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Mondiali di calcio 2014: senza neymar il brasile si aggrappa alla sua difesa. e la germania boccia gli scolaretti francesi
Creato il 05 luglio 2014 da CarlocaContro il Cile, David Luiz su corner. Contro la Colombia, Thiago Silva ancora su angolo e nuovamente Luiz, direttamente su punizione. Il Brasile è aggrappato alla sua difesa. E lo sarà più che mai, da adesso in poi, dopo la tegola del ko di Neymar, vittima di un'entrataccia scomposta di Zuniga che gli ha causato la frattura di una vertebra (!) mettendo fine al suo Mondiale. Il ragazzo dovrebbe cavarsela con un paio di mesi di stop, e non c'è da lamentarsi troppo, vista la delicatezza della parte del corpo colpita; per Scolari e per tutto il popolo brasiliano, invece, è una di quelle mazzate talmente forti da poter abbattere un toro. Neymar era la sola anima offensiva della squadra, costretto a cantare e a portare la croce, a inventare e a concludere (e non solo, come vedremo più avanti), in un desolante deserto di idee calcistiche popolato dai Fred e dagli Hulk, meno efficaci sotto porta del famigerato Serginho di Spagna 1982. Senza il golden boy, la ricerca del gol, o anche solo di trame offensive più convincenti, diventa un rebus quasi inestricabile.
GOL CHE ARRIVANO DA LONTANO - E allora, probabilmente, non si potrà che puntare alla rete avversaria partendo da lontano. Dalla retroguardia, appunto. E' un Brasile aggrappato alla sua terza linea, dicevamo, come mai lo era stato in passato. Sì, d'accordo, la Seleçao utilitaristica di USA '94, che però riusciva a riscattarsi parzialmente, sul piano estetico e spettacolare, grazie alle prodezze di quei due fenomeni che aveva in prima linea, dico Romario e Bebeto, e scusate se è poco. Anche la squadra pentacampione in Sud Corea e Giappone 2002, che pure non esaltava per luminarie di gioco, si schierava sì con tre difensori, ma aveva sulle corsie laterali due "martelli" come Cafu e Roberto Carlos, mentre in avanti poteva accendere a turno Ronaldinho e Rivaldo, e mandare in gol Ronaldo. Ma questo Brasile 2014, il Brasile che "deve" vincere la Coppa perché è il padrone di casa e non può permettersi un altro Maracanazo, ha definitivamente saltato il fosso. DIFESA CREATIVA - Lo si era intuito in tempi non sospetti, dodici mesi fa, nei giorni della vittoriosa Confederations. Scolari aveva impostato una squadra da battaglia, che strada facendo, dopo una carburazione lenta, mostrò al mondo il suo volto: un undici compatto, privo di genio nella zona nevralgica ma edificato sui granitici pilastri di una difesa di valore assoluto, talmente qualitativa da non limitarsi a chiudere ogni spiffero davanti a Julio Cesar, sapendo accollarsi persino compiti di impostazione. Scrissi, all'epoca, che le migliori trame brasiliane germogliavano proprio dalla terza linea grazie all'eclettismo, alla visione di gioco, alla corsa, alla capacità di palleggio e alla precisione di lancio di David Luiz e compagnia. In questo Mundial si sta andando oltre, e la difesa oltre che creativa è diventata finalizzatrice, riuscendo dove finora hanno miseramente fallito gli uomini più direttamente deputati al gol, Fred in primis, ma anche il colosso Hulk. Discorso a parte per Neymar, ovviamente, che ha tirato la carretta nella prima fase mentre in queste sfide a eliminazione diretta ha smarrito lucidità, forse perché chiamato a fare legna oltre che a ricamare assist e gol. TROPPO LAVORO PER NEYMAR - Uno dei tanti equivoci tattici di un Brasile che, superato il momento critico vissuto contro il Cile (quella traversa di Pinilla in chiusura di supplementari aveva davvero mandato il team di Scolari a un passo dall'inferno sportivo), si trova oggi a dover affrontare un altro salto nel buio, ancor più inquietante. Una disdetta, perché contro la Colombia il rendimento degli anfitrioni si è impennato, anche se non al punto di poter nascondere i tanti limiti della squadra: se il centrocampo produce solo corsa cieca e atletismo, se l'attacco scompare dagli schermi, si può gioire fino a un certo punto, perché le prodezze su calci piazzati di David Luiz e Thiago Silva non potranno diventare una consuetudine.
COME LA FRANCIA '98? - Una sola Nazionale, in passato, è riuscita a vincere il Campionato del Mondo senza avere una prima linea all'altezza, la Francia del 1998, ma quella era una compagine comunque equilibrata, ricca di campioni autentici sia in retroguardia (Thuram, Desailly, Blanc) sia nel mezzo (Petit, Deschamps), per non parlare di uno Zidane che comunque si scoprì cavallo vincente solo in finale. Questi auriverdes sono, invece, ancora a metà del guado: ben lungi dal crescere, Fred peggiora di partita in partita, la batteria di incursori alle sue spalle non offre che pochi lampi (in particolare Oscar risulta troppo spesso impalpabile), mentre Neymar, unico faro offensivo, è ora fuori dai giochi.
