Montale e i nuovi “poeti”, da Stefano Benni a Flavia Vento

Creato il 12 maggio 2013 da Sulromanzo

[Articolo pubblicato nella Webzine Sul Romanzo n. 2/2013, La difficoltà dell'inizio. Il coraggio del primo passo]

Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.
Bene non seppi; fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.

Eugenio Montale

Forse quando sarò morta le mie poesie saranno
paragonate a quelle di Dante purtroppo i versi li
capiscono quando non si è vivi.

Flavia Vento

Cos’hanno in comune Spesso il male di vivere ho incontrato di Eugenio Montale con le mucche e la «pecora nera nel gregge che fa le scorregge» di Stefano Benni, I mostri marini di Flavia Vento e i ritmi smielati e triti della Mazzantini, alla «chi ti ama c’è sempre»? Niente, direi. Eppure, tutti sono definiti “poeti”.

Montale, uno dei più grandi artisti del Novecento, ha pubblicato Ossi di seppia, la sua prima raccolta, con le edizioni di Rivoluzione Liberale di Piero Gobetti. Il poeta ci mise più di un anno a convincere Gobetti a fare il libro. L’editore, infatti, sosteneva che, per un libro come Ossi di seppia, ci sarebbe stato scarso pubblico in Italia. Occorreva, dunque, mandare delle liste di prenotazione. In pratica, una prevendita di almeno 200 copie a 6 lire l’una. Così, il testo venne stampato in una brutta edizione. Umberto Saba ne prenotò ben 25 copie, per amicizia. Il libro, oggi molto costoso e ricercatissimo in prima edizione, è ristampatissimo, anche se, al suo esordio, ebbe scarso successo. Lo stesso padre di Montale si rifiutò di comprarlo perché riteneva il prezzo eccessivo; Natalino Sapegno gridò all’«intorbida ambizione, fatica di forma non raggiunta».
Il male di vivere, l’attanagliante senso di precarietà, il ritmo, i simboli, le metafore, la vita, la morte, la potenza espressiva. Ossi di seppia ha tutto. Stefano Benni, giornalista, pubblicato in migliaia di copie da grossi editori, non ha di certo seguito lo stesso travagliato percorso di pubblicazione che è spettato a Eugenio Montale. La storica casa editrice Feltrinelli pubblica Prima o poi l’amore arriva. Si tratta di un coacervo di banalità, un insieme di filastrocche, aforismi e spiritosaggini prive di qualsivoglia profondità, pubblicizzate come “poesia”, tant’è che Benni si definisce pomposamente “poeta”, oltre che giornalista, drammaturgo, romanziere, etc. etc.. La sua biografia sembrerebbe quella di un genio post-moderno.
Peccato che tra Montale e Benni corra la stessa differenza che c’è tra Apollo e Tersite.

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