G. De Chirico
Le muse inquietanti
Vedete, il mio compito qui è quello … come dice il contratto? … Sì, quello, leggo testualmente, di farvi “diventare impavidi guerrieri della modernità, sostenitori convinti delle meravigliose possibilità che il Nuovo Millennio offre all’umanità intera”. Ecco, questo è il mio compito, la ragione per cui sono qui. Il motivo di tanto parlare. Del calore che ho messo nei miei gesti, della pazienza che ho avuto nell’ascoltare.
Eppure non vi vedo convinti. Siete freddi, diffidenti, ostili. Osservo i vostri volti, così vicini al mio, e li vedo chiusi ad ogni possibilità di cambiamento. Quando parlo del nuovo, voi non lo capite. Mi state a sentire con un’espressione assente, stolida. Ma appena mi capita di accennare alle cose del passato, subito vedo una luce che si accende nelle vostre pupille, un bagliore, una specie di speranza, un sentimento forte, intenso, che assomiglia molto alla nostalgia, che è nostalgia.
State attenti, la nostalgia è una brutta bestia, non lasciate che si impossessi della vostra anima!La nostalgia è la faccia buona della paura. E’ uno stato di confusione, un regresso all’infanzia, dove è giusto solo ciò che già si conosce, dove quello che succederà è ignoto e quindi potenzialmente, forse sicuramente, cattivo. La nostalgia è una catena che limita la vostra volontà di agire, di misurarvi, di comprendere i vostri limiti. E’ un ventre materno, di certo caldo ed accogliente, consolatorio. Ma che vi impedisce di crescere, di diventare veri uomini, vere donne!Se voi vi ostinerete in questa sciocca difesa del passato, se non lo lasciate andare al suo ineluttabile destino, perché è destino che il passato venga travolto, relegato nelle buie profondità della Storia! Se ancora resistete, voi sarete trascinati con esso, anche voi diventerete dei fantasmi. Continuerete a muovervi come me, come gli altri, mangerete, dormirete, farete ogni cosa come noi, ma sarete morti! Degli zombie!Ma se invece darete spazio al Nuovo, se riuscirete a coglierne il disegno grandioso, sarete pronti per entrare nel nuovo paradiso terrestre – beatamente inconsapevoli del bene e del male – una schiera di esseri perennemente felici … felici … No! No, che fate? No, fermi, calmatevi, vi prego! No, ehi, attenzione, non cominciate a tirare roba! Io … io sono un professionista, non vi perm … Ahi! Fa male! Smettetela, vi prego, smettetela! No, cari vi prego calmatevi, parliamo, vi scongiuro … Non mi strattonate così, no, mi fate paura … Ecco, sono pronto a ritirare quello che ho detto, non volevo offendervi, lo giuro!Io, lo vedete, sono solo, indifeso e voi siete tanti, tantissimi. Ho una sola arma, questo microfono che, lo ammetto, mi permette di sovrastare, da solo, tutte le vostre voci.Ecco, ve lo cedo, è vostro: ora siamo veramente alla pari, sullo stesso piano. Però, vi supplico ancora, non mi fate del male! In fondo sono anch’io uno di voi, ho anch’io una famiglia. Sapete, ho due figli, uno di dieci ed una di otto anni. Vorrei poterli rivedere, questa sera. Perciò vi chiedo ancora, con umiltà, di non usarmi violenza. Facciamo così: voi avete ascoltato me ed ora io ascolto voi. Ditemi, perché ce l’avete con me, cos’è che ha suscitato la vostra ira?
