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Morbosità e Cinema: un secolo di storie turpi. Intervista agli autori Giulio De Gaetano e Melania Colagiorgio

Creato il 09 novembre 2015 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma
Morbosità e Cinema: un secolo di storie turpi

Morbosità e Cinema: un secolo di storie turpi è un compendio personale di cinema estremo, tra sesso, violenza e perversioni varie. Senza voler fare un elenco di film, gli autori raccontano diverse stagioni del cinema soffermandosi su opere che hanno o avrebbero dovuto o potuto fare scandalo in quel determinato periodo della storia cinematografica. Parliamo del progetto con gli autori Giulio De Gaetano e Melania Colagiorgio.

1. Come mai è stato spontaneo accostare il sesso con la violenza, nel vostro progetto?

[Melania] Il dolore cattura la nostra attenzione, ci mette in relazione con il mondo, ci rende deboli e indifesi, capaci di aprirci meglio all’esperienza del piacere che diventano più intensi. Sia per la reazione chimica che si crea tra le endorfine sia per l’intrigo psicologico che si innesta quando una persona prova paura o sente dolore. Immagina la gioia dei polmoni che si aprono all’aria dopo essere stato in apnea. È un piacere molto più intenso del semplice respirare. Il dolore costruisce il piacere. E massima espressione di piacere è la sessualità.

In passato mi sono già occupata di un determinato tipo di letteratura, secondo il quale il Dolore = Piacere, ed è stato abbastanza estemporaneo unire questo interesse al mondo cinematografico, il materiale non ci mancava certo

[Giulio] Sesso e violenza sono due elementi che possono essere scindibili ma che, inquadrandoli sotto la lente della pura istintività, possono convergere in armonia. Armonia drastica, feroce, repentina ma sempre “armonia”. Pensa a quell’attimo in cui perdi cognizione di te stesso lasciandoti andare, in cui le mani si muovono lungo la schiena del partner e magari stringi senza pensare, ottenebrato dai fumi dell’impeto: questo è sesso o violenza?

2. Nel vostro saggio vengono citati innumerevoli titoli e autori. Vorrei ne citaste cinque che suggerite allo spettatore di procurarsi.

[Melania] Penso che ogni film abbia una storia a sé, e mi piace dare una possibilità ad ogni pellicola, ma se devo prenderne 5 a manifesto del libro sicuramente non posso trascurare Salò e le 120 Giornate Di Sodoma, contenitore di tutte le pulsioni e repulsioni che uno possa desiderare, ma allo stesso tempo espressione di quella libertà e di quel potere che consentono di metterle in atto. Né posso dimenticare uno dei primi film a spogliare il corpo della protagonista e la mente dello spettatore da tutti i tabù e pudori, Behind the Green Door di Jim e Artie Mitchell. Seguito poi da Hardgore e i film di Cronenberg.

[Giulio] Sono fortemente influenzato dal cambio di stagioni che comporta un diretto cambio di umore, per cui mi sarebbe più semplice definire il titolo meritevole nel determinato lasso temporale in cui l’ho visto (e vissuto). Staccandosi da forme di preferenza stagionale, non posso prescindere dal citare: Salo’ o Le 120 Giornate Di Sodoma di Pier Paolo Pasolini (anche in concomitanza con la polemica suscitata dalle frasi di Muccino) per la sua vividezza destabilizzante, Blue Movie di Alberto Cavallone per la sperimentale ricerca del disturbo e L’ultima casa a sinistra di Wes Craven per la documentaristica discesa in un inferno quotidiano. Consiglio poi di cercare le imprese di body artists come Vito Acconci e godersi l’ironia di Gang bang di Chuck Palahniuk.

3. La fruizione del sesso e della violenza è variato notevolmente rispetto al passato, per via della rivoluzione di internet. Di conseguenza la morbosità stessa ha subito delle modifiche. In che maniera, secondo la vostra opinione?

[Melania] Non è un caso, infatti esserci fermati al 1999. Internet ha rivoluzionato la fruibilità di certe pellicole, eliminando o quantomeno dilatando il significato di morbosità, erotico, proibito. Tutto sembra essere dì di fronte a noi, dietro a pochi click. E’ andato perduto l’intrigo, il desiderio ardente, la stessa morbosità ormai si è allontanata dalla dimensione sessuale. Non basta più. C’è una sorta di assuefazione, che spinge i limiti della violenza e della fame di violenza.

