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Mondiali 2014: va in onda il tradimento azzurro. l'italia sprofonda, e' un fallimento di uomini, di tattica, di idee

Creato il 20 giugno 2014 da Carloca
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Ci sono vittorie e vittorie, e quella sull'Inghilterra non era stata così brillante come in troppi l'avevano dipinta (gara "epica", secondo Prandelli, della serie "sobrietà e profilo basso"), ma se ti affannavi a sottolinearlo rischiavi pure di passare per disfattista. Ci sono sconfitte e sconfitte, e quella con la Costa Rica entra a pieno titolo nella hit parade degli orrori azzurri, ai primissimi posti. Così, puntuale come un orologio svizzero, è arrivato il tradimento della seconda partita: ormai non ci si sorprende nemmeno più, fra Mondiali ed Europei siamo a quota sette appuntamenti mancati, dal 2002 ad oggi (benedetti Zoff e i suoi ragazzi di Euro 2000, che riuscirono a bissare la vittoria sui turchi al debutto battendo il Belgio padrone di casa), ma certo prima o poi qualche domanda su questa autentica "tara genetica" occorrerà cominciare a porsela. TOCCATO IL FONDO - Questa volta, però, si è andati oltre: oltre la semplice incapacità congenita di dare un seguito positivo alla prima uscita, che era stata comunque incoraggiante. Questa volta si è raschiato il fondo del barile. "Oggi le comiche", verrebbe da dire, ma a ridere è solo la Costa Rica, che doveva finire stritolata nel "grupo de la muerte" e invece passa il turno con una gara di anticipo. Naturalmente, i caraibici non sono una nuova potenza del football planetario: il girone di ferro era in realtà di pastafrolla o giù di lì, avendo schierato un tris di "grandi storiche" acciaccate, limitate, gonfie di difetti. Ma se l'Uruguay può portare a propria difesa il piccolo alibi dell'imprevisto, avendo scoperto solo sul campo un avversario più competitivo a certi livelli di quanto si potesse pensare, per l'Italia giustificazioni non ne esistono: il team di Pinto si era già messo a nudo, c'era persino lo spauracchio che sempre compare in certe vigilie azzurre da psicodramma tragicomico: dal Flo del '98 al De La Cruz del 2002, fino a questo Campbell, un ottimo attaccante ma non un fuoriclasse. SI RIPARTE DA ZERO - Sconfitte e sconfitte, si diceva. Quella di ieri pomeriggio ha, nel suo piccolo, risvolti epocali quasi pari a quella della Spagna con l'Olanda. Certo, qui non c'era, ahinoi, nessun ciclo da leggenda interrotto bruscamente, ma siamo comunque davanti a un tracollo che lascerà il segno, benché rimediabile. Certezze piccole e grandi, non tutte giustificate, sono crollate: quasi un azzeramento. E' fallito un progetto di squadra e di gioco, una squadra e un gioco che a più riprese, in questo quadriennio, erano parsi in grado di avvicinarsi alle eccellenze del calcio mondiale, e che invece sono stati mandati a carte quarantotto da una compagine discreta ma che non ha più di due - tre elementi di autentica statura internazionale. Sono bastate una eccellente organizzazione, aggressività in ogni fase di gioco, dinamismo e buona condizione fisica per distruggere la nostra Nazionale anche al di là del risicato punteggio finale. Siamo tornati ai livelli di Slovacchia - Italia a Sudafrica 2010, uno scempio che speravo di non dover più rivedere per molto tempo, quantomeno non così presto, e soprattutto non in un altro primo turno di Coppa del Mondo. Forse ancora peggio, perché all'epoca c'era un'Azzurra in pieno declino post titolo iridato, e in più divorata dalla paura di farsi sbattere fuori da avversari di modestissimo calibro, come puntualmente accadde. Ieri no, ieri i nostri sono giunti al calcio d'avvio nella condizione più invidiabile, con tre punti già in saccoccia, con uno dei due "mostri" del girone già sconfitto e con la possibilità di mettere in ghiaccio la qualificazione battendo una formazione ampiamente alla portata. TERZO MONDO CALCISTICO - I novanta minuti sono stati una lenta, dolorosa discesa agli inferi. Non si è visto un barlume di manovra, non un'idea degna di esser definita tale. Lentezza esasperante, passaggini e modesti ricami senza significato tattico, che nulla avevano dell'abbozzo di tiqui taca imbastito sabato scorso. Ed è riemersa l'approssimazione di tocco, errori su errori di misura negli appoggi e nei controlli della sfera, imprecisione che troppe volte ha fatto capolino nel biennio post Europei. Ingenuità da terzo mondo calcistico, come il cadere una quantità imprecisata di volte nella trappola del fuorigioco. E poi ritmi blandi e cattiveria agonistica da torneo dei bar, giocatori che parevano zavorrati da pesanti incudini appiccicate ai piedi. MOTTA, PERCHE'? - Parlare delle prestazioni dei singoli potrebbe apparire una crudeltà inutile, ma va fatto: da Buffon, che non si è macchiato di errori gravi ma non ha mai trasmesso una sensazione di totale sicurezza, a un Chiellini improponibile a certi livelli da almeno un paio di stagioni (quante volte si sono sottolineate le sue sbavature in azzurro e la marcata fallosità negli impegni internazionali con la Juve?), da un Abate sciatto in entrambe le fasi di gioco a un Thiago Motta che è il grande mistero dell'era prandelliana. Sempre impalpabile, utilità tutta da dimostrare: ha fallito una delle poche occasioni italiane strozzando un destro da fuori nel primo tempo, ma sarebbe il meno. Il problema è che si tratta di un uomo regalato agli avversari, se lo schieri nelle sfide in cui toccherebbe a noi fare la partita, perché non costruisce alcunché e rallenta il gioco: può servire in situazioni come l'ultima fase di Inghilterra - Italia, ossia quando bisogna fare mucchio a centrocampo per aumentare la protezione di una difesa fra le più perforabili della storia della nostra Nazionale.
