Caso Moro: le rivelazioni di Vitantonio Raso e le responsabilità di Francesco Cossiga
Aldo Moro. Piano ” Mike ” e piano ” Victor“. Apparentemente stiamo accostando il nome dell’ ex presidente della democrazia cristiana assassinato nel 1978 con due nomi propri maschili di puro stampo yankee. Un accostamento che , apparentemente, non avrebbe nessun significato. In realtà Mike e Victor erano due nomi in codice che stavano a significare piano “morto” e piano “vivo“, ed erano due piani proprio inerenti a quello che poteva essere l’epilogo del calvario di Aldo Moro nella primavera del 1978.
Questi due piani vennero architettati da Francesco Cossiga, allora ministro degli interni, durante i giorni del rapimento di Moro. Cossiga descriveva in queste due impostazioni quali provvedimenti si sarebbero dovuti prendere nel caso Aldo Moro fosse stato rilasciato dalle Brigate Rosse o se, come purtroppo avvenne per lo statista democristiano, fosse stato ucciso. In questi lunghi 35 anni passati da quel tragico 9 Maggio 1978, data del ritrovamento del corpo di Aldo Moro in via Caetani si è spesso discusso per molto tempo sui tanti, troppi interrogativi che ancora avvolgono l’“affaire Moro”. Cossiga parlò pubblicamente di tutto questo solo nel 1993, affermando che anche la magistratura era a conoscenza dei piani Mike e Victor.
Dichiarazioni che vennero duramente criticate dall’ ex senatore del Pci Sergio Flamigni, membro delle commissioni parlamentari di inchiesta sulla P2 e sul rapimento Moro. Flamigni dichiarò : “Cossiga nulla disse alla commissione d’inchiesta circa i piani ‘Mike‘ e ‘Victor‘, pur essendo tenuto a riferire qualsiasi iniziativa del suo ministero e del governo in merito al caso Moro. Quei due fogli dattiloscritti dei piani ‘Mike‘ e ‘Victor‘ di cui Cossiga parla soltanto oggi non furono mai consegnati alla commissione parlamentare, ne’ si ritrovano tra gli atti giudiziari trasmessi dalla Procura della Repubblica che, secondo Cossiga, tali piani aveva predisposto. Neppure il procuratore capo De Matteo e il procuratore generale Pascalino dissero alcunche’ durante le loro deposizioni davanti alla commissione”.
Il ruolo avuto da Cossiga in quei tragici 55 giorni sta tornando oggetto di discussione in questi giorni, dopo l’intervista rilasciata dall’ antisabotatore Vitantonio Raso al sito vuotoaperdere.org. Raso afferma che lui ed il suo collega Giovanni Circhetta arrivarono in via Caetani e controllarono la Renault 4 rossa che conteneva il cadavere di Moro intorno alle ore 11 del mattino. È una rivelazione che contrasta nettamente con quella che è sempre stata la versione ufficiale dei fatti. Infatti la presenza della Renaut 4 a Via Caetani era stata scoperta ufficialmente solo dopo le ore 12 13, ora in cui il brigatista Valerio Morucci telefono al prof. Trittoper comunicare dove potrà essere ritrovato il corpo di Aldo Moro.
Ma vi è un altro elemento sorprendente nella parole di Raso. Con loro, dopo le ore 11.00 in via Caetani, era giunto anche il ministro degli interni Francesco Cossiga. Raso afferma testualmente “Riconobbi il capo della Digos romana Domenico Spinella, il comandante del nucleo investigativo dei Carabinieri Colonnello Cornacchia, e il Ministro Cossiga. Mi rendo conto che è passato molto tempo, ma sarebbe importante collocare questo incontro temporalmente… Non era passato molto tempo da quando ero arrivato sul luogo, una decina di minuti”.
Erano quindi quasi le 11.15, un’ora prima della telefonata di Morucci. Cossiga, quindi, stando a quello che racconta Raso, sapeva benissimo quale era stato l’epilogo della vicenda Moro prima di tutti. E lo sapevano anche coloro i quali lo accompagnavano: Domenico Spinella e il colonnello Cornacchia. Quest’ ultimo, lo ricordiamo, risulterà essere iscritto alla loggia della “Propaganda due”, meglio nota come P2. Come mai Cossiga non parlerà mai di tutto questo? Perché nascondere all’opinione pubblica che il ministero degli interni era già a conoscenza della sorte di Moro prima della telefonata delle Brigate Rosse?
Forse a questi nuovi punti interrogativi vi potrebbe essere una chiara risposta. La mattina del 9 Maggio 1978 Cossiga non sapeva ancora se applicare il piano Mike o il piano Victor. Insomma, non sapeva se Aldo Moro sarebbe stato liberato oppure ucciso. E forse ha voluto constatare di persona, prima di tutti, l’avvenuto eccidio, per avere la certezza di applicare il cosiddetto piano Mike. Il piano Victor prevedeva, invece, l’internamento di Moro in una clinica psichiatrica, e tutte le su dichiarazioni sarebbero state fatte passare per parole fatte da una persona “psicologicamente instabile”. Questo perché in molti temevano le scomode dichiarazioni che Moro avrebbe potuto fare dopo la sua prigionia.
In ogni caso sono nuovi punti interrogativi che si aggiungono a già tanti presenti nell’ intera vicenda, e che rendono sempre più forti i nodi che avvolgono la verità sui quei 55 giorni. Sciogliere quei nodi diventa sempre più difficile, se si tiene anche conto di quello che è stato da poco reso pubblico dal giudice Fernando Imposimato che nel 2008 incontrò il brigadiere Giovanni Ladu, oggi cinquantaquattrenne, che nel 1978 era nei bersaglieri. Ladu ha affermato che l’8 Maggio, giorno prima dell’omicidio di Moro, era pronto un blitz per la sua liberazione a cui egli stesso avrebbe dovuto partecipare, snocciolando con precisione i dettagli dell’operazione. Operazione che fu bloccata, sempre secondo le su dichiarazioni, da una telefonata proveniente l’8 Maggio dal ministero degli interni. Insomma, la verità sia quella politica che quella giudiziaria sull’ “affaire Moro” è sempre più lontana.Di sicuro resta il dovere di consegnare alla famiglia di Aldo Moro, alle famiglie dei cinque agenti uccisi in via Fani e alla storia la verità sul delitto politico più grave della storia repubblicana italiana.