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Morale o libertà? Solo cultura

Creato il 28 febbraio 2011 da Cultura Salentina

di Victor Ausel

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Una società di persone è caratterizzata da principi unanimemente condivisi e accettati. Il valore di questi precetti, senza alcuna formulazione giuridica, è insito nella capacità di dettare regole utili a dirigere le libertà umane. La libertà di ognuno si fonda sulla limitazione delle libertà altrui e, nella società, la morale si aggiunge agli strumenti di controllo atti a limitare e arginare alcuni comportamenti sociali.

I precetti morali, tuttavia, trovano legittimazione solo in una società che condivide credenze, usi e costumi e, pertanto, la moralità di un popolo può corrispondere all’immoralità di un altro. In un mondo sempre più globalizzato, dove la libera circolazione degli individui porta alla nascita di popolazioni sempre più miste, la morale di una società tende o a limare i suoi tradizionali e sacri principi oppure a inibire ogni elemento portatore di novità. L’apertura della società verso una revisione dei suoi caratteri morali, senza dimenticare i retaggi culturali dalla quale proviene, porta all’evoluzione dei rapporti tra individui “diversi” che, pur mantenendo una loro identità, equilibra e garantisce la libertà di tutti.

Sostanzialmente, quindi, la libertà può garantirsi solo se l’uomo si svincola dalla moralità assoluta ma allo stesso tempo la moralità deve svolgere la sua funzione regolatrice per garantire il rispetto delle libertà umane. Non c’è moralità senza una società di uomini liberi, non c’è libertà se la moralità si sostituisce ad essa.  La moralità, in società sempre più tecnologiche e fredde nei rapporti umani, perde costantemente il suo valore e pertanto il mancato esercizio della sua funzione equilibratrice e garantista delle libertà porta verso un’anarchia di principi che tende ad annullare la linea di demarcazione tra il consentito e il non consentito. Una società senza morale è sostanzialmente libera ma la libertà non è equamente garantita.

Per tale motivo la libertà è proporzionale alla forza dell’individuo ossia essa è tanto più vasta quanto maggiore è la ferocia con la quale reprime le libertà altrui. La morale è, invece, tanto più repressiva delle libertà quanto maggiore è la sua influenza sull’uomo. Morale e libertà non possono dunque rendersi indipendenti ma coesistere in una stessa società senza che nessuna domini sull’altra. La morale, a differenza di una legge giuridica, colpisce l’uomo nella coscienza e fa di esso uno strumento capace di interrogarsi sulla correttezza di una certa limitazione e sulla valenza di un certo principio.

Oggi interrogarsi se sia lecito che un uomo sposi due donne perché musulmano in una società profondamente cattolica, se sia lecito che una sedicenne vada con un settantenne anche perché la maggiore età deve essere probabilmente abbassata, che prostituirsi sia una forma di lavoro come tante se non sfruttato dalle mafie, che si può procreare anche in provetta, che si può fare l’amore anche solo per esigenza fisica ecc. sono questioni morali che vanno affrontate non con i vecchi canoni dell’ostracismo religioso quanto invece con una sana riflessione su ciò che la revisione moralistica potrebbe apportare a garanzia di nostre maggiori libertà. La morale non deve mai interferire con il principio del rispetto umano e della dignità della persona perché essa diverrebbe uno strumento immorale per screditare l’uomo.

Essere moralisti è abbastanza difficile e pertanto, pur non condividendo i modi e condannando i metodi per esulare dalle responsabilità morali, credo che oggi l’Italia abbia bisogno di ritrovare se stessa guardandosi indietro. Studiare i nostri eroi che morirono per la Patria, ricordare gli eventi che ci portarono alla libertà di parola e di stampa e tutto ciò che è un effetto della libertà può assumere valore e spessore morale solo in presenza di una cultura robusta e di un’etica vera.


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