Monti può fare adesso tre cose:
- Non candidarsi, aspettare gli eventi e fare la riserva della repubblica. Questa scelta obbedirebbe alla sua più vera natura. In questo caso Berlusconi, o Alfano, avrebbero il pieno diritto e anzi il dovere di candidarsi a nome di tutti i conservatori.
- Candidarsi, senza però parlare all’elettorato conservatore, ostentando equidistanza ed europeismo paternalista, e radunando attorno a sé i nani e le ballerine dello sfatto centrismo italiano. Finirebbe come Martinazzoli. Da utile idiota. Anche in questo caso Berlusconi, o Alfano, avrebbero il pieno diritto e anzi il dovere di candidarsi a nome di tutti i conservatori.
- Candidarsi per vincere e parlare all’elettorato conservatore. Questo significherebbe però accettare il «centrodestra», legittimare il «berlusconismo». Il centrodestra è un parto di Berlusconi. Storicamente parlando, «berlusconismo» equivale a nascita del centrodestra italiano. Ossia la normalizzazione e l’europeizzazione della politica italiana. L’odio profondo verso Berlusconi nasce dal fatto che l’esistenza del centrodestra, ossia la normalizzazione della colonna destra dell’edificio politico italiano, smaschera l’anomalia della sinistra, priva di una colonna dichiaratamente «socialdemocratica». La sinistra accetta di farsi chiamare «democratica» e perfino «comunista», ma non «socialdemocratica».* Non avendo mai affrontato la «questione socialista», che è la vera questione morale della sinistra e dell’Italia tutta, la sinistra orfana del marxismo finisce per dividersi nel partito giacobino dalle buone maniere e in quello dalle cattive maniere. La damnatio memoriae del berlusconismo è necessaria per tenere in vita quest’anomalia, e per continuare a tenere soggiogata la «destra» in quella specie di Sindrome di Stoccolma che già pietrificò la Democrazia Cristiana. Loro lo sanno benissimo. Scriveva ieri il direttore de L’Unità, Claudio Sardo:
Eppure [la discesa in campo, NdZ] sarebbe per Monti un gravissimo errore. Perché, anche se Berlusconi fosse davvero completamente irrilevante – e questo non è, come ha dimostrato lo stesso premier con le sue clamorose dimissioni – Monti sarebbe costretto a giocare nel campo disegnato da Berlusconi, quello della seconda Repubblica, vanificando di colpo la transizione avviata dal suo governo. Non sarebbe più Monti al centro di un’area europeista, composta dal centrosinistra e dai moderati, ma verrebbe sospinto in uno spazio dove convivono pulsioni populiste e antieuropee.
* E’ una verità che si può cogliere anche nelle piccole cose: basti pensare che il gruppo socialista europeo ha dovuto cambiare la sua ragione sociale al solo scopo di accogliere fra le proprie fila gli stravaganti “democratici” italiani…
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