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10) Mi trovo a bordo vasca per il Servizio Civile. La piscina ha una larga vetrata che si affaccia su un giardinetto. Io sto a circa 20 mt. da questa e fuori avvisto un tizio piuttosto basso con un cappotto e un basco nero alla francese che si muove in modo goffo. Visto così mi sembra il Ragionier Fantozzi. Chiamo il mio collega e incomincio a gridare divertito: "Matteo, guarda, guarda. Fuori C'è Fantozzi. Sì, sì, è proprio lui! Fantozzi! Fantozzi!" Attratta dalla baldoria si avvicina anche la responsabile di progetto e mi dice: " Ma chi? Fantozzi? Quello? Ma quello è mio marito!" A distanza di anni mi auguro ancora che sia stata lei a prendere per il culo me. Consiglio: evitate di ridicolizzare gli altri ed eviterete vicoli ciechi per la vostra dignità.
9) Arrivo a Londra e mi viene a prendere a Heathrow un collega di università a cui mi sono appoggiato per il mio soggiorno britannico. Entriamo in metropolitana. È gremita. Restiamo in piedi. Non trovo alcun appiglio se non sulla sua spalla. Gli sto dietro come se stessimo facendo un trenino dell’amore e gli faccio: "Scusa Ale per questa posizione stile frocione.” Arriviamo alla nostra fermata. Raggiungiamo casa e non appena entrati mi dice che il suo coinquilino è gay e mi chiede se mi dà fastidio. Rispondo di no e lui approfitta della mia neutralità sull’argomento dichiarando subito che anche lui lo è. Bene. Penso tra me e me: “Cazzo! poteva dirlo prima, ma in Italia mi aveva detto che aveva avuto un paio di ex-ragazze." Anche se avevo già sentito puzza di conflitto ormonale. Consiglio: se senti nell’aria una femminilità latente ma non ne hai le prove, non fare allusioni.
8) Stiamo festeggiando la laurea del mio migliore amico. Il ristorante è prestigioso, si chiama Regine. È una cena per pochi intimi, parenti ed amici stretti. Notando una scarsa somiglianza tra la mamma e la zia del mio amico, per movimentare la serata mi accerto: “Ma voi siete sorelle vero?” (non avessero mai detto di sì) e rilancio: “Naturalmente si vede subito che la mamma di Giorgio è più giovane!”. E Giorgio, nell’imbarazzo generale: “Ehm, veramente mia madre è la grande.” Nel frattempo la zia impallidisce promettendo una sanguinosa vendetta nel suo intimo. E io: “E vabeh, avrò pure fatto un torto alla signora, ma in compenso ho fatto anche un gran complimento alla mamma del mio più caro amico!” Tutti mi implorano di non perseverare. Consiglio, mai pronunciarsi sull’età delle donne se non sapete mentire.
7) Le signore di una certa età mi han sempre fatto fare figura in certe situazioni. È sera, sono le 22 circa. Io, Giorgio e mio cugino aspettiamo in auto, sotto la luce fioca di un lampione, una ragazza. Arriva in jeep, ma non è lei che guida. Complici le tenebre e il mio vago daltonismo, esordisco per lusingarla: “Complimenti Laura. Atletica tua nonna!” e lei: “Mia nonna??? Ma quella è mia madre!!!” e io rilancio: “Con tutti quei capelli bianchi?!?” e lei: ”sono Biondi!”. In macchina gli altri due si stampano un sorriso isterico scusandosi: “Non ci fare caso. Non lo fa apposta.” Consiglio: vado sul classico. La parola è d’argento, ma il silenzio è un caveau d’oro.
6)È una sera d’estate e decido di andare a comprare il gelato. Come di consueto indosso i sandali da mare con cui da circa 6 anni passo le mie calde 24 ore. L’ingresso del gelataio e preceduto da 2 gradini di marmo probabilmente inumiditi da una leggera brezza crepuscolare. Entro saltellando e scivolo rovinosamente stramazzando sull’uscio. Ma non basta. Nell’impatto travolgo l’intera grata di patatine in busta posta proprio all’angolo. Gli snacks mi piovono addosso senza distinzione di gusto. Il gelataio mi guarda impietrito brandendo un cono in attesa di essere terminato. Consiglio: anche se vi affezionate alle cose, ogni tot anni cambiatele, perché l’usura potrebbe danneggiarvi seriamente.
5)Siamo al mare e mia sorella ci ha appena presentato un’amica. Si chiama Aurora. Parto con la specialità della casa: giudicare i nomi e farli a fette col machete. Espongo a tutti un atavico quesito. Perché avere più nomi quando ne basta uno, a maggior ragione quando è bello? Faccio un esempio per coinvolgere i presenti e dico: “Per esempio Aurora è un bellissimo nome. Poco comune, romantico, dolce. Se adesso aggiungessimo… che ne so… tipo… Maria Filippa! Aurora Maria Filippa perderebbe tutta la sua poesia. O no?” E lei: “Scusa, ma mi hai messo le mani in borsa?” e io: “Cosa? Io non so neanche qual è la tua borsa!”. E lei di nuovo: “No, dico: hai visto la mia carta d’identità? No, perché io mi chiamo Aurora Maria Filippa.” Consiglio: ogni tanto fatevi i cazzi vostri.
