A volte mi chiedo come mai questa ci arrivi da quel qualcuno per cui non dovresti rappresentare niente, per cui non sei niente. Che senso abbia mantenere un qualche rapporto.
Però sai che quella persona è lì. C'è e ci sarà sempre, contrariamente ad ogni logica, contrariamente alla maggior parte di molte altre persone per cui (in teoria) sei catalogabile in un'amica, un'amante, una sorella, una figlia, una conoscente. Nonostante tutte le cose brutte, nonostante i pianti, le terribili parole dette, le scenate fatte. Nonostante la tua non costanza, la tua assenza e gli sportelli della macchina sbattuti in faccia con frasi da film del tipo "se mi lasci andar via, non mi rivedrai mai più" ed il suo "l'unica persona a cui potrei dirlo è Valeria" ed io Valeria non mi chiamo e comunque in quel periodo stava già con un'altra ancora. Che, come sempre, non ero io. Nonostante passi più di un anno in cui non ci si vede nè si sente, nonostante la mia forza di volontà di non rispondere ad sms mandati "a caso".
Ti credi guarito, forte, immune, che tanto è passato più di un anno. O che sono passati quattro mesi. Che ne è passato uno. Che tanto è sempre la solita vecchia storia, che sai come andrà a finire. Che tanto non ci pensi nemmeno più, che sei andato oltre. Allora ti convinci di poter riallacciare un qualche cosa. Che se insiste così tanto forse, in tutto questo, un motivo ci sarà e che, anche se poco, a te ci tiene, se ogni volta, con cura, pazienza ed attenzione, quella porta sbattuta in faccia cerca di riaprirla. Forse a sbagliare, a non capire sono io, non lo so. Non so più niente. Però lui ha fatto molto più di chiunque altro, ha fatto molto più di me e del mio continuo e solo lamentarmi, delle mie ansie e paure.
"Attenta che al dolore aggiungi altro dolore. E poi giù di xanax",
vabbè, tanto mia zia è farmacista.