Ci sono storie che si perdono nella notte dei tempi, tra i ricordi sbiaditi di menti smarrite quando la trasmissione del sapere era riservato a pochi eletti, esclusivamente maschi.Tra queste storie quasi magiche sono quelle narrano della volontà di donne che in tempi diversi non hanno voluto piegarsi alle regole che le volevano celate tra le mure di casa, mura che le nascondevano al mondo, quasi che questo avesse paura di loro.
I racconti orali sono diventati leggende, riprese in scritti corsari e in moderni romanzi, tradotti poi in film più o meno rispondenti all'ispirazione originale, come "Agorà", dove il regista spagnolo
Alejandro Amenabarracconta, senza approfondirla adeguatamente, la splendida figura di Ipazia, donna coltissima, nata ad Alessandria attorno al IV secolo, filosofa, matematica ed astronoma, maestra di vita e di sapere per tantissimi giovani, uccisa durante la quaresima da fondamentalisti cristiani che, all'interno di una chiesa, ne fecero a pezzi il corpo, cercarondo di cancellare ogni traccia della sua esistenza con il fuoco.Elemento, il fuoco, che nella sua duplice veste di forza generatrice (la scintilla che nasce dalla potenza del fulmine) e purificatrice (come nelle pire funebri) torna a raccontare l'atroce morte alla quale erano destinate tutte quelle donne che l'Inquisizione tacciava come streghe.Donne che conoscevano i benefici delle erbe e dei fiori e che rifiutavano facili convenzioni, preferendo l'onere della libertà.Donne che un vento di calunnia sosteneva si riunissero in diabolici sabba durante la notte di San Giovanni o la notte del 31 ottobre, dove le porte del mondo dei morti e dei vivi si aprivano e permettevano ai loro abitanti di mescolarsi, propiziarsi le future semine, condividere i frutti degli ultimi raccolti, come quello delle mele, frutto magico e simbolo in tantissimi culti di conoscenza, amore, morte e immortalità.Simboli che ben conosceva l'algida Regina Grimilde, matrigna della più remissiva e rassicurante Biancaneve. Ed essendo la mela anche il frutto sacro della Divinità che rappresenta la forza generatrice primordiale spiace apprendere che l'inquieta Eva la donò ad un compagno semplice che un altro uomo le aveva messo al fianco.
Medesima forza generatrice che si riscontra nella lettura della "Papessa", arcano maggiore dei tarocchi che sia dritta che capovolta espime un auspicio positivo.E tutto questo sapere antico, quasi primordiale, viene banalizzato in un dolcetto offerto travestendosi da scheletro, come banali sono diventate le mimose offerte l'8 marzo.Terrina di Mascarpone, Gravariol e pistacchi, con pane di segale e miele di corbezzoloIngredienti300 gr di Gravariol (o caprino erborinato), 150 gr di Mascarpone, 1 cucchiaio di miele di acacia, 20 prugne secche, 40 gr di pistacchi, pepe di mulinello, sale.ProcedimentoTagliare le prugne a dadini.In una ciotola mescolare il mascarpone con le prugne, i pistacchi spezzettati grossolanamente, il miele e il pepe.Foderare una terrina con un triplo strato di pellicola alimentare lasciando che ne sporga un po’ dai bordi. Tagliare il verde a fette larghe circa 1/3 dello spessore della terrina, eliminando la crosta e disporne un primo strato sul fondo. Coprire con la crema di Mascarpone e chiudere completamente con il restante Verde. Coprire con la pellicola, pressare leggermente e lasciar riposare in frigo per almeno due ore.Servire la terrina a fette con del pane di segale leggermente tostato e qualche cucchiaino di miele di corbezzolo.