4)Ma quando si parla di nomi, talvolta può partire anche la disquisizione fonetica/etimologica. Sono arrivato in Lombardia da pochi giorni. Mio cugino mi porta a casa di amici. Viene fuori l’argomento nomi. Sostengo che ci sono nomi che suonano bene ed altri no. Tra questi c’è Calogero, che sebbene alla radice abbia la parola greca Kalòs, bello, suona brutto, non si può sentire. Cacofonico a tal punto che persino in Sicilia, dove dovrebbe essere tipico, quasi nessuno si chiama più così. Faccio il figo perché penso che una tesi simile in Lombardia sia inattaccabile. I potenziali Salvatore, Giuseppe, Carmelo e compagnia bella dovrei averli lasciati oltre lo stretto. Dopo aver schifato per benino il nome, la padrona di casa mi guarda e fa: “Hai finito? Io sono di Naro, in provincia di Agrigento. Il patrono del mio paese è San Calogero, quindi immagina quanti dei miei parenti possono chiamarsi così.” E per dimostrarmi quanto appena detto, va in camera da letto e torna con un’immaginetta sacra di sto benedetto Calogero. Qui non c’è alcun consiglio. Quando la sfiga è in agguato non c’è santo né provincia che ti può salvare.
3)Sono sul motorino con mia sorella. Siamo in due, senza casco, senza specchietto, sorpasso da destra e passo con il rosso. Insomma, merito un 41 bis. Mi fermano i vigili. Devo inventare una scusa plausibile e fulminea per discolparmi. Cosa mi viene in mente? "È una delle poche volte!". "Ah!" risponde il vigile "allora lo fa spesso... ma lei non è il figlio di..." "Sì, sono io". Spero non riferiscano. Mio padre torna da lavoro, non varca neanche la soglia di casa che mi dice "...E poi cosa gli vai a dire?!?... Sei un idiota!!!" Consiglio: o vi fate un corso di teatro o nella vita dovrete rigare sempre dritto.
2)Mi trovo in un mini market di Roma per acquistare un panino. Nell'attesa assisto ad una scena surreale. Un muratore, in evidente confidenza col titolare del market, litiga col salumiere che lo incita a saldare il conto arretrato. Il muratore continua a scusarsi dicendo di non averne la facoltà e di "stare come la Germania dopo la Seconda Guerra Mondiale". Distrutto, senza alcun sostegno economico, insiste dicendo di non poter pagare e di non sapere come fare. Dopo una tiritera di 5 min. per metter fine alla sceneggiata, lo guardo e gli dico: "Non sa come pagarlo? Col Piano Marshall!" Lui mi guarda per qualche secondo in silenzio senza battere ciglio. Il suo sguardo è così fisso che nell'imbarazzo generale mi induce quasi a pensare "ora mi alza le mani". All'improvviso esplode: "BRAAAVO. Col Piano Marshall, e con che, se no? BRAAAVO. Il ragazzo è acculturato, mica come voi che siete delle zappe di Frosinone". Quasi mi rincorre fino all'uscita complimentandosi. Qui la figura di merda è stata tanto sottile quanto implicita. Pensavo di bruciarlo con una battuta sofisticata, mentre è stato lui a insegnarmi a non sottovalutare mai né le persone né le situazioni in cui talvolta è meglio starsene a guardare.
1) Mi trovo in metropolitana. Ancora a Roma. Da un po’ di tempo i servizi segreti allertano sulla possibilità di un attentato terroristico e i mass-media collaborano nel creare la solita psicosi collettiva a cui in genere aderisco volentieri. Il mio vagone straripa di gente. C’è una signora musulmana col burqa che si lancia occhiatine cifrate in arabo con un altro mediorientale. Sembra abbiano due figli, eppure leggo quei piccoli gesti come un: “quando te lo dico io premi il pulsante.” Insomma, monitoro la soluzione. Guardo chi c’è in torno e se stanno tenendo d’occhio la situazione. Mi pare che tutti abbiano gli occhi puntati sulla coppia musulmana. Arriviamo a Termini. Stazione centrale. Ora centrale (10 del mattino circa). Il momento è perfetto per una strage in stile Al-Qaeda. La donna porta la mano al petto come per aprire una zip. Ne apre la metà. Non so cosa vedo. L'ippocampo allerta le sinapsi. Le sinapsi lo mandano a'ffanculo. Mi scatta il panico. Le blocco la mano impedendole di andare oltre e le dico: “Signora, cosa sta facendo!” Vedo già i titoli: “Ragazzo scongiura attentato in metro.” “Siciliano evita una carneficina.” “Al Qaeda fermata da un giovane eroe”. Sta di fatto che si crea il vuoto attorno a me, manco se la bomba fosse detonata realmente e la gente guarda basita (anche se sono sicuro che avrebbero voluto fare lo stesso), in più un prete africano inizia ad ammonirmi: “Cosa fai? Come ti permetti? Tu non puoi toccarla!” Cerco di giustificarmi mentre il vagone si svuota e il prete continua la sua omelia sull’arroganza dei cristiani. Resto fermo alla fermata della metro, per riprendermi dall’accaduto. È come se in realtà non avessi vissuto razionalmente l’evento, come se l’avessi osservato dall’alto. Aspetto un po’. Allungo l’orecchio verso il buio del tunnel per cercare di carpire un’eventuale deflagrazione a distanza e congratularmi con me stesso per aver salvato la vita a quei diffidenti per nulla riconoscenti. Ma nulla. Mi rassegno. Ho fatto solo la più grande figura di merda capitolina.
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