Si è svolta dal 24 al 26 febbraio al 105 Stadium di Rimini una due giorni di descrizione della Modern Money Theory MMT, per la costruzione di un’economia “salva vite, salva Stato e salva democrazia”. Economisti tra i maggiori esponenti della MMT – gli americani Michael Hudson, Stephanie Kelton e William Black, il francese Alain Parguez ed il canadese Marshall Auerback – sono stati invitati in Italia dal giornalista Paolo Barnard per fornire ai partecipanti (circa 2000) strumenti pratici per comprendere l’attuale sistema economico, “un mostro che va contro tutte le regole della teoria economica moderna e dell’economia”, secondo le parole di Alain Parguez, professore di economia presso le Università di Besancon ed Ottawa. “Dai tempi della Thatcher fino al presidente Obama – ha esordito il professor Hudson, tra le altre cose presidente dell’ISLET (Institute for the Study of Long-Term Economic Trends) nel suo intervento di apertura nella serata di venerdì – ci hanno sempre detto che non c’è un’alternativa. Noi vi spiegheremo che un’alternativa c’è”.
Al centro della MMT c’è il ruolo della moneta moderna, cioè quella in vigore a partire dal 1971, anno in cui si è abbandonato il sistema basato sulla convertibilità in oro. La moneta come strumento di sovranità primario di cui gli Stati europei sono stati privati. Come fa notare Auerback, del Levy Institute di New York, “adottando l’Euro, l’Italia ha rinunciato alla sua moneta sovrana, ha sostanzialmente ceduto la sua sovranità nazionale. Usa una moneta che non possiede. L’Unione Monetaria è un’architettura assolutamente inadeguata. La crisi attuale non è colpa dei Paesi spendaccioni. L’Italia è un utilizzatore di moneta ma non un possessore. Questo è il problema. L’idea che l’Italia, come la Grecia, sia stata cattiva e debba essere punita è falsa e fuorviante”.
Durante il ciclo di lezioni che si sono alternate sul palco del 105 Stadium si sono attaccati, con argomentazioni scientifiche, molti dei pilastri che reggono oggi l’ortodossia economica e la narrativa dominante della crisi: e si è parlato anche del debito pubblico e del deficit. Stephanie Kelton, tra i profili più alti della MMT, al riguardo afferma: “I deficit sono una cosa normale. Il modo peggiore di gestirli è l’austerità che non è altro che recessione pianificata”. Come aggiunge William Black, “il Giappone ha il doppio del vostro debito pubblico, ma i mercati non si accaniscono contro il governo di Tokyo. Vi chiedete il perché?”. “Il vero problema – ancora la Kelton – non è il debito pubblico in sé, ma la sua denominazione. Il Giappone ha la sua moneta e può sempre ripagare il suo debito, per questo i mercati lo lasciano in pace. Fino a 15 anni fa, il vostro debito era lo stesso di oggi, il 120% del PIL, ma allora non eravate in crisi perché potevate sempre ripagare il vostro debito con la lira”. Da un punto di vista storico, e sotto l’aspetto di politica monetaria, l’Unione Europea rappresenta un caso eccezionale, come asserisce la stessa accademica americana: “L’Unione Monetaria Europea è un caso senza precedenti. Al suo interno la creazione di valuta è separata dalla nazione in cui è usata, così i Governi sono costretti a prendere in prestito la moneta che usano e devono pagarci sopra interessi. Così il potere è passato dai governi ai mercati, e lo Stato si trova ad agire in uno spazio politico enormemente ristretto”. Un risvolto politico che viene messo in evidenza anche da Michael Hudson: “Se ai governi non viene permesso di creare moneta, sono le banche a creare credito, e se il governo non è in grado di ripagarlo, ecco che si apre la strada alle privatizzazioni”.
E’ la stessa Stephanie Kelton, docente di economia all’Università del Missouri-Kansas City ed al Levy Institute di New York a portare gli spettatori dentro la Modern Money Theory. Che cos’è la moneta moderna? “Sotto lo standard aureo (fino al 1971 nda) ogni Governo doveva stare attento a quanto spendeva, perché poteva non essere in grado di convertire la valuta in oro, con conseguenti limiti di spesa. Come l’Argentina dell’ancoraggio al dollaro, un Paese che operi a cambi fissi non mette in cima alla piramide la propria moneta”. La situazione è cambiata con l’abbandono dello standard aureo. “Oggi, uno Stato che possiede una propria moneta può spendere a deficit, senza problemi, per la realizzazione di quello che è il programma principale e l’obiettivo primario della MMT: la job guarantee, la piena occupazione. Lo Stato – prosegue – non è, contrariamente a quanto ci è stato detto, come una famiglia, che deve risparmiare prima di spendere e tenere i conti a posto. Uno Stato a moneta sovrana spende per primo, può controllare pienamente le risorse al suo interno e può esprimere le sue enormi potenzialità”. Creare moneta diventa, per lo Stato, un semplice click su una tastiera: “Si potrà mai rimanere a corto di click?”. Ma ci sono dei limiti a questa spesa a deficit per il raggiungimento della piena occupazione? “La sola limitazione – sostengono gli economisti presenti – riguarda i vincoli reali che esistono. Fino a quando ci sarà disponibilità di risorse reali nella società, allora il Governo sarà in grado di mobilitare risorse per il beneficio di tutti”.