[Giulio] Globalizzazione significa anche (ri)circolo di informazioni quanto immagini, nella forma statica della foto quanto dinamica del video. Internet è una miniera così profonda da poterci immergere senza mai vedere la fine oppure, cambiando metafora, una borsa di Mary Poppins dove infilare le mani e pescare quanto desiderato o meno. “Fruire”, quindi, è diventato col tempo sinonimo di “sfiorare distrattamente”, senza effettivamente “saggiare” (e sudare per ricercare) quanto voluto. Velocità e sovrabbondanza di ricerca, golosità ma assenza di palato.

4. Freudianamente parlando, il sesso è alla base della psiche umana. È possibile considerare quindi il cinema erotico come una summa più profonda della rappresentazione umana? Perché?

[Melania] Una domanda che mi fa un po’ sorridere. Parlando con una mezza dozzina di registi citati nel libro, è venuta fuori la stessa domanda. Tutti loro hanno dato la stessa risposta laconica e abbastanza insoddisfacente. Si trattava di una mera rappresentazione della società in cui vivevano. Probabilmente era una risposta costruita ad hoc per giustificare film non sempre apprezzati dal pubblico o dalla critica.

La mia idea personale è che ogni forma d’arte, o ogni lavoro creativo ha alle spalle una propria esperienza. Un artista cerca sempre di esprimere la propria storia, i propri sentimenti o  comunque non può prescindere da lasciarne le tracce. Il sesso a mio parere è uno degli elementi più forti. Una solitaria passeggiata in città mi basta per aver le prove di quanto il sesso sia onnipresente nella mente degli uomini. (esseri umani). In fin dei conti sono due gli elementi che muovono la società il sesso e i soldi. E determinato cinema ne è la rappresentazione, quella probabilmente meno bugiarda e più aderente allo stato delle cose

[Giulio] citando John Barrymore: “Il sesso è la cosa che richiede la minor quantità di tempo e provoca la maggior quantità di guai.” Questa sorta di autolesionismo non può che trovare giusto sazio nelle forme di comunicazione (social, messaggistica istantanea, … ) e di “fruizione” (vedi sopra).

5. Come spieghereste l’approccio estremamente profondo del cinema asiatico, in particolare Giapponese e Sud Koreano, nei confronti dell’erotismo?

[Melania] Restringendo il campo strettamente all’erotico Giappone e Korea hanno fatto di questa branchia del cinema una rappresentazione intrigante, pulita. Il Giappone in particolare ha sviluppato una vera e propria cultura dell’Hard. Mai volgare, suadente e ammiccante. Per anni il sesso è stato considerato un mezzo per ricercare benessere e sintonia tra corpo e spirito. In Giappone in questi ultimi tempi sta attraversando una sorta di crisi sessuale, pare infatti che le ragazze non siano più interessate al sesso, perché finora fatto esclusivamente per il benessere maschile. Questo ha comportato non solo problemi di natalità, ma anche allontanamento nei rapporti sociali. Una delle più importanti attrici porno giapponesi Ai Aoyama, ha svestito i panni di dominatrice per diventare terapista sessuale; la stessa ci racconta come sia cambiato l’uomo giapponese nel rapportarsi al sesso. Per qualcuno di loro guardare un cartone animato è più eccitante del toccare un altro corpo. E così mentre da un lato abbiamo splendidi libri e suadenti canti, affreschi a tema sessuale espliciti ma incantevoli dall’altra abbiamo Gigi la Trottola (Dasshu Kappei) che sbircia sotto le gonne delle ragazze. Differente il discorso Koreano. In Korea c’è un dualismo che non si limita alla divisione politica e geografica. Tra i ragazzi del sesso opposto esistono regole precise, riti e convenevoli secondo i quali il sesso è un tabù, ovviamente da rompere. Le ragazze hanno ancora il dovere sociale di aspettare il matrimonio, e sicuramente il ragazzo pretende di essere il primo a mettere le mani e il resto tra e gambe della ragazza. Ma d’altro canto, le regole sono fatte per essere violate e quindi ogni modo è lecito Gli Host club sono in aumento e destinati a entrambi i sessi, il turismo sessuale e quant’altro. Penso che anche i registi di genere in Korea siano spinti dalla rabbia, dalla voglia di ribellione, dalla pura e santa voglia di trasgredire tant’è che questi film sono annoverati tra i più violenti di questi ultimi tempi.

