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Monologo interiore di un funambolo

Da Bruno Corino @CorinoBruno

Monologo interiore di un funambolo
Scioltasi la lacrima
…la mia voce risuona
suona suona ancora suora pronobis
assonanze armonie segrete odor di sacrestia
il poeta veggente visionario? no visivo?
Così mi pare. Matto, solo matto, diceva Saba…
Io/filamentoso io/cosmo microcosmo
illusioni dure a morire
monumenti scolpiti autoincensimenti
senso dell’eternità immortale/immorale
la lacrima che si spande
nell’inquieto turbinio dei miei canti
lamenti versincanti,
sussurri, sospiri, amanti, notte vergine…
e poi che ci fa la “notte vergine”?
Due colpi e via! Non c’è mica
Bisogno di farci tanta poesia!
Così la formica porca mielata
sensuale in ogni sua stilla
quella sì che fa scintille,
la boccastilla che fa scintille…
almeno la risonanza è più gustosa,
è più saporosa meno fumosa
non fiochi barlumi
che volano nell’aïr/e si disperdono,
fosse almeno un paralume,
un fiume una derivata una deriva
sì, ecco un andar alla deriva
un lasciarsi trasportar dalla corrente,
suona bene ti lasci trascinar dagli accenti
dagli accidenti che ti piglia
da questo fastidioso gorgogliar
del cesso che non smette
orgoglio di poeta son poeta e me ne vanto,
così in un’infantil poesia anticorazzina
poi cresce cresce il poeta e cresce l’uomo
e capisce cosa non si sa però capisce d’esser solo
e si trova combattuto tra il bardo
Tu, mio amico citaredo,
ascolta il suo squillar,
o il tenero coglione
nuvole che si sciolgono
al legger soffiar de’ venti,
e così che si diventa funambolo
o bardo/cojone.


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