Monologo a porte chiuse

Creato il 30 agosto 2011 da Albertocapece

Anna Lombroso per il Simplicissimus

Per una volta mi viene l’uzzolo di parlare bene del centro sinistra diversamente al governo. Perfino di Penati che come dissero di altri magari è un mariuolo, che però tiene aperta una pagina di Fb piena di contumelie. E di Bersani che grazie a una tradizione di feste dell’unità, salsiccine e fuoco amico, comunque va alle kermesse di partito perché gli pare un dovere un po’ spinoso. Si lo so è pochissimo, a Roma si direbbe che se stamo a consola’ co l’ajetto. Ma è che anche se non si esercita quell’attività di ascolto dei militanti, anche se succede di stare troppo nelle aule grigie piuttosto sorde, c’è nel gene e nell’alimento di chi si è riconosciuto nella sinistra sia pure tra tremende degenerazioni un indefinibile affetto per la gente intorno, quella che si affaccenda, che lavora gratis, che vuole riconoscersi introno a qualcosa di comune.

Si si è poco, ma è qualcosa rispetto a chi ci odia, a chi comunica con noi da tribune elevate e aperte a funzionari e poliziotti, in un vuoto pneumatico prodotto da sistemi di security, in contesti “privati” come alla loro concezione di potere, porte chiuse verso l’esterno e monologhi senza interlocutore. È terribile questa governance a porte chiuse, prodotta da una solitudine e da un soliloquio del governare, voluta, cercata e mantenuta a tutti i costi e mirata all’estinzione definitiva dell’ascolto e all’esaltazione dell’autarchia istituzionale. Interpretata simbolicamente da piromani che ci fanno spegnere incendi planetari con la pistola a acqua, che ostentano serenità di fronte a accuse stringenti che li condannano al disdoro e soprattutto all’estremo ridicolo, premier che fanno proclami dalla chaise longue, su piste pre registrate rivolgendosi a pubblici virtuali di teleutenti dei quali non sanno nulla, ormai nemmeno più i gusti alimentari o le preferenze dell’auditel.

È un mondo di fantasmi intangibili, sospetto, anche dal duomo in miniatura e temo dal nostro rancore, impalpabili come i loro derivati, ma tremendamente rumorosi e capaci di monopolizzare quello spazio virtuale che è diventato il sistema tradizionale dell’informazione e quello immoto e chiuso della politica.
Sposteranno capitali, bandierine su fronti di guerra, righe di documenti. Vorrebbero spostare confini e popoli, rimandandone indietro qualcuno troppo ingombrante per i loro interessi e le nostre coscienze. Piacerebbe loro rimandare indietro anche noi, infilarci nel cono d’ombra della perdita di certezze e di dignità, quello creato da una informazione succube che preferisce il racconto della realtà alla realtà. Sta a noi difenderci dalla loro economia, dalla loro manovra, dalla loro finzione, sta a noi riprenderci il linguaggio e i modi del ragionare insieme e del far sentire le nostre ragioni.


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