Dopo la partita da sogno, la partita da sonno. Proprio così: ventiquattr'ore dopo averci regalato un Germania - Brasile di cui si parlerà ancora fra decenni, questo contraddittorio Mundial 2014 ci ha costretti a sopportare, fino a notte alta, un'Olanda - Argentina di raro squallore. Sicuramente la semifinale più brutta fra quelle di cui sono stato testimone in diretta (televisiva) dacché seguo il calcio, direi quindi da Messico '86 in avanti: il paragone, per una triste competizione al ribasso, è possibile solo con la sfida Germania - Corea del Sud del 2002, ma in quell'occasione i temi tattici della partita furono differenti e comunque, alla fine, una delle due squadre, quella tedesca, riuscì a spuntarla senza dover ricorrere a faticosi prolungamenti. IL MONDIALE DEI MONDIALI? - Insomma, il presunto "Mondiale dei Mondiali" (ma chi ha lanciato per primo questo già irritante slogan?) è quantomeno assai schizofrenico: se è innegabile che sia stato impreziosito da match di buono, se non ottimo, livello spettacolare, emozionanti e ben giocati (per la verità concentrati soprattutto nella pletorica prima fase), è altresì evidente che strada facendo si sia gradualmente convertito al ritorno a un football più razionale, fondato sull'equilibrio, la solidità e l'arguzia strategica più che sulle luminarie di manovra. Il confronto di Sao Paulo, ennesima rivincita della contestata finale del 1978, ha raggiunto l'apice di questa... restaurazione tecnica, riportandoci alla più deteriore tradizione del pallone, quella che fa rima con attendismo, atteggiamento speculativo, prudenza portata fino agli estremi. No, non si onora così una semifinale Mondiale: perché una cosa è essere guardinghi, un'altra è rintanarsi in attesa o del primo errore dell'avversario, o dell'estemporanea giocata di uno dei propri campionissimi. L'OCCASIONE PERSA DEGLI ORANJE - Olanda - Argentina è stata una partita mai nata, mai sbocciata. E a dover dare la testa nel muro è la compagine Oranje, non solo per l'esito conclusivo, ma perché l'occasione della vita, la possibilità di centrare la quarta finalissima per inseguire finalmente il primo titolo, se l'è giocata come peggio non avrebbe potuto, rinunciando al coraggio e alla voglia di osare che fanno pur sempre parte del bagaglio di questa rappresentativa, anche nella versione più accorta e "con i piedi per terra" impostata da Van Gaal in questo torneo. Intendiamoci, non credo che le due formazioni mirassero esplicitamente ai rigori, come ipotizzato da qualcuno: sarebbe stata una follia, un giocarsi un numero alla roulette e nulla più. Sono mancati il gusto di rischiare e i diversivi tattici: ne è venuta fuori una lagna insopportabile andata avanti per troppo tempo. Certo, le due retroguardie meritano l'elogio pieno: Garay e Demichelis da una parte, Vlaar e De Vrij dall'altra sono stati impressionanti per tempismo, senso dell'anticipo, abilità nel chiudere sia di piede che di testa; poi, però, il football prevede anche una fase offensiva, che ieri è rimasta nei sogni (o nei sonni, come detto all'inizio) degli spettatori. KUYT, SUPERFLUO - Certo, si possono in parte comprendere le difficoltà dei Tulipani: del resto avevo già scritto che questa Argentina ha la capacità di far giocare male anche gli avversari più reputati, basti ricordare come ha neutralizzato il devastante potenziale del Belgio. Uno schieramento difensivo così saldo e folto è sempre difficile da forzare: per avere qualche chance in più di riuscirvi, occorrerebbe agire in velocità, disporre di elementi in grado di saltare l'uomo, e sfruttare maniacalmente le fasce. Gli olandesi sono mancati in tutti e tre questi fattori: la rapidità nelle avanzate è rimasta nelle intenzioni, l'unico elemento dotato di sublime palleggio e capace di aggirare le più ferree marcature, dicasi Robben, è stato poco e male attivato ed è parso comunque più timido e meno esplosivo rispetto a tante precedenti uscite, anche se un suo ubriacante spunto in dribbling nel finale di tempi regolamentari per poco non fruttava il vantaggio; quanto al gioco sulle corsie esterne, Blind è spesso e volentieri rimasto rintanato dietro, mentre Kuyt, sballottato da un lato all'altro, pur giocando perlopiù arretrato è andato al traversone più volte, mostrandosi impreciso e prevedibile e risultando, in pratica, un uomo regalato agli avversari; un po' di vivacità in più l'ha poi portata Janmaat, a destra, ma ci voleva ben altro. ARGENTINA AI PUNTI - Leggermente meglio l'Argentina, allora, che dal canto suo non ha fatto altro che accentuare i caratteri sparagnini di un dispositivo tattico già di per sé non particolarmente incline ai fuochi d'artificio. Detto di una retroguardia scolpita nel marmo, Rojo ha almeno cercato di affacciarsi qualche volta in avanti, mentre fondamentale è risultato lo schermo protettivo creato da Biglia e Mascherano: se il laziale ha fatto filtro con profitto senza però offrire