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BALOTELLI MALE, MA... - Vogliamo continuare? Candreva e Marchisio hanno tradito la loro missione di incursori, assolutamente fondamentale per rendere efficace il modulo a una punta non lasciando abbandonato in avanti il solo Balotelli. Il quale Mario non raggiunge certo la sufficienza, ma è assai meno colpevole di altri: ha fallito due buone occasioni nel primo tempo, è comunque stato il più pericoloso dei suoi e, come detto, non ha usufruito di alcun sostegno da parte della squadra, eccezion fatta per due splendidi lanci di prima da parte di Pirlo (gli unici lampi nella grigia gara dello juventino) che lo hanno messo a tu per tu con Navas. Darmian, spostato a sinistra, è stato meno esplosivo e scattante, ma non ha demeritato e, in quel secondo tempo da vergogna nazionale, è stato l'unico a cercare il gol su azione con un bel destro da fuori deviato sopra la traversa dal portiere; ad ogni modo, si sente la mancanza di De Sciglio, così come quella di un mancino vero (Pasqual escluso all'ultimo tuffo, Criscito ignorato). Per De Rossi discorso a parte: come diga davanti alla difesa è uno spreco, in gare come questa; il suo eclettismo, la sua capacità di inserirsi, la sua potenza di fuoco in zona tiro sono drammaticamente mancate. Uno come lui servirebbe anche a tenere alta la squadra, che sarebbe pur sempre una forma di salvaguardia di una terza linea priva di fulmini di guerra: e ieri eravamo invece troppo bassi, troppo schiacciati verso Buffon; abbiamo dato la sensazione non di rispettare, ma di temere avversari che sono andati a nozze sulla nostra pavidità. CAMBI: BUIO TOTALE - Black out totale per Prandelli: formazione sbagliata, rimedi peggiori del male iniziale. Cassano dovrebbe fare la differenza almeno in partite contro avversari di medio calibro, invece ha prodotto solo una grande nuvola di fumo: talmente irritante che avrebbe meritato a sua volta la sostituzione. Cerci e Insigne hanno avuto notevoli difficoltà a saltare l'uomo, e la loro pretesa rapidità è parsa ben poca cosa di fronte al tempismo e alla reattività dei difensori costaricani. Se ne tenga conto, quando partiranno le crocefissioni di Balotelli: se è vero che si è dissolto proprio dopo l'ingresso di trequartisti in quantità, bisogna anche domandarsi che tipo di supporto gli abbiano fornito questi ultimi. DISASTRO PRANDELLI - Il cittì ha presentato una squadra sparagnina e sulla quale gravava un senso di provvisorietà, un undici votato alla conservazione di non si sa che cosa piuttosto che alla costruzione, laddove il debutto aveva fatto balenare un parziale ritorno allo spirito propositivo del primo biennio. Una squadra priva di autorità e di personalità. Insieme alla citata Slovacchia - Italia, è stata una delle gare mondiali peggio gestite di tutti i tempi: come concezione strategica prima e durante, e come conduzione mentale del gruppo. Tutte le condizioni, ripeto, erano dalla nostra parte per fare un buon match: ma il calcio italiano sembra aver perso la capacità di dare continuità alle prestazioni, di confermarsi sul breve periodo, di restare sul pezzo, nostre caratteristiche storiche che hanno contribuito a creare il mito della leggenda azzurra quadrimondiale. Ora, la Nazionale tricolore è una volubile signorina capace del tutto e del niente. ALL'ATTACCO CONTRO L'URUGUAY - Si diceva prima dei risvolti "epocali" del ko firmato da Ruiz: epocali perché è una sconfitta che mette in discussione tutto, fa crollare molte certezze, scopre difetti che il sofferto successo di Manaus aveva solo mascherato agli occhi dei critici più superficiali. Ma è un cappotto (morale, non nel punteggio) ancora rimediabile, a patto che con l'Uruguay non si giochi per il pari (che basterebbe): è il momento di ritornare con decisione alla filosofia prandelliana originaria, tenere pallino, costruire, imporre l'iniziativa, dare ritmo e fare movimento, magari con Insigne dall'inizio, con Verratti in mezzo e con Bonucci (ma che fine ha fatto?) dietro. Coraggio e faccia tosta, anche perché, questa volta, se perderemo nessuno ci darà una mano, come l'Ecuador nel 2002, l'Olanda nel 2008, la Spagna nel 2012. Stavolta dovremo cavarcela da soli: cerchiamo dunque di fare ciò in cui meglio riusciamo. La Celeste davanti fa paura, ma è una squadra dal gioco monocorde, rude, votata essenzialmente al contenimento: in poche parole, battibile. Non sono dei mostri: non ce n'erano, in questo presunto girone di ferro che solo noi, con la nostra imperizia, siamo riusciti a complicare. 

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