Coppa del nonno o meno, non spetta a me dirlo.
Quello andata in scena è stato comunque un ottimo antipasto Mondiale.
Tralasciando lo strascico di polemiche scaturito da questa manifestazione sportiva, concentraimoci su cosa abbiamo imparato dall'appena conclusasi Confederation Cup.
Anzi…cosa hanno imparato le Nazionali.
Molto, perché quelli Brasiliani saranno Mondiali per atleti e non solo per calciatori.
Ed ecco infatti che è proprio la nostra Fgic a lanciare l'allarme che riguarda i tempi di recupero tra una partita e l'altra.
Al Mondiale il ritmo delle partite sarà un po' meno serrato, con 5 giorni tra una partita e l'altra.
Ma la lunghezza degli spostamenti rende comunque il problema serio!
Tutte le grandi nazionali puntano a chiedere a Blatter il diritto a 3 giorni pieni di recupero, il che significa viaggi di trasferimento tempestivi.
In quest'ottica assume grande importanza anche la scelta del ritiro, che non potrà obbedire ai soliti principi scelti dalla federazione nelle precedenti edizioni delle grandi manifestazioni, perché il modello abituale (hotel di piccole dimensioni interamente utilizzato dalla squadra e vicino a un campo d'allenamento dalle strutture all'avanguardia e all'aeroporto per ridurre i disagi del traffico e per raggiungere in breve tempo le sedi delle partite) non può essere adottato in un paese grande come un continente e dove le strutture alberghiere delle grandi città non hanno gli abituali requisiti.
A ribadire il concetto è proprio il capo della delegazione azzurra, Demetrio Albertini: "L'organizzazione della trasferta del prossimo anno avrà tante criticità, come si dice nel gergo della logistica. Però adesso sappiamo come affrontarle".
Mondiali in Brasile: cosa ci ha insegnato la Confederation Cup? Celo, celo...mi manca!