contributi in fase creativa, il veterano della Seléccion, oggetto del desiderio del Napoli, ha giostrato a tutto campo, in un florilegio di chiusure e contrasti, per poi cercare (spesso inutilmente) di far ripartire l'azione e di smistare efficacemente palla. Il fatto è che, per i sudamericani come anche per gli europei, fra centrocampo e attacco c'era come una voragine, e mancavano la rapidità e la verticalità che avrebbero potuto dare sale offensivo alla gara. Merito del team di Sabella l'averci provato un tantino di più: se Lavezzi declinava presto dopo un furente avvio sulla destra, e se Messi non riusciva a venir fuori dalle sabbie mobili in cui lo avevano cacciato i difensori olandesi, Perez, il modesto sostituto dell'insostituibile Di Maria, nella ripresa riusciva a liberare in area Higuain che al volo, di destro, mandava il pallone sull'esterno della rete dando l'illusione ottica del gol, e nei supplementari Palacio, di testa, falliva una colossale opportunità a tu per tu con Cillessen. Troppo poco, comunque, per nobilitare come sarebbe stato doveroso una semifinale iridata. LA LOTTERIA DEI RIGORI E LE PROSPETTIVE DELLA SELECCION - Sui rigori, poco da dire: confermata ancora una volta tutta la loro aleatorietà, che continuo cocciutamente a sostenere nonostante in molti asseriscano che non sia assolutamente una lotteria: ma se fallisce uno dei migliori arancioni (Sneijder), e se si erge a eroe un Romero che i tifosi della Sampdoria ricordano come un incubo, allora vale tutto... E Van Gaal non poteva neppure più giocarsi la carta Krul: una di quelle mosse geniali che, forse, possono funzionare una volta, ma alla seconda risultano già depotenziate. Sarà dunque la finale tris Germania - Argentina: al momento, immaginare un risultato diverso dal quarto titolo dei tedeschi pare arduo, ma gli uomini di Low per primi si renderanno conto che, a prescindere dalla loro scintillante prestazione col Brasile, un risultato come quello di ieri ha caratteri di assoluta eccezionalità e non può essere preso per oro colato, a maggior ragione se stai per confrontarti col più impenetrabile degli assetti di copertura del Mondiale, la squadra più chiusa, rocciosa, abile a mandare in tilt anche gli attacchi più reputati. E con un Messi a cui bastano pochi minuti di operatività e pochi centimetri di libertà per risultare devastante.
Mondiali di calcio 2014: la semifinale piu' brutta promuove l'argentina. sara' sfida con la germania, un classico
Creato il 10 luglio 2014 da CarlocaDopo la partita da sogno, la partita da sonno. Proprio così: ventiquattr'ore dopo averci regalato un Germania - Brasile di cui si parlerà ancora fra decenni, questo contraddittorio Mundial 2014 ci ha costretti a sopportare, fino a notte alta, un'Olanda - Argentina di raro squallore. Sicuramente la semifinale più brutta fra quelle di cui sono stato testimone in diretta (televisiva) dacché seguo il calcio, direi quindi da Messico '86 in avanti: il paragone, per una triste competizione al ribasso, è possibile solo con la sfida Germania - Corea del Sud del 2002, ma in quell'occasione i temi tattici della partita furono differenti e comunque, alla fine, una delle due squadre, quella tedesca, riuscì a spuntarla senza dover ricorrere a faticosi prolungamenti. IL MONDIALE DEI MONDIALI? - Insomma, il presunto "Mondiale dei Mondiali" (ma chi ha lanciato per primo questo già irritante slogan?) è quantomeno assai schizofrenico: se è innegabile che sia stato impreziosito da match di buono, se non ottimo, livello spettacolare, emozionanti e ben giocati (per la verità concentrati soprattutto nella pletorica prima fase), è altresì evidente che strada facendo si sia gradualmente convertito al ritorno a un football più razionale, fondato sull'equilibrio, la solidità e l'arguzia strategica più che sulle luminarie di manovra. Il confronto di Sao Paulo, ennesima rivincita della contestata finale del 1978, ha raggiunto l'apice di questa... restaurazione tecnica, riportandoci alla più deteriore tradizione del pallone, quella che fa rima con attendismo, atteggiamento speculativo, prudenza portata fino agli estremi. No, non si onora così una semifinale Mondiale: perché una cosa è essere guardinghi, un'altra è rintanarsi in attesa o del primo errore dell'avversario, o dell'estemporanea giocata di uno dei propri campionissimi. L'OCCASIONE PERSA DEGLI ORANJE - Olanda - Argentina è stata una partita mai nata, mai sbocciata. E a dover dare la testa nel muro è la compagine Oranje, non solo per l'esito conclusivo, ma perché l'occasione della vita, la possibilità di centrare la quarta finalissima per inseguire finalmente il primo titolo, se l'è giocata come peggio non avrebbe potuto, rinunciando al coraggio e alla voglia di osare che fanno pur sempre parte del bagaglio di questa rappresentativa, anche nella versione più accorta e "con i piedi per terra" impostata da Van Gaal in questo torneo. Intendiamoci, non