Che per aumentare le assunzioni debba essere più facile licenziare è una tesi strana. Se la normativa in vigore adesso e che ha portato alla creazione di 46 tipologie contrattuali è, per unanime condivisione, da buttare, mentre quando fu presentata fu probabilmente salutata come necessaria, questo potrebbe significare che, al di là della buona fede, nessuno sa con certezza quale sia la strategia migliore. Magari tra qualche anno ci si accorge che pure questa riforma ha causato gravi danni e che bisogna cambiarla. O invece che ha favorito le assunzioni e migliorato le condizioni dei lavoratori. Chi può dirlo? Invocare il fatto che questa riforma è diffusa nei paesi europei significa dimenticare che quegli stessi paesi differiscono enormemente dall'Italia sotto gli altri profili, uno per tutti la celerità della giustizia.In definitiva, al di là del fatto se sia una riforma migliorativa o peggiorativa, la resistenza di alcune forze (Cgil) a cedere l'ultimo baluardo si spiega con l'abitudine della politica italiana di scaricare sempre sulla massa gli oneri più pesanti.
La fissazione degli imprenditori di poter licenziare individualmente e collettivamente per motivi economici dovrà pur essere legata a un ritorno positivo per loro, altrimenti non la chiederebbero con tanta insistenza. Ma, se una cosa va bene per l'imprenditore, come va per il lavoratore? Il fatto che proprio su questa normativa ci si sia impuntati significa che è importante: non deve essere un totem per i sindacati, ma lo è invece per Governo e Confindustria, che hanno ottenuto ciò che volevano. Se il Governo pensa che con questa modifica arriveranno frotte di investitori stranieri fa un torto alla nostra intelligenza. Sono ben altre le cose che tengono lontani i capitali stranieri. Sarebbe ora di cominciare a pensarci.
Imagecredit: tvglobo.it