E’ un “qualcosa”, l’assunto del titolo, su cui dovrebbero interrogarsi e riflettere i nostri studenti. Specie quelli con poca buona volontà. E farlo, considerando che siamo in prossimità dell’apertura delle scuole.
Settembre non è neanche troppo lontano e il ritorno nelle aule e sui banchi, che piaccia o meno, non tarderà. E sarà meglio per tutti fare della scuola uno strumento di promozione piuttosto che il solito guscio vuoto, di cui lamentarsi in proposito o a sproposito.
E la scuola appunto sta per ritornare anche nel quotidiano delle comunità dei Monti Nuba, nel continente africano, in cui l’ esistenza personale, che tu sia giovane, vecchio o bambino, è a rischio continuo da molto tempo.
Sono condizioni di vita , quelle delle popolazioni nubiane, che a noi occidentali, coccolati nelle nostre comode case, farebbero e fanno, se avessimo la ventura di trovarci laggiù, accapponare la pelle.
La guerra tra l’esercito sudanese e i ribelli del Movimento di liberazione del Sudan-Nord (Splm/N) non consente tregua .
Coglie a tradimento persino il più smaliziato degli uomini.
Preme inesorabilmente, togliendo il respiro e tormenta la povera gente , per lasciare da troppi anni, sul terreno, soltanto morti da seppellire e feriti da curare.
Il clima impietoso ci pensa, poi, a fare il resto.
C’è siccità e, con essa, inevitabilmente fame. Tanta fame.
Ecco, allora, che la disperazione, in una situazione del genere, per giunta continuata, non potrebbe che essere alle stelle.
Ma il popolo Nuba, un popolo bello e fiero, mostra coraggio e non si arrende mai.
E, semmai ,cerca in fretta l’antidoto, riuscendo, nonostante tutto, ancora a tirare fuori un sorriso.
Per riempire gli stomaci si è pensato allora, e con un po’ di speranza di riserva, ad esempio, agli appezzamenti di terreno, quelli che sono più vicini alle abitazioni, tutti da trasformare in orti.
E questo per poterli governare meglio insieme ai pochi animali da cortile (per chi li ha), facili da gestire, che forniscono, al bisogno, carne e uova.
Per l’acqua, si sa, le donne provvedono, sempre loro, scarpinando a piedi nudi per chilometri. Rischi inclusi a loro carico. E sappiamo, anche qui, di che genere di rischi si tratta.
Ma la cosa più importante di tutte, cui tengono ,senza riserve, genitori e figli di queste comunità dei Monti Nuba è la scuola.
Il poter frequentare la scuola è, oltretutto, segno di prestigio sociale.
La scuola significa sapere leggere e scrivere. La scuola è cultura (informazione attuale e conoscenza del proprio passato) ma è anche possibilità di apprendere un mestiere utile a potersi costruire in seguito un futuro dignitoso e mettere su famiglia con certe garanzie.
E per garanzie s’intende il non essere costretti a migrare né all’interno del continente, né tantomeno all’estero.
Con l’aiuto della diocesi di El Obeid accade appunto, ed è di questi ultimi mesi (per cui siamo felici di riferirlo), che alcune suore comboniane, di rientro in quell’area tormentata, si stiano impegnando a riaprire, nell’ampio territorio delle differenti e più importanti comunità dei Monti Nuba, sia le scuole primarie (tre per la precisione in diverse località raggiungibili dai più) che un istituto d’istruzione secondaria. E, ancora, l’apertura di un altro istituto che sarà predisposto, esclusivamente, alla formazione degli insegnanti.
Per le popolazioni è una bellissima notizia anche se i genitori di chi potrà permettersi di frequentarle sanno bene che ci saranno ulteriori gravami economici sull’intera famiglia tra tasse scolastiche e spesa per la divisa.
Perché lo studiare in Africa costa. E costa, come ben sappiamo, parecchio anche.
Ecco , allora, che ciò (il sacrificio degli adulti) sarà per la gioventù nubiana una spinta aggiuntiva a fare necessariamente bene.
I nostri giovani invece, i virgulti debolucci di casa nostra,tutti diritti e quasi niente doveri, di cui facciamo quotidiana esperienza quando c’imbattiamo in essi, e ci degnano con tollerante sufficienza della loro attenzione, i quali questi valori li hanno già messi ben bene al riparo nel dimenticatoio, vista l’aria che attualmente soffia (il nostro Paese e l’Europa tutta sono un po’ in panne), farebbero bene, forse, a disseppellirli e ad aprire, a partire dall’autunno prossimo, qualche libro di più.
Che ne dite?
L’esempio “estremo” dei nubiani può essere calzante allo scopo sempre ,però, se si hanno occhi aperti e orecchie, che hanno intenzione di ascoltare.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
Inviato il 27 agosto a 16:27
Hai ragione Marianna, purtroppo l'avere dimenticato il senso del sacrificio e l'importanza dello sforzo personale sono alcune delle spiegazioni della terribile crisi che ci sta investendo, che è la crisi di un popolo rammollito e viziato. tanti auguri ai Nuba e speriamo anche noi di trovare le risorse per reagire