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Mostre e mostri: com’è competitivo quel Matisse

Creato il 17 settembre 2012 da Albertocapece

Mostre e mostri: com’è competitivo quel MatisseApriamo il sipario del lunedì sulla comedie humaine italiana. Però invece di focalizzare l’attenzione sui sindacalisti che ora fingono di essere stati raggirati da Marchionne, ma che hanno semplicemente raggirato i loro iscritti, piuttosto che commentare la ridiscesa in campo di Silvio che certo non rinuncia a presidiare le sue aziende dal Parlamento o di sottolineare che Monti non conosce i dati Istat sul crollo del Pil e dunque non è “in grado di commentarli”, mi occuperò di Matisse.

Una piccola storia di malapolitica, malagestione, malcostume che tuttavia svela con chiarezza, con pennellate essenziali e incisive, come spesso il culto del “privato” efficiente  e motore dell’economia, sia un dogma fasullo, anzi il  prototipo di una sorta di economia  parassitaria che sfrutta il pubblico per fare profitti.  Succede con le ferrovie inglesi, succede con la gestione dell’acqua, succede  con le infinite terziarizzazioni che avviliscono il lavoro e finiscono per costare di più, succede anche con Matisse. Accade l’anno scorso non a Marienbad ma a Brescia. Dunque viene l’idea di attirare un po’ di turismo con una mostra dedicata al pittore francese, ma la fondazione Brescia musei, per onorare il pensiero unico, non si sogna nemmeno di organizzarla in proprio, cosa facilmente fattibile, ma l’affida a un’azienda di Treviso, tale Artematica Srl, di fresca creazione. Non si sa bene per la verità di quali competenze disponga il suo amministratore Andrea Brunello che comunque riesce a strappare all’assessore alla cultura del comune, il pidiellino Andrea Arcai , un contratto che non sta né in cielo, né in terra: ci saranno una serie di penali se i visitatori saranno meno di un certo numero e invece un cospicuo premio di 300 mila euro se al contrario i biglietti staccati supereranno i 230 mila. Ragionevole, ma ingannevole perché il conteggio viene affidato alla stessa Artematica. E impossibile non non farsi venire in mente certe espressioni di Totò.

Risulta così che gli ingressi alla mostra sono 248.862 e scatta il ricco riconoscimento. In seguito proprio grazie a Facecbook, salta fuori che qualcosa non funziona nella numerazione dei biglietti facendo sospettare che gli accessi reali si situino attorno ai 136.000. Cosa che avrebbe avuto l’effetto di  far scattare non il premio, ma invece una penale di 300.000 euro. Il danno totale è dunque di 600 mila euro. Adesso  c’è di mezzo la Procura della Repubblica e guarda caso la Artematica srl  si è sciolta, come pure la Ribes informatica che aveva “prestato” all’azienda trevigiana le macchinette stampa biglietti. Tutti insomma si sono fatti di burro, mentre a Brescia scoppia la polemica politica.

Di certo non si può dire che quello di Artematica fosse un business con forti vocazioni se, ancora all’inizio delle contestazioni si autoelimina dalla scena. E dire che la sua guida, Andrea Brunello, proprio nel febbraio scorso, dopo qualche mostra e mostrina organizzata in giro, era stato invitato a tenere una lezione alla Ca’ Foscari di Venezia su Le sfide dell’innovazione di prodotto e di processo in ambito culturale, trattando ”un tema molto caro ad Artematica ovvero la capacità di innovare i propri prodotti e servizi per posizionarsi in modo competitivo nel panorama delle attività culturali”.

Per la verità non si scorge alcuna innovazione nella vicenda della mostra di Matisse, anzi una full immersion in fetide e arcinote pratiche , ma il linguaggio lo conosciamo benissimo: è quello che magnifica, esalta, ricopre di carta regalo una facile e incompetente economia di rapina che si fregia della parola feticcio: competitività. Ma anche se non fossero saltate fuori queste ombre che bisogno aveva la Brescia musei di rivolgersi ad Artematica, tanto più che la curatrice effettiva della rassegna è stata Claudia Beltramo Ceppi Zevi, peraltro titolare di un’altra s.r.l. che appunto di occupa di mostre ed esposizioni? Certo ne avrà avuto bisogno l’assessore e probabilmente non per motivi propriamente artistici, ma di fatto saremmo di fronte a un inutile sperpero di denaro pubblico, anche nel caso non ci fosse stata nessuna combine. Però chi può resistere alle sfide dell’innovazione e alla competitività? Nemmeno la Ca’ Foscari che insegue gli avventurieri, basta che abbiano spampato in fronte l’irresistibile motto della nostra triste modernità.

E chissà quanti Brunello ci sono in agguato nelle grande svendita e privatizzazione del patrimonio culturale che si vuole attuare. Perché certo non perderemo l’occasione di essere innovativi e  competitivi. Soprattutto negli sprechi.


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