Anteprima. Tam-Tama di domenica prossima 25 aprile, "il Ponte" di Rimini
Cari Morti di mafia. Se aveste fatto finta (niente in politica è meglio del far finta) di essere deceduti per altra causa, l'Italia oggi sarebbe un Paese più felice. Anche se meno civile. Ma in fin dei conti al popolo non interessa di essere civile, quanto di essere felice. Per questo motivo il popolo preferisce le parole d'ordine, i rituali di massa, le oceaniche adunate. Basta che abbia un'insegna sotto cui intrupparsi. Gli è sufficiente mettersi in piedi ad ascoltare la domanda fatale. A chi la vittoria? A noi! Succede oggi. Chiedono al popolo se vuol farsi mettere le mani in tasca per pagare più tasse. Succedeva l'altro ieri. Quando l'ora della Storia batteva sull'orologio dell'Italia. E tutti a dire: vincere, vinceremo. Poi sappiamo com'è andata a finire. Ma ci aveva già avvertiti Ettore Petrolini con la caricatura di Nerone. Non faceva in tempo ad aprire bocca, che riceveva l'applauso preventivo.
Adesso voi Morti di mafia non state sulla coscienza di politici passati o presenti. Ce ne è uno, tra loro, di venerata memoria benché sia vivo, che ha sulla fedina penale una prescrizione (2003) per reati mafiosi. No, voi Morti di mafia, recate danno all'immagine dell'Italia. Non lo dice nessuno, ma lo lascia intendere qualcuno. Se il Bel Paese ha una mafia che è soltanto sesta nel mondo, allora (pensa e dice questo qualcuno) perché tanto impegno nel darle un supporto promozionale.
Se capitasse un marziano tra noi, non capirebbe, e non per colpa nostra o sua. Bisognerebbe dirgli che un presidente del Consiglio (e non di una qualsiasi bocciofila che tuttavia permette di fare belle carriere urbane), ha detto queste cose (certamente con animo ben disposto e senza spirito amaro) contro uno scrittore che denuncia i mali prodotti dalla mafia, accusandolo di fare cattiva propaganda all'Italia.
Insomma, è l'eterna, vecchia lezione che i panni sporchi si lavano in famiglia, così come invece i soldi si riciclano all'estero protetti dagli scudi fiscali, per farli ritornare immacolati nei forzieri nazionali ad onore e gloria dell'italica stirpe. Alla quale recano danno soltanto questi eroi, questi Morti di mafia più ingombranti delle macerie di un terremoto o dei rifiuti depositati in discariche abusive del Sud ma provenienti di nascosto dal virtuoso Nord. Un giudice ha scritto un libro sul perché l'Italia ha sconfitto il terrorismo ma non la mafia. Non dimenticatelo, Gian Carlo Caselli: è costretto a vivere protetto. [991]