credo che le due formazioni mirassero esplicitamente ai rigori, come ipotizzato da qualcuno: sarebbe stata una follia, un giocarsi un numero alla roulette e nulla più. Sono mancati il gusto di rischiare e i diversivi tattici: ne è venuta fuori una lagna insopportabile andata avanti per troppo tempo. Certo, le due retroguardie meritano l'elogio pieno: Garay e Demichelis da una parte, Vlaar e De Vrij dall'altra sono stati impressionanti per tempismo, senso dell'anticipo, abilità nel chiudere sia di piede che di testa; poi, però, il football prevede anche una fase offensiva, che ieri è rimasta nei sogni (o nei sonni, come detto all'inizio) degli spettatori. KUYT, SUPERFLUO - Certo, si possono in parte comprendere le difficoltà dei Tulipani: del resto avevo già scritto che questa Argentina ha la capacità di far giocare male anche gli avversari più reputati, basti ricordare come ha neutralizzato il devastante potenziale del Belgio. Uno schieramento difensivo così saldo e folto è sempre difficile da forzare: per avere qualche chance in più di riuscirvi, occorrerebbe agire in velocità, disporre di elementi in grado di saltare l'uomo, e sfruttare maniacalmente le fasce. Gli olandesi sono mancati in tutti e tre questi fattori: la rapidità nelle avanzate è rimasta nelle intenzioni, l'unico elemento dotato di sublime palleggio e capace di aggirare le più ferree marcature, dicasi Robben, è stato poco e male attivato ed è parso comunque più timido e meno esplosivo rispetto a tante precedenti uscite, anche se un suo ubriacante spunto in dribbling nel finale di tempi regolamentari per poco non fruttava il vantaggio; quanto al gioco sulle corsie esterne, Blind è spesso e volentieri rimasto rintanato dietro, mentre Kuyt, sballottato da un lato all'altro, pur giocando perlopiù arretrato è andato al traversone più volte, mostrandosi impreciso e prevedibile e risultando, in pratica, un uomo regalato agli avversari; un po' di vivacità in più l'ha poi portata Janmaat, a destra, ma ci voleva ben altro. ARGENTINA AI PUNTI - Leggermente meglio l'Argentina, allora, che dal canto suo non ha fatto altro che accentuare i caratteri sparagnini di un dispositivo tattico già di per sé non particolarmente incline ai fuochi d'artificio. Detto di una retroguardia scolpita nel marmo, Rojo ha almeno cercato di affacciarsi qualche volta in avanti, mentre fondamentale è risultato lo schermo protettivo creato da Biglia e Mascherano: se il laziale ha fatto filtro con profitto senza però offrire contributi in fase creativa, il veterano della Seléccion, oggetto del desiderio del Napoli, ha giostrato a tutto campo, in un florilegio di chiusure e contrasti, per poi cercare (spesso inutilmente) di far ripartire l'azione e di smistare efficacemente palla. Il fatto è che, per i sudamericani come anche per gli europei, fra centrocampo e attacco c'era come una voragine, e mancavano la rapidità e la verticalità che avrebbero potuto dare sale offensivo alla gara. Merito del team di Sabella l'averci provato un tantino di più: se Lavezzi declinava presto dopo un furente avvio sulla destra, e se Messi non riusciva a venir fuori dalle sabbie mobili in cui lo avevano cacciato i difensori olandesi, Perez, il modesto sostituto dell'insostituibile Di Maria, nella ripresa riusciva a liberare in area Higuain che al volo, di destro, mandava il pallone sull'esterno della rete dando l'illusione ottica del gol, e nei supplementari Palacio, di testa, falliva una colossale opportunità a tu per tu con Cillessen. Troppo poco, comunque, per nobilitare come sarebbe stato doveroso una semifinale iridata. LA LOTTERIA DEI RIGORI E LE PROSPETTIVE DELLA SELECCION - Sui rigori, poco da dire: confermata ancora una volta tutta la loro aleatorietà, che continuo cocciutamente a sostenere nonostante in molti asseriscano che non sia assolutamente una lotteria: ma se fallisce uno dei migliori arancioni (Sneijder), e se si erge a eroe un Romero che i tifosi della Sampdoria ricordano come un incubo, allora vale tutto... E Van Gaal non poteva neppure più giocarsi la carta Krul: una di quelle mosse geniali che, forse, possono funzionare una volta, ma alla seconda risultano già depotenziate. Sarà dunque la finale tris Germania - Argentina: al momento, immaginare un risultato diverso dal quarto titolo dei tedeschi pare arduo, ma gli uomini di Low per primi si renderanno conto che, a prescindere dalla loro scintillante prestazione col Brasile, un risultato come quello di ieri ha caratteri di assoluta eccezionalità e non può essere preso per oro colato, a maggior ragione se stai per confrontarti col più impenetrabile degli assetti di copertura del Mondiale, la squadra più chiusa, rocciosa, abile a mandare in tilt anche gli attacchi più reputati. E con un Messi a cui bastano pochi minuti di operatività e pochi centimetri di libertà per risultare devastante.
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