Monuments men, un monumento alla noia

Creato il 07 maggio 2014 da Cannibal Kid
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Monuments Men (USA, Germania 2014) Titolo originale: The Monuments Men Regia: George Clooney Sceneggiatura: George Clooney, Grant Heslov Ispirato al libro: Monuments Men. Eroi alleati, ladri nazisti e la più grande caccia al tesoro della storia di Robert M. Edsel e Bret Witter Cast: George Clooney, Matt Damon, Bill Murray, John Goodman, Jean Dujardin, Hugh Bonneville, Bob Balaban, Cate Blanchett, Dimitri Leonidas, Alexandre Desplat Genere: military comedy Se ti piace guarda anche: Storia di una ladra di libri, La vita è bella, Bastardi senza gloria
A dispetto del titolo ingannevole, Monuments Men non è la storia di un gruppo di uomini che di professione fanno le statue, come questo qua…

Monuments Men racconta invece le vicende di un gruppo di uomini valorosi che, nel corso della Seconda Guerra Mondiale, anziché salvare vite umane decisero di voler salvare le opere d’arte. Quel birbante di Hitler aveva infatti rubato un sacco di cimeli artistici e li aveva fatti nascondere in attesa di piazzarli nel suo museo personale. Nel caso in cui lui venisse ucciso, il Fuhrer aveva dato l’ordine di distruggerli tutti. L’ammericano George Clooney arruola così una squadra di esperti d’arte, soprannominati Monuments Men, per andare nella vecchia Europa a recuperare quante più opere possibili.

Chi chiama a far parte del suo team? Embè, naturalmente la prima scelta è lui, il massimo esperto d’arte mondiale: Vittorio Sgarbi, che però rifiuta con i suoi soliti modi cortesi.

Dovendo rinunciare a malincuore a Sgarbi, George Clooney convoca allora il suo amichetto Matt Damon, più un gruppo variegato formato da Bill Murray, che dovrebbe essere il simpa di turno ma invece è meno simpa del solito, da John Goodman, che una buona forchetta ci sta sempre bene soprattutto in Europa, da Jean Dujardin, perché è un po’ il Clooney francese, da Hugh Bonneville, poiché a quanto pare George è un fan di quella lagna di Downton Abbey, e da Bob Balaban visto che, a parte Wes Anderson, non se lo fila mai nessuno. Il Dream Team di attori esperti d’arte americani, dopo un rigido addestramento militare stile Full Metal Jacket (insomma, più o meno…), sbarca in Normandia. Dalla scena del loro arrivo in Europa, possiamo capire che i toni del film sono molto differenti ad esempio da un Salvate il soldato Ryan di Steven Spielberg. Il modo in cui i magnifici sette affrontano la missione è giusto un filino più sciallato rispetto a quello di Tom Hanks e compagni, che tra l’altro in quell’occasione dovevano salvare il culetto al prezzemolino Matt Damon.

"Bella raga, era dai tempi delle gite al liceo che non mi divertivo così.
Dovremmo andare in guerra più spesso!"


La pellicola di George Clooney fondamentalmente è una commedia. La rappresentazione che qui viene data del secondo conflitto mondiale piuttosto che Salvate il Soldato Damon Ryan ricorda i toni fiabeschi dello Spielberg di un altro film e di un’altra guerra: la World War I del terribile War Horse. Siamo un po’ anche dalle parti del recente Storia di una ladra di libri o, se vogliamo, addirittura de La vita è bella del Benigni. Monuments Men è una pellicola bellica all’acqua di rose, senza sangue, senza violenza, senza l’atmosfera sporca e pericolosa di una guerra. Si tratta sicuramente di una scelta voluta da parte del Clooney, però allo stesso tempo è una scelta discutibile. Non è che il bel George, ora che ha deciso di mettere la testa a posto e sposarsi con l’avvocatessa Amal Alamuddin, si è addolcito troppo?

Dopo un film che dava una rappresentazione spietata della politica come Le idi di marzo, nel suo nuovo lavoro da regista Clooney ha optato per una gran bella storia vera, di quelle positive. Monuments Men è un film classico, d’altri tempi, e da questo punto di vista riesce anche a farsi apprezzare. La partenza poi è pure buona, grazie a una presentazione senza troppi fronzoli dei personaggi e grazie a una sceneggiatura ravvivata da qualche ottima battuta vecchio stampo tipo:
“Ora sono astemio.” “Da quando?” “Dalle 9 di stamattina.”
Più passano i minuti, però, e più il film non riesce a crescere di ritmo. Si può anzi dire che questo è un film dai ritmi sonnacchiosi per gran parte della sua durata. Le missioni dei vari Monuments Men che vanno in giro per l’Europa a recuperare opere si sviluppano in maniera banale, con qualche momento drammatico che non riesce a risultare particolarmente emozionante e con qualche gag più o meno comica che non fa troppo ridere, ma che se non altro consente di destarsi dal dormiveglia in cui si era inevitabilmente finiti. La classicità a cui ambisce Clooney finisce così per trasformarsi in prevedibilità. Tutto procede senza grossi scossoni, con l’attore/regista che ritaglia qualche momento importante per ogni personaggio, ovviamente anche per se stesso, senza però che nessuno spicchi in maniera particolare. Nonostante i grandi nomi del cast, tutti appaiono parecchio spenti e anonimi, i super divi Clooney e Damon in testa, ma anche l’unica femmena della pellicola, Cate Blanchett. Il problema principale di questo film è che è pure troppo impeccabile nella messa in scena, con nessuno degli attori che compare mai con un capello fuori posto e con le ambientazioni che appaiono finte, ricostruite in studio. L’insieme rimane freddo, senz’anima. Come la copia di un’opera d’arte.

"Oh, finalmente Amazon m'ha mandato la copia di Call of Duty che avevo ordinato.
Tutta questa guerra reale cominciava a stufarmi..."


A mancare sono quindi le emozioni, così come le sorprese. Monuments Men è in pratica l’esatto opposto di Bastardi senza gloria. C’è persino una scena con un tedesco delle SS che viene “braccato” dagli americani per aver nascosto dei quadri in casa sua che sembra una versione a parti invertite degli interrogatori del colonnello Hans Landa nella pellicola di Quentin Tarantino. Laddove quest’ultimo si divertiva a riscrivere la Storia alla sua maniera, Clooney si limita a raccontare la vicenda in maniera professionale quanto piatta, come un professorino liceale. Il suo film ci regala anche un paio di bei momenti, ma nel complesso è parecchio moscio e dimenticabile. Una nota di demerito la merita poi la scena finale, così smielata che farebbe venire un attacco di diabete a Winnie the Pooh.
George, così non si fa, nemmeno Spielberg avrebbe osato tanto.

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