Editoriale di Laura Marabelli
Prima ancora dei nostri genitori, siamo figli e figlie delle storie che ci raccontano.La nostra percezione della realtà passa, infatti, anche attraverso le parole che sentiamo e leggiamo.Parole spesso artefatte. Strumentalizzate.Ci hanno sempre detto che l'amore è bello, che dire "ti amo" è una bella parola.La usano i poeti, gli innamorati, le persone che si vogliono bene.Ma spesso in nome dell'amore, si fa del male, si fa soffrire.Per amore si offende, si ferisce, si vendica, si tradisce, si arriva ad annullarsi fino ad uccidere l'anima.A volte si arriva ad uccidere davvero.Per amore si muore! E non è un ossimoro.Siamo talmente assuefatti da ogni problema "d'amore" che ascoltiamo ogni giorno, che lo banalizziamo, così è più facile assolvere e assolverci, negando che invece riguarda tutti, che potrebbe riguardarci, diventando di fatto complici, responsabili....una madre forte ed esemplare, un marito gran lavoratore, un figlio devoto, un nipote studioso, una famiglia tanto unita da essere invidiata da tutti...Quante volte abbiamo sentito queste parole? L'illusione purtroppo inizia da qui, da questa sedicente perfezione.Non voglio parlare nello specifico di femminicidio, violenze, abusi, nè di ordinarie, ma non meno gravi, crisi coniugali, non ne ho le competenze.Voglio, invece, fare una riflessione sul cattivo uso delle parole, sulla loro idealizzazione, poichè sono profondamente convinta che sia anche attraverso questo che una storia d'amore possa evolvere trasformandosi o finire, ma di sicuro in modo pù sano.E che finalmente quell'ultimo capitolo, quel "vissero felici e contenti" non sia più scritto, perchè non è mai realmente esistito.Siamo figli e figlie delle storie che ci raccontano, non siamo obbligati a crederci.Partiamo da qui e forse andremo un pò più lontano.