La vista dei quadri di Dadamaino rilassa. Per questo a tutti coloro i quali si sentono stanchi e stressati non si può non consigliare una visita alla mostra monografica aperta alla Galleria Gruppo Credito Valtellinese di Milano, visitabile sino al 29 giugno.
L’esposizione, organizzata dal gallerista Stefano Cortina a cura di Flaminio Gualdoni e coordinata da Susanne Capolongo con la collaborazione del Credito Valtellinese e dell’Archivio Dadamaino, si snoda cronologicamente, permettendo in particolare ai neofiti di comprendere chi era e cosa faceva Dadamaino, sbirciando nel suo mondo perfetto.
La mostra monografica organizzata presso la Galleria Gruppo Credito Valtellinese ben riassume questo concetto: ammirare le minuscole decorazioni di Dadamaino sparse sulle tele dà un senso di ordine e di serenità. Come se ogni cosa avesse trovato il proprio posto nelle alte sfere dell’Universo.
Dadamaino (Edoarda Emilia Maino, milanese, mancata nel 2004) non ha inventato nulla, si rifà soprattutto a Lucio Fontana, ma rielabora i suoi stilemi in modo assolutamente originale, e, soprattutto, in maniera lucidamente intensa.
Dada era comunista, femminista, animalista, credeva nell’amicizia. Ma tutto questo dalle sue opere non emerge. Emerge precisione, rigore, fantasia, caparbietà. Il suo è un lavoro di ricerca, intenso, organico, accurato.
Si inizia con la serie dei Volumi e dei Volumi a moduli sfasati, con tavolette di legno fissate sulla tela, a suggerire superfici in movimento, quindi alle opere in plastica forata e sovrapposta montata su tela. A volte, le forature sono piccolissime, la superficie assume una forma e una profondità.
Quindi arrivano le opere del periodo della Nouvelle Tendance, che si evolve dalle costruzioni geometriche dell’ungherese Victor Vasarely. Le opere di Dadamaino sono optical, illusioni, con una terza dimensione sempre più che suggerita. Si guarda la tela e sembra si muova, o si inarchi verso lo spettatore.
I quadri diventano un ragionamento sull’arte cinetica e di ricerca sul colore. I Cromorilievi partono da basi monocrome, con segni ripetuti, un disordine inserito nell’ordine, che ipnotizzano nel loro mutare in profondità ed intensità. Quindi arrivano i Fatti della vita, una specie di scrittura automatica, fogli dopo fogli coperti di segni, a volte continui, a volte interrotti, di grandezze variabili. A fissarli, si cade ipnotizzati: sono quadri che appaiono diversi a seconda della distanza da cui li si guarda.
A questo periodo appartiene Il movimento delle cose, tela di trenta metri, drappeggiata, che accoglie il visitatore all’ingresso come un grande drago di carta. A differenza di altri autori, Dada non si faceva aiutare da allievi nella estenuante e faticosa tramatura degli spazi: “La manualità per me è fondamentale“, affermava, e vi ci si applicava con gusto per la miniatura. Chiudono opere dal segno freschissimo ed incantevole quali Alfabeti della mente, Inconsci razionali e Costellazioni.
Dadamaino ha vissuto il pieno delle correnti lombarde del dopo anni 50: frequentava il Bar Jamaica con Piero Manzoni, Gianni Colombo, Enrico Castellani, Agostino Bonalumi. Ha aderito al progetto di Azimuth, fondato da Manzoni, e al movimento Zero di Heinz Mack, Otto Piene e Gunter Uecker. Con Getulio Alviani, Bruno Munari ed Enzo Mari è tra i fondatori di Nuova tendenza, con cui partecipa a numerose rassegne internazionali. Insieme a Luciano Fabro, Jole De Sanna e Hidetoshi Nagasawa sostenne il progetto della Casa degli artisti di Milano.
La sua poetica ribalta i concetti della produzione seriale, tipica dell’industria dei beni di consumo. Insomma, propone una sfilza di segni, come fossero fatti in serie, che però sono tutti a mano libera, e unici nel loro genere.
Le sue ricerche si sviluppano nella composizione di un alfabeto visivo di sedici segni, che chiamerà alfabeto della mente. Una scelta che si può riallacciare alla sua laurea in farmacia: un desiderio di tenere in ordine, rifarsi agli elementi base, che ruota attorno allo studio della luce e del movimento.
La retrospettiva raccoglie le opere più rilevanti di una lunga produzione che va dal 1958 al 1998.
Written by Silvia Tozzi