Nel frattempo è successo che mio papà non era vero che stava così bene, nonostante sembrava essersi ripreso e nonostante fosse bellissimo.
Non era vero perché poi è caduto ancora
e ancora io, con mio fratello, l'ho dovuto rimettere in piedi e di nuovo abbiamo preso l'ambulanza e fatto la tac ma sembrava che non fosse niente di grave, nessuna frattura, "portatelo pure a casa", anche se aveva una faccia che mollami, ed era fragile fragile e cattivissimo, e alle 5,45 di notte portava il caffè a mia mamma dicendo che era mattina, e poi non vedeva il latte che aveva davanti agli occhi e neppure il telecomando, e camminava ma era strano, furibondo sempre, con lo sguardo sfuggente, anche se consapevole e impetuoso.
E allora riportalo al pronto soccorso e "scusate ci eravamo sbagliati, nel frattempo ha avuto un altro ictus, quest'uomo per noi è un fallimento, e allora questa volta lo ricoveriamo ancora".
Perché era colpa di un secondo ictus se era diventato così cattivo, se non vedeva il latte, se la notte era diventata mattina.
E io ho visto mio padre piangere e sentirsi perduto, lucidissimo nel constatare le bizze del suo cervello, spaventato e indifeso e fragile e di nuovo docile, con l'unico pensiero in testa di non poterci aiutare nelle pratiche quotidiane, di darci disturbo, di essere di peso, e "scusatemi, scusatemi anche con i bambini".
E giuro che fa tanto male vedere tuo padre ridotto in balìa, la testa dentro le braccia, disperato e a tratti perduto.
E la sera, al chiudere gli occhi, ne vedevo i dettagli, le labbra secche, gli occhi appannati, i piedi con le calze storte, i tre capelli spettinati, bambino vecchio,
e mi si accavallava il respiro,
ansia ansia ansia,
e solo una doppia dose di gocce di erbe calmanti, spacciatami con l'inganno da Luca preoccupato, mi ha permesso di rallentare l'affanno e poi di dormire.
E ora che di giorni ne sono passati di nuovo altri quattro e lui sembra stare bene, anche se non più leone elegante come alla prima dimissione,
ora che potrebbe tornare a casa,
siamo tutti spaventati da quello che potrebbe capitare.
Tutti all'erta, senza mai lasciarlo solo.
Con la certezza che non siamo i soli a brancolare nel buio,
che la medicina spesso si muove a caso, per tentativi
e che noi siamo le cavie per testare tutto quello che non si sa.