuove configurazioni sulla personalità, sul carattere, sul potere, sulle dinamiche interpersonali; di offrire una concezione nuova ed originale del nostro essere, delle chiavi di lettura per la nostra contemporaneità; di effettuare degli scavi archeologici per riportare in superficie un approccio nuovo a dei problemi a delle figure. Si dirà, ma a volte si ha l’impressione che tutto ciò sia soltanto abbozzato, che i miei “pezzi” somigliano a delle sculture lasciate a metà, non compiute, soltanto “sbozzate”; che è difficile vedere tutto questi giochi di specchio in cui ogni pezzo che scrivo finisce con riflettersi nell’altro. Ma bisogna riconoscere come ha scritto Marshall McLuhan che il «medium è il messaggio»: anche ciò che scrivo è soggetto al medium che uso. Qui non scrivo libri, non scrivo capitoli, ma piuttosto “abbozzi” di libri o di capitoli, cioè scrivo qualcosa che potenzialmente potrebbe avere la forma del libro ma che di fatto non ce l’ha. Ciò richiede al lettore un ulteriore sforzo cognitivo, poiché è esso che deve saper costruire la mappa concettuale entro la quale collocare i vari punti di vista che qui s’esprimono. Occorre uno sforzo di rielaborazione maggiore da parte di chi legge: la lettura di un sito non ha più un ordine gerarchico, come accade in un libro stampato, le gerarchie sono completamente saltate; l’unico ordine che si rispetta è quello dell’entrata temporale, anche in questo caso vale quanto ho scritto a proposito dell’axis mundi. Inoltre, la comunicazione virtuale è per forza di cose “allusiva”, più di ogni altra, poiché è una comunicazione che rimanda sempre ad altro, che non può mai essere circoscritta entro l’ambito esplicitato. Ecco, vedete? Parlo di comunicazione e di rimando vado alle mie categorie o ai temi che più mi stanno a cuore: allusione, ambiguità/ambivalenza… Era proprio ciò che volevo dimostrare: ciò che scrivo non è un labirinto ma è una monade, per citare uno dei miei filosofi preferiti, Giordano Bruno: i miei scritti sono monadi che rispecchiano altre monadi, in modo tale che guardando attraverso una monade si possa osservare l’intera concezione così come si rispecchia in ogni singola e infinita monade.


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