La notte illune non lo condusse
al sogno, ma al placido
riposo del fanciullo, inopinato
sonno che lo colse inerme,
mentre seguiva ormai perdute
orme, una svanita scia.
All’asciutto lasciato in coperta,
nella prora del natante pneumatico,
la sciabordante culla approfondiva
il sonno infecondo del visionario
in erba. La costa era un accenno
appena, un tratto di matita distinto
a stento dalle tenebre; l’olio
del mare pareva esortare il selenico
chiarore a disegnare cangianti
sentieri, ma non sedusse l’astro,
che il mensile riposo era sacro.
Più giù, le lenze assecondavano
la famelica veglia della zebrata
preda e di altri destinati in salamoia.