Ho letto con attenzione e con vivissimo interesse l'intervista che è stata fatta al prof. Franco Laner, della Facoltà di Architettura dell'Università di Venezia, sul suo giudizio relativo a un falso che sarebbe stato effettuato con la testa di uno dei Guerrieri di Monti Prama di Cabras, quella meglio conservata, quella meglio riuscita, “perfetta”, che campeggia in tutte le pubblicazioni e le raffigurazioni degli ormai famosi reperti. Con la solita chiarezza di linguaggio e sicurezza di argomentazione il prof. Laner mi ha convinto appieno. E sono d'accordo con lui nel ritenere che il falsario non sarebbe alla sua prima prova, ma avrebbe altri precedenti. Invece io escluderei che in questo imbroglio siano coinvolti anche tutti gli archeologi che hanno scavato e studiato quei reperti, archeologi che invece risultano essere i primi imbrogliati. Ma la vera e grande imbrogliata e danneggiata è la nostra povera Sardegna, la quale non si meriterebbe affatto la odierna sarabanda di falsari, mossi da un molto discutibile amor di patria e anche dal desiderio di suscitare e accrescere attenzione attorno alla propria persona.Ed ho letto con interesse pure la risposta alle argomentazioni del Laner data in un'altra intervista dallo scultore Pinuccio Sciola. Ma non mi ha convinto in nulla e per nulla: egli nella questione ha solamente annaspato, dando l'impressione di un individuo che si tuffi in mare senza saper nuotare; in altre parole, dimostrando di parlare di cose che non conosce né ha mai approfondito. Infatti, egli arriva a sostenere queste strabilianti tesi, senza darne una sola ombra di dimostrazione: 1) Le statue di Monti Prama non sarebbero state fatte da Sardi; 2) sarebbero state fatte in Sardegna ma da un individuo venuto dall'Oriente; 3) Le statue non avrebbero nulla a che fare con la cultura nuragica né coi bronzetti; 4) Platone avrebbe parlato dell'esistenza fra la Sicilia e la Tunisia di un'”isola turrita dove non si moriva mai”. Ma su questo preciso argomento lo provoco io: lo Sciola citi l'opera e gli estremi esatti del passo dell'opera nella quale Platone sosterrebbe queste finora del tutto sconosciute notizie sulla Sardegna antica.Lo scultore Sciola parli invece di cose che conosce alla perfezione. Ci parli di un reperto che egli sostenne di aver rinvenuto nelle campagne di San Sperate, un cippo-statua in pietra arenaria a venature gialle e rosate, che rappresenterebbe un nuraghe polilobato e che tuttora campeggia nel Museo Archeologico di Cagliari. In due miei libri (in maniera particolare in “Lingua e civiltà di Sardegna”, Cagliari 2004, Edizioni della Torre) io ho dimostrato – mai smentito da alcuno - che si tratta di un grosso, pacchiano e ridicolo falso, perché:1) presenta intatti tutti i suoi spigoli, non smussati per nulla dal logorio dei secoli, insomma come se fosse appena uscito dalla bottega di uno scultore; 2) il nuraghe raffigurato poggia su una base costituita da un porticato, secondo una modalità non presentata da nessun nuraghe reale e secondo una modalità assolutamente impossibile in termini di staticità per un grande edificio fatto di enormi massi; 3) sotto il ballatoio delle quattro torrette la muraglia esterna dello pseudo-modellino di nuraghe presenta una rientranza circolare, che anch'essa avrebbe compromesso la staticità dell'edificio; 4) non presenta nessun accenno dei finestroni che si trovano in tutti i nuraghi reali a più piani per dare luce alla scala e alla seconda camera.Di certo tra gli scultori sardi la pratica del “falso” non è infrequente: una quarantina di anni fa un mio amico sorprese, nella sua bottega, uno scultore che stava scolpendo una falsa iscrizione che intendeva spacciare a me per farmi sfigurare di fronte agli archeologi se avessi abboccato. Il tentativo di falso e di imbroglio non andò in porto perché lo scultore comprese che il mio amico non avrebbe fatto a meno di mettermi in guardia...
Povera Sardegna nostra! Quale sorte hai avuto nel generare individui, a iniziare dai falsari delle carte di Arborea, che hanno riempito le pagine della tua storia di numerosi e grossi falsi credendo di darti lustro, mentre hanno finito col caricarti di ridicolo.