Moscato d'Amburgo.

Creato il 05 novembre 2010 da Enricobo2
Beh, i miei trascorsi con la vitis vinifera sono andati ben oltre al taglio dei grappoli di cui vi ho parlato l'altro giorno. In effetti, come ho detto, capii presto che non ero adatto ai lavori che fanno abbassare la schiena, e, di chiacchiera in chiacchiera mi è toccato fare il responsabile di due cantine sociali, attività che sconsiglio assolutamente, foriera com'è solo di grane e di eventuali manette facili, specialmente se uno volesse fare le cose in maniera corretta. Ma questo è un altro discorso. Oggi invece mi voglio ricordare di un momento piacevole. La vendemmia è per le cantine un momento di grande confusione. Tutti i conferenti premono per consegnare l'uva al più presto. Si formano lunghe file di carri e bigonce, fuori del cancello, già al mattino presto e poi avanti tutto il giorno a scaricare, in un bailamme di liti per le precedenze e soprattutto per il controllo della qualità del prodotto.
E già, perchè gli agricoltori sono tra i più furbi della terra ed è proprio per questo che tutti li fregano continuamente. In quel periodo, nelle cantine come la nostra, non c'era l'obbligo della consegna totale, quindi molti conferenti furbastri, portavano in cantina l'uva peggiore, quella che non riuscivano a far fuori diversamente, salvo essere poi tra i primi a lamentarsi che, a fine anno, i prezzi pagati fossero troppo bassi. Il momento clou era quello in cui si prelevava il campione per controllare la qualità e di conseguenza il prezzo finale. I più astuti disponevano un po' di uva buona nella parte del carro dove tentavano di pilotare la presa, altri tentavano di guidare benignamente la mano del campionatore. Il mio fido uomo, rotto a tutte le astuzie, fingeva di accontentare, specialmente i più insistenti, poi con mossa svelta e carica di esperienza, aggiungeva un grappolo mezzo acerbo che ripristinava la corretta lettura dei famigerati gradi Babo. Una lotta continua. Anche l'abbinata pesatura, pilotata con perizia, riusciva sempre a riportare la giustizia.
Anche i più prepotenti se ne andavano a casa contenti e sicuri di aver fregato la loro comunità, atteggiamento questo così comune e che spiega tante cose quando si scelgono i propri rappresentanti. Ma le persone non sono tutte uguali, qualcuno portava tutto il suo prodotto con chiarezza e fiducia e cercava di farlo al meglio. Lo sapevamo bene e questa uva veniva dirottata in una vasca a parte per avere poi il vino migliore che avrebbe bilanciato con il suo prezzo, il resto. Questi generalmente non chiedevano niente, anzi erano quelli che si fidavano completamente. Proprio per questo e per l'utilità del servizio che rendevano al prodotto finale, gli segnavamo sempre un mezzo grado in più, cosa che avrebbe permesso di compensare un po' meglio la qualità che ci davano.
Uno di questi, un vecchietto che aveva vigne buone e non cercava favori, lasciava sempre una cassettina di Moscato d'Amburgo, che consegnava di soppiatto al cantiniere dicendogli: -Daila au Dutùr- Era un uva meravigliosa, blu come il lapislazzulo coperta di spessa pruina chiara, forse i grappoli più belli della sua vigna, ordinatamente disposti su foglie fresche di vite, per renderla ancora più attrattiva. Profumava di terra umida e il suo dolce aroma si spargeva in bocca appena l'acino, gonfio e grosso, si spaccava schiacciato dalla lingua contro il palato. Che buona. Non ho mai più mangiato un'uva così. Lui era tra i primi della coda, arrivava la mattina presto prima delle 6, così io non l'ho nemmeno mai visto, per ringraziarlo di quella gentilezza formale, un gesto antico da famiglio, da vassallo che porta il suo frutto migliore alla tavola del signore che arriva dalla città, per dimostrargli la sua capacità, il suo amore per la terra, la sua fedeltà. Forse è così che comincia la corruzione.
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