Dati, grafici, documenti, modelli economici frutto di anni di ricerche e studi che percorrono la tradizione economica di John Maynard Keynes, Georg Friedrich Knapp, Abba Lerner e la sua finanza funzionale, e Hyman Minsky, solo per citarne alcuni. Tutto a sostegno di una logica stringente. Nell’ambito di tali strumenti, basilare è la comprensione dei c.d. bilanci settoriali di Wynne Godley, l’economista inglese professore emerito all’Università di Oxford, deceduto nel 2010, il quale sosteneva che “con l’Unione monetaria non solo gli Stati europei rinunceranno alla loro moneta sovrana, ma anche alla loro capacità di spesa. Ciò rischia di essere troppo costoso per loro, persino impossibile. Le restrizioni di budget a cui queste nazioni si sottopongono infliggeranno una depressione economica in Europa che non si potrà dissolvere”. Era il 1997.
Interessante il percorso storico delineato dal “circuitista” Alain Parguez, che chiama in causa la classe dirigente francese ed i “padri” dell’Europa, da Schuman e Perroux fino a Mitterand, “perché l’UE, fin dalla sua idea originaria, significava un condominio abitato da Francia e Germania e le rispettive élites. Gli Stati dovevano essere privati di ogni potere legato alla moneta. C’è una coerente continuità nel disegno europeo dagli anni tra le due guerre fino ad oggi. Nel nuovo ordine sociale europeo non c’è più spazio per Stati sovrani, almeno lo Stato che trova le sue radici democratiche. In questo senso la crisi dei debiti sovrani, che non si è mai verificata nella storia, persegue un solo obiettivo, quello di privatizzare lo Stato, obbligato a prendere i soldi in prestito da banche private come i comuni cittadini. Il Trattato di Maastricht ed il Patto di Crescita e Stabilità (che obbliga al rispetto dei parametri del deficit al 3% e debito pubblico al 60% del PIL nda) rappresentano il culmine di tale strategia, dove gli Stati sono svuotati ed assoggettati ai mercati privati”.
Un’applicazione pratica della MMT è stata effettuata, in forma certo più circoscritta, nell’Argentina della ricostruzione dalle macerie del currency board con il dollaro, dell’austerità imposta dal FMI e dal conseguente default, quando alcuni economisti della MMT collaborarono con il Ministero del Lavoro argentino per l’elaborazione della cosiddetta “riforma Jefes”: “La politica più importante è la garanzia del lavoro. In Argentina ha funzionato bene e ci sono riscontri concreti, con le testimonianze delle persone che ne hanno beneficiato”. D’altronde, sottolinea la Kelton, “la MMT cerca di spiegare come funziona il mondo reale e l’economia in un Paese a moneta sovrana ed il suo programma più importante è la piena occupazione”. Un altro precedente porta agli anni della Grande crisi del 1929: “Roosevelt, a quel tempo, istituì un’ampia gamma di programmi per l’occupazione, come il NYA (National Youth Administration nda) con cui si assumevano disoccupati in attività produttive utili in diversi ambiti. Così ricostruirono l’America, ma per fare ciò è necessaria una moneta sovrana”. La questione che si solleva, a questo punto, porta proprio sull’altra sponda dell’Atlantico, dove gli Stati Uniti oggi, che pure possiedono il dollaro con una Banca Centrale, la Federal Reserve, che stampa moneta, mostrano dati disastrosi sul fronte occupazione. “Usando una metafora – spiega Auerback – avere una moneta sovrana significa avere il controllo del volante. Gli Stati Uniti avrebbero il potere di condurre la loro macchina economica ma, per scelta politica, decidono di non guidare. All’Italia, con l’Euro, è stato tolto il comando stesso del volante”. Una soluzione, si può dire, di “compromesso” e comunque transitoria viene prospettata dallo stesso economista canadese, che chiama in causa il ruolo della Banca Centrale Europea, che “dovrebbe comprare titoli di Stato, spendere, abbassando i tassi d’interessi e rendendo meno acuto il problema della solvibilità, non limitandosi alla stabilità dei prezzi. Il debito deriva dalla poca crescita, non il contrario”.Ricco di spunti per il contesto italiano il pur breve intervento di Nino Galloni, ex funzionario e poi dirigente ministeriale con Andreatta e con Cirino Pomicino. Un intervento di dodici minuti circa con cui l’economista italiano, attraverso la sua testimonianza di insider, ha messo in risalto dei punti oscuri ed inquietanti della costruzione dell’Unione monetaria all’interno dei Palazzi italiani; come quando, ad esempio, Galloni, che nel 1989 lavorava al Ministero del Tesoro, attraverso una Commissione cercò di rallentare i tempi del processo di adozione della moneta unica e permettere un’adeguata, anche nei tempi, riconversione industriale italiana. Tentativo che fu stroncato da una telefonata dell’allora Cancelliere tedesco Helmut Kohl, “perché l’unione valutaria fa gli interessi della grande industria tedesca – sottolineano Auerback e Parguez – che con essa ha eliminato la svalutazione concorrenziale di Paesi come l’Italia”.
Secondo i relatori è dunque necessario rivendicare uno strumento democratico primario come la moneta per poter condurre politiche che portino al benessere collettivo, mentre secondo Auerback, “il Patto di Crescita e Stabilità dell’UE conduce solo ad una servitù perenne e a deflazione imposta. Nell’Unione monetaria c’è una sorta di matrimonio non funzionale”.