Come? Ah, falso. Io sono falso. E’ dunque questo che pensate di me. Che vi ho detto cose in cui non credo. Che ho fatto l’imbonitore, pagato per qualche oscuro disegno. Ma così mi offendete! Calpestate la mia dignità, la mia professionalità! Io non vi permetto … No, no, fermi, non ricominciate! Scusate, scusatemi, a volte mi lascio prendere la mano… Sì, sì… Sì, avete ragione … avete ragione … ragione ……Avete ragione, è vero. Se debbo essere sincero, e, credetemi, io voglio esserlo, è la cosa che in questo momento desidero di più al mondo, allora lasciate che apra la mia anima, lasciatemi dire quello che veramente ho dentro al cuore. Al diavolo il contratto! Non ho più bisogno di un copione. Sono solo io, in carne ed ossa, nudo di fronte a voi, che siete il mio tribunale, i miei giudici. Che potreste essere, solo che lo vogliate, ma spero vivamente di no, i miei carnefici. Vi debbo piena confessione e poi sperare nella vostra clemenza. Ebbene, lo confesso: non credo in quello che vi ho detto. Non del tutto, almeno. Sì, lasciatemi spiegare, vi ho promesso la verità e la mia verità è questa. Non posso, non voglio dirvi solo quello che voi volete sentire. Per il rispetto che vi porto, sono obbligato a darvi una spiegazione veritiera, anche se un tantino complessa.Ecco, ho affermato che non credo pienamente in quello che ho detto su questo palco. E’ così, davvero. Perché voi avete ragione, avete visto giusto in me. Quando dite che le mie parole sono suonate false, vuote. Quando avete percepito le mie esitazioni, quelle pause microscopiche che separano la verità dalla recita. Le parole non mi sorgevano spontanee dal cuore, non ero realmente infiammato dall’ardore di chi crede, profondamente, compiutamente in quello che afferma. Io, lo confesso, sono roso dal dubbio.Troppe sono state le promesse di un mondo migliore. Troppi aneliti alla felicità sono stati poi calpestati. Tante buone intenzioni si sono rivelate fallaci. Diventa difficile credere ancora!Ma sopra ogni cosa, c’è un sospetto che mi angustia. Che credo sia anche il vostro. Perché mi hanno messo qui, su questo palco? Perché vogliono che io vi racconti queste cose? Perché ne hanno bisogno? Non sarà, è solo un sospetto, non ho certezze, ve lo giuro, non sarà perché il loro fine è affatto diverso?Che il farci credere, farci assaporare questi dolci frutti sia solo un modo, una tattica, per altri, inconfessabili scopi?Ecco, ora ve l’ho detto. Sono questi i dubbi che mi tormentano. Che la sera, quando torno dai miei figli, ho paura che mi si leggano in viso. Che tormentano i miei sonni.Però non posso, in fede, rinnegare ogni cosa. Cavarmela con un’abiura totale, incondizionata. Nelle mie frasi, in ogni parola, negli esempi che vi ho mostrato, c’è, o almeno io ci trovo, anche una buona parte di verità. Io penso veramente che il futuro, questo Nuovo Millennio, possa essere buono, migliore di quello passato. Ditemi, onestamente, chi di voi, quanti, sarebbero disposti a tornare indietro, a fare a meno delle comodità, delle libertà, della sicurezza che oggi abbiamo? Diciamo sempre che questi sono tempi pericolosi, pieni di insidie. Ma ve li ricordate gli anni passati, i decenni della vostra giovinezza, quelli dei vostri genitori? Non c’erano forse più motivi di avere paura? Io, per esempio, sono stato giovane negli anni ’70. Pensateci un attimo. Andate a prendere un giornale dell’epoca, uno qualunque, di un qualsiasi giorno: ci troverete ragazzi morti per droga, altri ragazzi ma anche persone adulte, rispettabili, crivellati dai colpi di chi voleva abbattere un simbolo. Ci troverete una sfilza infinita di stragi, che punteggiano la nostra storia come eruzioni di un sottosuolo oscuro, minaccioso, incombente. Volete davvero tornare laggiù? In un mondo senza Internet, senza cellulari, appeso alle radiocronache domenicali dei secondi tempi delle partite? Senza le conquiste di civiltà, senza i diritti di chi lavora, delle donne. Con le malattie che falcidiavano i nostri anziani? Lo volete davvero?E’ per questo che io credo, che do una possibilità al futuro. Se mi guardo indietro, se vedo i progressi che abbiamo fatto, mi dico che veramente ne possiamo fare ancora, che il domani ci può riservare una gioia, un successo, qualcosa per cui valga la pena vivere. Mi dico, che in fondo, al di là delle intenzioni del Potere, oltre le inconfessabili trame degli approfittatori, quello che succederà, se sarà buono o se sarà cattivo, dipende – ancora una volta – soprattutto da noi.