scelto da Luigi Accattoli | 22 novembre 2012 "Le slot le ho spente perché non sopportavo più di vedere persone che si rovinavano in quel modo"
di Monica Pavesi, barista di Cremona, che ha rinunciato alle slot machine per non assistere ogni giorno allo "spettacolo" delle persone che andavano a "rovinarsi" nel suo locale
Una parola di vita possiamo cavarla da un articolo di cronaca che racconta di una donna che gestisce un bar a Cremona e che ha staccato di sua iniziativa la presa delle macchinette del gioco d'azzardo che le procuravano tremila euro al mese ma che rovinavano tanta gente. Si chiama Monica Pavesi e così racconta la sua decisione al collega Luigi Corvi del Corriere della Sera che ne riferisce il 20 novembre nella cronaca della Lombardia: «Le slot le ho spente perché non sopportavo più di vedere persone che si rovinavano in quel modo. Non le volevo sin dall'inizio, a me interessava solo il Totocalcio, i cui proventi però sono crollati e così, per non essere in perdita, sono stata costretta a tenerle e ad assistere allo spettacolo che ogni giorno qui andava in scena, di italiani e stranieri, molti anziani ma anche giovani, forse più donne che uomini, gente che non se la passa bene e si aggrappa ai videopoker spendendo tutto quello che ha. A me piace fare i caffè, parlare con i clienti. Non voglio più avere a che fare con chi è convinto che il denaro per vivere arriva da quegli apparecchi. Che danni avrò? Non lo so. Mi dicevano che non potevo recedere». Pare che il Comune di Cremona voglia premiare il gesto di Monica. Io le mando un abbraccio e la segnalo come donna "giusta" che paga di suo per soccorrere i più fragili. Come tutti dovremmo fare.
Un plauso per questa donna che ha messo davanti il problema degli altri e non il suo guadagno.
Se ci fossero più persone così si vivrebbe molto meglio.
Un danno, le slot, per il paese che lo stato criminale giustifica in virtù del facile guadagno sulla pelle della gente più debole.