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Monuments Men

Creato il 24 settembre 2013 da Tiziana Zita @Cletterarie

mm-1Ci sono storie che fanno la Storia. E ci sono epoche che sono piene di questo genere di storie. La Seconda Guerra Mondiale è una di queste. Forse per le sue proporzioni globali, o forse più semplicemente perché in guerra si rivela sempre il meglio e il peggio dell’umanità. Le storie narrate da Robert M. Edsel nel suo splendido e toccante Monuments Men sono decisamente di quelle che plasmano la Storia, anzi, la salvano. Gli eroi del titolo erano un esiguo gruppo di soldati che dal 1943 al 1951 servì nella sezione Monuments, Fine Arts and Archives (MFAA) dell’esercito alleato. All’inizio il loro compito era quello di limitare i danni a monumenti ed opere d’arte durante i combattimenti, ma con l’avanzare del conflitto e delle truppe alleate in Europa, la loro missione si fece più mirata e impossibile…

Hitler aveva messo a punto un progetto folle e megalomane, straordinariamente organizzato, a margine della sua visione del Terzo Reich. Come scrive Edsel, si trattava del “Fuhrermuseum, il più spettacolare museo della storia, arricchito dai tesori di tutto il pianeta”, situato a Linz, sua città natale, che “avrebbe dato alla sua ricerca un fondamento logico e definitivo”. Per attuare tale progetto, la potente e implacabile macchina nazista si mise subito in moto. Man mano che l’Europa cadeva, nazione dopo nazione, sotto la loro bandiera, i tedeschi razziarono i maggiori capolavori artistici di ogni paese, archiviandoli e spedendoli in segretissimi bunker sotterranei, o in luoghi idilliaci e significativi come il castello di Neuschwanstein in Baviera, capolavoro ottocentesco della fantasia di Ludwig il Pazzo. Si tratta di un maniero da fiaba (che ha ispirato i disegnatori della Disney per il castello della Bella addormentata) i cui ennesimi lavori di restauro si sono tra l’altro da poco conclusi.

Castello-Neuschwanstein
I Monuments Men avrebbero dovuto rintracciare questo patrimonio disperso, inseguendone le tracce con un lavoro di intelligence sul campo: insomma si trattava di riprendere le opere per poi poterle restituire ai loro paesi d’origine. Tanto per avere un’idea della difficoltà della missione, a fronte di decine di migliaia di opere d’arte di cui si erano perse le tracce c’erano, nei primi mesi dopo lo sbarco in Normandia, meno di dieci uomini, che sarebbero diventati sessanta alla fine delle ostilità. Edsel, che si ripropone di dedicare un altro libro al lavoro della MFAA in Italia, ci avvisa che alla fine della guerra, nella nostra penisola così ricca d’arte erano attivi solo ventidue uomini.
Il racconto dello storico è avvincente e romanzesco, ma i momenti più ironici o commoventi sono storicamente documentati. Come quando il mitico Generale Patton, capo della 7° Armata, all’indomani dello sbarco in Sicilia si trovò di fronte alle rovine di Agrigento e domandò a un uomo del posto:
“Non è stata la mia armata a fare questi danni, vero?”
L’uomo rispose: “No, signore, sono stati fatti durante l’ultima guerra”.
“E che guerra era?”
“La seconda guerra punica”.
Ecco, in mezzo ai drammi su vasta scala della Seconda Guerra Mondiale, le vicende degli otto uomini seguiti da Edsel potrebbero sembrare marginali, forse persino aneddotiche. E invece, mano a mano ci si rende conto di come siano stati fondamentali per la storia, per l’arte e la cultura dell’Occidente. Basta pensare a Rose Valland, l’unica donna del gruppo: non un soldato, ma altrettanto dedita alla causa. Nella Parigi occupata dai tedeschi lavorò al Jeu de Paume, museo collegato al Louvre, memorizzando, quando non ricopiando di nascosto, tutte le informazioni relative a sequestri e spostamenti delle opere d’arte che passavano di lì. Visitando il Louvre si possono additare i capolavori che sono stati salvati grazie al suo paziente e rischiosissimo impegno che, tra l’altro, ispirò il film Il treno del 1964, con Burt Lancaster e Jeanne Moreau.

Primavera
Quanto ai Monuments Men veri e propri, erano un gruppetto di americani più un inglese, tutti professionisti nel mondo dell’arte. A partire da quelli che più di tutti vollero e ottennero l’impegno del governo degli Stati Uniti nella salvaguardia del patri- monio storico-artistico dell’Europa da liberare: il tenente comandante James J. Rorimer e il pari grado George Stout. Il primo, specializzato in arte medievale, nonostante la giovane età era conservatore del Metropolitan Museum di New York, dove in futuro sarebbe diventato una figura chiave. Il secondo, veterano della Grande Guerra, uno dei più lungimiranti pionieri nell’ambito della conservazione dei beni artistici, attivo nel Fogg Art Museum di Harvard, aveva firmato già nel 1942 un opuscolo intitolato Protection of Monuments: A Proposal for Consideration During War and Rehabilitation. La modernità e la lungimiranza dei principi cui s’ispirava l’azione di Stout, Rorimer e della MFAA appaiono difficilmente comprensibili se non alla luce della profonda consapevolezza del valore dei beni che ambivano a tutelare.

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”Le opere d’arte non sono come diamanti. Per quanto prezioso, un diamante è sempre sostituibile con un altro simile. Ma la Monna Lisa o la Cappella Sistina sono creazioni insostituibili. I loro autori sono morti e nessuna somma di denaro potrebbe mai ricomprarle”: così il Generale Wilson, Comandante supremo degli alleati nel Mediterraneo, riassume il senso del compito essenziale della MFAA, con la pregnante brevità del soldato e con buona pace dei dubbi di Walter Benjamin de L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica.

La perdita di opere come la prima versione del San Matteo e l’angelo di Caravaggio, andato a fuoco durante la caduta di Berlino, dovrebbe essere

Monuments Men
sufficiente a renderci per sempre riconoscenti a questi uomini che hanno salvato la nostra memoria dalla distruzione totale programmata da Hitler, che avrebbe voluto che nulla gli sopravvivesse. E la scrittura di Edsel, misurata e partecipe, rende finalmente giustizia a vicende di cui ci si è purtroppo dimenticati troppo presto, dosando sapientemente l’accuratezza del saggio storico con l’andamento appassionante di un film.
Non a caso un attore e regista impegnato come George Clooney ne ha comprato i diritti appena uscito. L’omonimo film che ne ha tratto, in uscita in Italia a gennaio, riunisce un cast stellare nel quale lui si riserva il ruolo di Stout – al quale obbiettivamente e sorprendente- mente assomiglia. Così non resta che aspettare di vedere all’opera Matt Damon, Cate Blanchett, Jean Dujardin e persino lo Hugh Bonneville di Downton Abbey (Robert Crawley, Conte di Grantham) in lotta con l’ottusa burocrazia militare e i perfidi nazisti, mentre cercano di salvare Michelangelo e Vermeer.
Intanto guardiamoci il trailer e ricordandoci, con le parole di Stout, più che mai attuali, che “Dobbiamo proteggere gelosamente tutto ciò che abbiamo ereditato da un lungo passato, tutto ciò che siamo in grado di creare in un presente difficile e tutto ciò che siamo determinati a preservare per il futuro”.

Se volete saperne di più ecco due siti interessanti:
Monuments Men Foundation e Monuments Men


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