[Giulio] La routine del giapponese medio ben figurano uno status psicologico che inizia a forgiarsi da bambino, e che prosegue senza tregua sino all’età adulta. La competitività, il profondo rispetto, la compostezza come altri elementi similari, descrivono un mood che non può farci pensare che ad un popolo logorato da una sorta di pudicizia auto-imposta, lì covata zitta zitta pronta per deflagrare in una sacrosanta eiaculazione. O dovremmo chiamarla liberazione? Cito la censura degli organi genitali per far capire come la castrazione visiva (e morale) costante, non possa che sussurrare alla parte del cervello che controlla i bassi impulsi paroline lussuriose e, a forza di ascoltarle … Riguardo la Corea del Sud la situazione non è esattamente la medesima, consideriamo la vicinanza alla dittatura del Nord o all’esplosione economica negli anni sessanta che ne hanno mutato la geopolitica. Dimenticando poi le vicissitudini storiche ed il tedio delle righe precedenti, prendiamo film come Bedevilled o Bad guy, sono auto-esplicativi.

6. Come mai, secondo voi, la storia del cinema erotico non ha avuto poi così tanti titoli di culto? Ne citereste cinque che abbiano raggiunto una fama che vada oltre gli amatori del genere?

[Melania] Non credo sia vero. Il cinema erotico ha molti titoli di culto. Semplicemente per anni è stato fatto e non detto. Mi spiego meglio, Non sono poi così lontani gli anni in cui l’erotico faceva scalpore. Guardare un porno faceva di te un pervertito, ed era la massima trasgressione che i ragazzetti potevano permettersi. Ricordi gli occhi ingordi delle persone mentre leggevano la notizia dell’imminente uscita di Ultimo Tango a Parigi o Basic Instinct? Film tutto sommato non così espliciti ma erano e sono considerati ancora trasgressivi. E titoli come Histoire d’o, I racconti di Canterbury, o Crash, restano fermamente incisi nella mente di molti, così come L’impero dei Sensi, Gola Profonda se vogliamo esulare dal genere erotico

[Giulio] Anche restando nel filone dell’erotico, mi sembra riduttivo dire che non siano stati eiettati nell’atmosfera dei film la cui aura si è sollevata dal marasma dell’underground. Senza starci troppo a riflettere, penso alle seghe su film come Salon Kitty, oppure all’immaginario devastante per la psiche rimpolpato dal ciclo di Super/ultra Vixens; volteggio con un sorrisino pensando agli spettatori che si son goduti il lavoro di bocca (o di gola?) di Linda Lovelace e non cito gli spettatori degli anni settanta perché casa che vai, vhs (usurata) che trovi; ricordo la locandina di Porno Holocaust e l’affannosa ricerca delle varie versioni ai tempi degli scambi di vhs. Certo, quest’ultimo erotico nel senso stretto del termine non lo è, ma maliziosamente morboso al punto giusto sì. Se, invece, vuoi affacciarti al mondo dell’erotico d’autore, la pletora di titoli che hanno infranto l’immaginario collettivo si estende ancor di più. Senza neanche il bisogno di esplicitare i titoli pensa all’accavallamento di gambe di Sharon Stone, alla passione tra Lulù e Pablo, al ghiaccio e alle ciliegie sotto le note di You Can Leave Your Hat On di Cocker o ai recenti due capitoli incentrati su Joe “con tre colpi davanti, e cinque dietro, e un gran male”.

7. Attraverso la fruizione dell’erotismo come una forma d’arte complessa, quale è il cinema, come personalmente pensate si debba vivere la sessualità. C’è un film in particolare che rappresenta la vostra sessualità e se si quale?

[Melania] Ti rispondo ad occhi chiusi. L’impero dei sensi identifica molto il mio modo di vivere la sessualità. Giapponese guarda caso, per di più basato su una storia vera. Due persone avide l’uno dell’altra estremamente carnale, in cui la necessità di unirsi diventa un bisogno così impellente da non darsi nemmeno il tempo di trovare un luogo consono. E si ritrovano l’uno dentro l’altro a tavola sotto gli occhi degli altri, senza limiti soprattutto mentali. Decisamente il mio film in questo contesto, senza condizionamenti e limiti senza paure e fino ad oggi senza fare mai male a nessuno (a meno che non espressamente richiesto…)

[Giulio] Innanzitutto bisogna viverla. Partiti da questo (sacrosanto) presupposto, cito il David Cronenberg di Videodrome non tanto per la componente di mutazione della carne, ma per quella di compenetrazione della stessa dietro l’occhio voyeuristico della telecamera.

Gianluigi Perrone



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