Il genietto del Barcellona, come detto, rappresentava un equivoco tattico del tutto gratuito: d'accordo che i calciatori d'oggidì devono essere il più possibile universali, ma che senso aveva chiedere a uno come lui di arretrare e interdire, di intristirsi in uno sfiancante lavoro di spola in una squadra che, lo si è visto, di interdittori e di addetti alla copertura ne ha già in abbondanza? Restano, dopo il fattaccio, gli interrogativi su arbitraggi assolutamente non all'altezza: errori non numerosi ma sempre decisivi, tolleranza eccessiva verso il gioco duro, salvo poi punire entrate irruente ma tutt'altro che violente come quella di Marchisio in Italia - Uruguay. Fosse vero quanto annunciato ieri sera in tv dal telecronista Alberto Rimedio, ossia l'indicazione ufficiosa della Fifa di non ammonire nella prima mezz'ora se non strettamente necessario, ci sarebbe di che mettersi le mani nei capelli...
Low applaude: la sua Germania va...
UN BRASILE PIU' INTENSO - Cosa ha funzionato, in casa verdeoro, contro i ragazzi di Pekerman? L'impeccabile meccanismo di copertura, lo si è detto, grazie anche alla barriera creata da Fernandinho, filtro impeccabile, ma anche una certa velocità nel ripartire, nell'aggredire gli avversari, che fu fondamentale nella conquista della Confederations 2013 e che ha prodotto la miglior frazione (primo tempo) della Seleçao in questo Mundial. Hulk ha regalato un paio di sprazzi notevoli in area, difettando in fase conclusiva, Maicon e Marcelo hanno spinto con troppa parsimonia sulle fasce. Però c'è stata maggiore continuità di azione, questo va detto. La Colombia, dal canto suo, ha forse patito il classico "braccino": deludentissimo Cuadrado, a corrente alternata James Rodriguez (un cui strepitoso assolo nel corso del primo tempo è stato vanificato proprio da un eccesso di confidenza del fiorentino); un peccato, perché alcune fasi di gioco e quel finale arrembante hanno mostrato fin dove sarebbero potuti arrivare, i cafeteros, con un po' di sangue freddo e di concretezza in più. GERMANIA IN SCIOLTEZZA - Di certo, le pause di gioco e la desuetudine a certe sfide al calor bianco non fanno parte del DNA della Germania, che al momento, se Scolari non riuscirà a mettere insieme tutti i pezzi del suo intricato puzzle (e gli mancherà pure un altro pilastro, lo squalificato Thiago Silva...), sembra rappresentare per la Nazionale organizzatrice una montagna piuttosto alta da scalare. L'attesa sfida con la Francia non rimarrà negli annali, e ha puntualmente ridimensionato i galletti, illusi da un cammino che, lo si è scritto più volte, era stato fino a ieri di una facilità disarmante (frutto del sorteggio scandalo di dicembre, ricordiamolo). Ma una cosa è spezzare le reni a Honduras e Nigeria, con tutto il rispetto, un'altra è cercare di mettere i bastoni fra le ruote alla rappresentativa più solida, continua, mentalmente "sul pezzo", ricca di soluzioni di gioco vista in questo torneo. La gara è rimasta in bilico sino alla fine solo perché i panzer non hanno potuto o saputo affondare i colpi dopo il sollecito vantaggio di Hummels (clamoroso il gol mancato da Schurrle nella ripresa, quasi un rigore in movimento davanti a Lloris, per tacere del fallo in area su Klose nella prima frazione, ignorato dall'arbitro) ma i ragazzi di Low, a parte qualche sballottamento in avvio, non hanno mai dato la sensazione di andare in sofferenza auentica, se non nei limiti fisiologici dettati dal vantaggio minimo. Benzema (due volte, di cui una a fil di sirena) e Valbuena hanno avuto le loro occasioni, ma qualsiasi risultato diverso dal successo tedesco sarebbe stato bugiardo. FRANCESI SOVRASTIMATI - I francesi sono parsi prevedibili nei loro approcci offensivi, aggrappati al sopra citato Valbuena, piuttosto ispirato ma non adeguatamente assistito; anche Matuidi ha spinto con vigore, ma per il resto il centrocampo è naufragato in un mare di mediocrità e di idee confuse, e sono clamorosamente mancati rifornimenti a Benzema, mentre Griezmann si è confermato buon giocatore e nulla più, inadatto a certe sfide di altissimo livello. Di Pogba si era già detto dopo la gara con la Nigeria, e il Maracanà ieri ha confermato tutto: l'esplosività e l'incisività sono rimaste a Torino. Per tutto il resto, questo congedo mondiale di Deschamps è stato solo un po' più vivo di quello Europeo di Blanc due anni fa di fronte alla Spagna. Insomma, il calcio transalpino è ripartito, ma per arrivare fra le prime quattro del mondo ci vogliono ben altri argomenti tecnici.
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