Sono stato costretto a cambiare la stampante. Non era vecchia, un paio d’anni di vita. Inutile tentare di aggiustarla. Ci ho provato. I pezzi di ricambio non ci sono e, comunque, la spesa sarebbe stata superiore al valore di una nuova stampante. D’altronde, si sa, ormai costano più le cartucce d’inchiostro della stampante stessa. Non è un caso. Si chiama obsolescenza programmata (o pianificata), ed è una cosa inventata per fregare i cittadini consumatori. Intanto – per cominciare – d’ora in poi ricorrerò alle cartucce da ricaricare.
Ecco cosa si legge in proposito su Wikipedia:
“L’obsolescenza pianificata o obsolescenza programmata nel design industriale è una politica volta a definire il ciclo vitale (la durata) di un prodotto. In tal modo in fase di progettazione viene deliberatamente definita una vita utile limitata di un prodotto, che quindi diventerà obsoleto o non funzionante dopo un certo periodo. Ciò si può ottenere costruendo i beni in oggetto con materiali di qualità inferiore, o mediante l’inserimento di meccanismi anche di tipo elettronico o seguendo comunque canoni costruttivi tali da rendere impossibile o troppo costosa la loro riparazione una volta che dovessero guastarsi.
Un modo molto più sottile per rendere prematuramente obsoleto un prodotto che ancora funziona è quello di immetterne sul mercato dopo poco tempo una nuova versione dotata di maggiori optional, preferibilmente dopo una adeguata campagna pubblicitaria che induca nel consumatore finale l’idea che la sua ‘vecchia versione’ del prodotto sia ormai sorpassata ed inadeguata.
L’obsolescenza pianificata ha dei benefici esclusivamente per il produttore, perché per ottenere un uso continuativo del prodotto il consumatore è obbligato ad acquistarne uno nuovo.
L’obsolescenza pianificata è stata criticata sia per l’incentivazione di un surplus di rifiuti, per l’enorme e non sostenibile spreco delle risorse derivante dalla diffusa applicazione di queste politiche e per il fatto di creare artificialmente dei bisogni da parte del consumatore; Apple venne per esempio citata in giudizio nel 2003, con una class action a causa della durata delle batterie dell’iPod, volutamente programmata a breve vita in modo che il consumatore comprasse dei nuovi modelli dopo limitato periodo di uso, anche perché l’azienda in origine non volle offrire sul mercato delle batterie di ricambio”.
L’obsolescenza programmata, dunque, ci costringe a gettare invece di riparare, a sentirci inadeguati se non abbiamo l’ultima versione del prodotto, a cercare disperatamente pezzi di ricambio che non si trovano, a sentirci rispondere dal riparatore che è più conveniente sostituire che aggiustare.
Il caso delle stampanti, poi, è particolare, perché ormai una multifunzione costa 50 o 60 euro, mentre per il kit completo delle cartucce si deve spendere di più.
L’obsolescenza programmata è ben raccontata nel film d’inchiesta “Comprar, tirar, comprar” della regista Cosima Dannoritzer, coprodotto da Arte France – Television Espanola – Televisió de Catalunya. Tra gli intervistati c’è anche un tecnico informatico che racconta e fa vedere nei dettagli perché una stampante viene programmata per rompersi dopo un certo periodo di tempo…
Insomma, come non dar ragione a Serge Latouche e alla sua battaglia per la decrescita?
Tornando alla stampante, come ho detto, ricorrerò alle cartucce da ricaricare. Così faccio un piccolo dispetto ai produttori di stampanti, che svendono le macchine, le fanno durare sempre meno e tengono alti i prezzi degli inchiostri, per farcene comprare sempre una nuova…