Quella volta che ci siamo incontrati, è stato sette anni fa.
E' passato tanto tempo, e a lungo ho pensato come scriverne. Ma tu sei lì, in mezzo alla marea, immutato da più di mille anni.
Che importa quanto tempo sia passato...
Il tempo è passato per me, ma non per te.
Quella volta che ci siamo incontrati ti ho visto comparire da lontano, come un miraggio, emergere dietro prati verdi e pecore - una sagoma sfocata e quasi irreale, un castello sacro nato dalla magia dove i cavalieri coraggiosi devono affrontare prove per determinare il loro destino.
Ma io sono un cavaliere coraggioso? Lo sarò?
Quella volta che ci siamo incontrati ho capito che cosa spingeva durante i secoli bui i pellegrini a partire dal nostro San Michele in Valsusa, l'abbazia incastonata nella montagna, valicare le Alpi ed attraversare in diagonale tutta la Francia per giungere fin da te, Mont Saint-Michel della Normandia, il San Michele che appartiene al mare.
Quando ci siamo incontrati era il tramonto: la tua sagoma stava cominciando a trasfigurarsi nell'oscurità, l'acqua diventava buia per lasciare posto al cielo - un cielo che era oro, era sangue, un cielo che cantava e pregava, tremava ed esultava.
Una visione mistica potente, che vibra di attesa, di speranza, che si commuove per la sua stessa bellezza.
E, al tramonto, l'acqua tutto intorno comincia a correre, a salire, ad avvolgerti nel suo mistero: l'acqua buia del tramonto ti reclama, ti abbraccia e ti porta via, con la tenerezza implorante di un amante che vuole intimità.
Al tramonto la marea attorno Mont St Michel lievita a vista d'occhio: è un fiotto che gorgoglia come una vasca che si riempie - una mano invisibile ha aperto un rubinetto nascosto, e tu rimani a guardarla come fosse uno spettacolo.
Del resto lo è.
E poi...
Poi comincia la magia della notte.
Il blu, il nero, l'acqua silenziosa. Le luci gialle e verdi di cui le Mont si veste - chimera nel buio, della stessa sostanza di cui sono fatte le stelle.
Entrare nel suo ventre, curiosi di vedere cosa racchiuda.
Altra magia, indubbiamente.
Vicoli acciottolati, sinuosi, in salita.
Angoli provenienti da un altro tempo, botteghe, ristoranti.
Attrattive per turisti forse poco dotate di misticismo - ma di polvere di stelle magari sì...
Quella volta che ci siamo incontrati non mi sei apparso in sogno - ma forse ti sognavo un po' da sempre.
San Michele Arcangelo a quanto pare ha questa prassi per commissionare una nuova abbazia a lui dedicata: ti compare in sogno e te lo richiede, con una certa assertività.
Del resto è a capo delle milizie celesti, sa come usare il tono di comando.
E negli ultimi secoli antecedenti l'anno Mille è comparso nei sogni di diversi uomini di Chiesa in giro per l'Europa: chissà Freud come interpreterebbe questi sogni - ma all'epoca la psicanalisi era lungi dall'arrivare e la dimensione onirica veniva presa in maniera piuttosto letterale.
San Michele per le sue richieste non si accontentava di luoghi qualunque: isole tidali in Cornovaglia e Normandia, montagne in Valsusa, grotte nel Gargano - un franchising di sacre sfide architettoniche.
Al risveglio dal sogno c'è la luce tenue del mattino - ed è qui che il nostro incontro è proseguito, questa volta dall'interno.
Le tinte intense e palpitanti della sera prima lasciano spazio a toni più soffici e rarefatti che a tratti scintillano d'argento.
E' come alzarsi felici in una domenica di sole - e l'acqua si è di nuovo ritirata.
Dall'alto delle mura si vedono le distese grigie di sabbia umida, ed è come se un nuovo mondo si sia rivelato.
La chiesa di forma conica, eterogenea nei suoi stili architettonici, con la bellezza unica di chi mescola tratti somatici appartenenti a mondi diversi; e poi il complesso degli edifici denominato La Merveille (e come se no?) - dato dall'insieme del chiostro, del refettorio, del salone degli ospiti con i suoi caminetti giganteschi, dell'ambulacro col soffitto a costoloni, della cappella sotterranea dedicata alla Vergine.
Fino a salire su con lo sguardo alla statua dorata di San Michele, che pare voglia spiccare il volo.
Così mi è sembrato quella volta che ci siamo incontrati...
E allora quella volta che ci siamo incontrati, ti ho guardato, ho guardato in su, ed ho pensato che forse fosse destino - perché io sono nata sotto il tuo gemello incastonato sulla montagna, ed ho viaggiato fino a lì, fino a te che ti trovi sul mare, che ogni giorno decidi di appartenere per qualche ora al mare soltanto, per poi tornare attaccato alla terra.
E forse anche per me si poteva chiamarlo pellegrinaggio, nonostante io non creda ai dogmi della Chiesa che ti celebra - però penso che tu sia un simbolo che trascende credi e religioni, un archetipo che va oltre a ciò che siamo qui ed adesso.
Ti ho visto, con le ali spiegate e la spada conficcata nella gola del serpente, ed ho pensato che forse avresti potuto aiutarmi, che aveva un significato il mio essere venuta lì da te.
Quella volta che ci siamo incontrati, San Michele, ti ho chiesto di aiutarmi a sconfiggere il mio diavolo.
Era perché pensavo che il mio diavolo si chiamasse paura di vivere, e che fosse lui a farmi sentire bloccata, perennemente inadeguata.
Ma ora l'ho conosciuto il mio diavolo, San Michele: gli ho stretto la mano, gli ho parlato.
Non si chiama paura, si chiama libertà - si chiama viaggiare, si chiama scrivere.
Si chiama alzarsi un mattino e decidere di voler prendere il treno. Si chiama sedersi sotto un albero e restare da sola a pensare. Si chiama fare le due di notte con una penna in mano, senza rendersene conto.
E non ti chiederei più di sconfiggerlo, San Michele, perché ho scoperto che lo amo.
Io amo il mio diavolo, e per lui lascerei tutto ciò che ho di sensato, di stabile. Tutto ciò che dovrei scegliere, tutto ciò che il mondo si aspetta che io diventi.
O forse, San Michele, io ti sto sottovalutando.
Ed hai saputo ascoltare la mia preghiera molto meglio di quanto io abbia saputo formularla allora...
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