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Le relazioni, che nel periodo precedente la prima guerra mondiale avevano avuto natura esclusivamente politica, hanno assunto, recentemente, una dimensione nuova. Infatti alla connessione politica si aggiunge quella, prima sconosciuta, di natura economica. L’ impatto russo sull’economia montenegrina è evidenziato in modo emblematico dal sito internet della compagnia di bandiera Montenegro Airlines, le cui informazioni sono disponibili, oltre che nella lingua locale ed in inglese, anche in russo, a significare l‘importanza del flusso di viaggiatori tra Mosca e Podgorica. Passando dal web all’urbanistica l’impronta russa rimane costante: è sufficiente recarsi a Podgorica per accorgersi della costruzione di un nuovo ponte sulla Moraca, costruito con fondi provenienti da una fondazione russa e per tale ragione chiamato Moskovje. Se si passa poi sul piano della economia sostanziale la misura della penetrazione russa in Montenegro è rivelata non solo dai massicci investimenti nel settore turistico-ricettivo sulla Budvanska rivijera, ma soprattutto dall’attività di Oleg Deripaska, magnate russo noto anche per il legame con Putin, il quale ha acquistato, tramite società di cui è azionista di maggioranza, le due più importanti aziende montenegrine, ossia il cosiddetto Kap di Podgorica (Kombinat Aluminijuma Podgorica) e la Zeljezara, fabbrica di acciaio di Niksic. Ed è stata soprattutto l’ acquisizione del Kap a destare interesse, dato che questa azienda copriva da sola il 70% delle esportazioni montenegrine e generava anche un indotto di notevoli proporzioni.
Le due operazioni a cui si è fatto riferimento vennero perfezionate negli anni 2005-2006, e quindi nel periodo immediatamente precedente la proclamazione dell’ indipendenza del Montenegro, avvenuta nel novembre 2006: all’epoca tuttavia Podgorica godeva già di una sostanziale autonomia politica all‘interno dell’Unione di Serbia e Montenegro, il soggetto politico che nel 2003 era succeduto alla Jugoslavia. Insomma, dal 2005 fino al 2008, il legame tra Podgorica e Mosca era saldissimo, come ai tempi di Nikola Petrovic e Nikola Romanov: l’acquisizione dei più importanti complessi produttivi del Montenegro da parte di un tycoon del calibro di Deripaska e soprattutto il legame tra questi ed il presidente russo Putin non lasciavano alcun dubbio circa il fatto che la penetrazione economica era vista con favore, se non addirittura pianificata, dal Cremlino. In un simile quadro le aperture del governo montenegrino all’Europa, ed in particolare le dichiarazioni del primo ministro Milo Djukanovic di aspirare all’ingresso nell’Unione Europea, apparivano solo opportunistiche e poco credibili. Ma, di lì a qualche anno, l’evoluzione del contesto socioeconomico montenegrino e della politica internazionale del governo di Djukanovic smentivano quegli analisti che vedevano nello stato adriatico una colonia politica ed economica di Mosca, e rivalutavano in qualche misura le precedenti proteste di autonomia sullo scenario europeo di Podgorica.
Sono diversi, e tra loro intimamente connessi, gli elementi sintomatici della presa di distanza del governo montenegrino nei confronti del gigante russo. In primis non si può negare che da qualche anno a questa parte la politica estera del Montenegro appare, diversamente dal passato, non appiattita sulle posizioni di Mosca, come ha dimostrato nel 2008 il caso della proclamazione d’indipendenza del Kosovo, che non veniva accettata dalla Russia per non creare un precedente che poteva essere preso a paradigma dalla Cecenia e dalle altre entità substatali o etniche con ambizioni separatiste presenti sul proprio territorio. Ci si aspettava che anche il Montenegro, stato di recente indipendenza e non ancora pienamente emancipato sul piano internazionale, seguisse la linea del suo potente partner russo e quindi non riconoscesse il nuovo stato kosovaro. Ma Djukanovic procedette al riconoscimento del Kosovo: la decisione non venne ovviamente accolta favorevolmente dal Cremlino, ma venne commentata con soddisfazione dagli stati membri dell’Unione Europea , i quali nella grande maggioranza avevano a loro volta riconosciuto il Kosovo e temevano che lo scivolamento del Montenegro nella sfera economica russa fosse solo il prologo del sorgere di una sudditanza anche politica nei confronti di Mosca. E al raffreddamento dei rapporti politici tra i due paesi si aggiungeva, parliamo sempre dell’arco temporale 2008 -2011, anche il peggioramento dei rapporti tra gli investitori russi ed i loro interlocutori montenegrini. Entrambe le acquisizioni di Deripaska, infatti, non si sono rivelate felici né per lui, né per il governo di Podgorica, se è vero che le contestazioni reciproche hanno avuto ripercussioni giudiziarie, ed anche alcune operazioni immobiliari che coinvolgevano altri imprenditori russi hanno suscitato l’attenzione della magistratura locale. A ciò si aggiunga, last but not least, che il legame tra Deripaska e Putin, e quindi la connessione tra economia e politica russa sul versante montenegrino, sembra essere venuto meno, se è vero che nel giugno 2009 a Pikalevo l’ex uomo del KGB ha umiliato pubblicamente l’oligarca, e tale presa di distanza fa presagire che cesserà di sovvenzionarlo attraverso generosi aiuti di stato. E senza i finanziamenti statali la presa di Deripaska sull’economia montenegrina è fatalmente destinata a scemare.
Al declino dell’intesa politico-economica con la Russia e Montenegro ha fatto da contrappeso, come accade spesso nei rapporti internazionali, la nascita di una diversa relationship, quella tra l’Unione Europea e la repubblica adriatica a cui è stato conferito nel dicembre 2011 lo status di Paese candidato all’ingresso nell’Europa allargata. L’ impegno con cui il governo montenegrino sta cercando di adempiere gli obblighi impostigli da Bruxelles fa presagire che la ex repubblica federata jugoslava sarà, dopo l’imminente ingresso della Croazia, il ventinovesimo membro dell’Unione Europea. Ma la prospettiva dell’ integrazione europea non deve fare ritenere che l’ultrasecolare rapporto tra il Montenegro e la Russia sia definitivamente tramontato. Al contrario, la presenza russa nel tessuto socio economico montenegrino, sicuramente mitigata a causa del declino di Deripaska, ma pur sempre notevole e di gran lunga prevalente sulle altre economie straniere operanti sul territorio, farà del paese adriatico, se e quando entrerà nell’Unione Europea, un unicum nella grande famiglia di Bruxelles. Si tratterrebbe infatti dell’unico stato membro il cui settore economico subisce l’ impatto determinante di investitori estranei alle grandi democrazie occidentali. Dunque un cavallo di Troia, o di Mosca , all’interno dell’Unione? Difficile rispondere, visto che dalla fine della guerra fredda gli scenari della geopolitica sono in continua evoluzione. L’unica certezza è che sui rapporti russo-montenegrini inciderà la variabile europea.Partita a tre, dunque, Mosca-Podgorica-Bruxelles, l’esito è tutto da scoprire.
Riccardo De Mutiis è esperto di relazioni internazionali, in particolare sotto il profilo giuridico, e analista della realtà balcanica. Ha partecipato a varie missioni patrocinate da istituzioni internazionali.
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