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Mothers and Sons by Colm Tóibín

Creato il 26 agosto 2010 da Spaceoddity
D'accordo, sono un lettore qualunque, che è come dire un Don Giovanni in minore, un Don Giovanni della carta (ma non di carta: piuttosto digitale, direi, scegliete voi il formato). Individuo un autore, spesso per suggerimento, e mi ci accanisco. Sono anche un carnefice, ma questo non lo dite a nessuno.
Mothers and Sons by Colm TóibínPerò sono anche un Don Giovanni strano, monomaniacale a fasi alterne e attento agli sviluppi, pronto a -> nuovi amori, ma sempre legato ai vecchi come alle proprie radici. Il mio nuovo legame con Colm Tóibín non so, per esempio, quanto abbia il diritto di dirsi nuovo. Appartiene all'anno scorso, ma si sa che i sentimenti ci mettono tempo a maturare.
Colm Tóibín appartiene di diritto al mio paesaggio immaginario dell'Irlanda, ai suoi silenzi, alla sua natura, alla sua esperienza della vista e del freddo. Ma è altro che mi attira in questo scrittore: l'essenza impalpabile della vita e della felicità, inaccessibili alla ricerca, a una presa sicura. Dopo The Heather Blazing e The Blackwater Lightship, per esempio, sono approdato ai suoi racconti di Mothers and Sons e qui il tema si fa esplicito oltre che un mood peculiare.
I nove racconti che compongono il libro, infatti, affrontano un rapporto ancestrale, quello tra medri e figli (maschi). Inutile dire che si tratta di storie che non pretendono all'universalità e che, anzi, vengono narrate in principio della loro natura non paradigmatica. Si aggiunga l'interesse di Colm Tóibín per la tematica (omo)sessuale - sempre delicata, ma nondimeno presente - non si può fare di Mothers and Sons un archetipo del rapporto madre-figlio.
Eppure, eppure... non si può negare a Colm Tóibín la capacità di penetrare i momenti della realtà con una forza che sembra contrastare con la bambagia del tocco e invece ne è l'anima. Nessuno dei nove racconti è una storia di eccessi, in nessuno dei nove racconti c'è il minimo accenno d'impudicizia o di eccezionalità. Sono semplicemente quelle storie di madri e di figli, che avrebbero potuto essere diverse e vissute altrimenti, ma sono quelle.
Mothers and Sons by Colm Tóibín
Né credo che si possa definire un segno peculiare dei tempi questa presenza della madre lontana, nel tempo e nello spazio. In due dei racconti che mi sono piaciuti di più (Three Friends e il breve romanzo A Long Winter), la madre è scomparsa o scompare in breve, lasciando i figli alla ricerca di questo rapporto, di quel che ne rimane, e della propria vita. Nel terzo, il brevissimo A Journey, la madre riporta a casa - a una normalità tutta di rivedere - il figlio dimesso da una casa di cura psichiatrica.
Non c'è, inutile dirlo, l'Irlanda che ricordavo nelle prove lette in precedenza di Colm Tóibín. Non ce ne sono i magnifici paesaggi, le falesie, il verde da attraversare tra la grigia città e una natura più pensierosa e un po' brumosa, forse, ma sempre incantevole. Qui ci sono per intero i personaggi, nell'approccio fragile e commovente a un rapporto difficile e nella totale inadeguatezza ad afferrare quella felicità che striscia o aleggia intorno a loro,
Ci sono, in Madri e figli, in questo libro adulto e lento, pregno di gusto letterario, sentimenti e desideri, e molte reticenze, molto pudore: non si tratta solo di assenza o presenza, ma proprio di preservare una dimensione intima, delicatissima e viva, che costituisce insieme il pregio e (forse, per alcuni) il difetto di questa raccolta di racconti: l'eleganza asciutta e sensibile dei sentimenti e il rifugire a un tentativo di universalizzazione di queste storie, che non vogliono essere in nessun caso esemplari, ma vengono restituite nella loro fattura, come scrigni dentro cui indagare.
Madri e figli è stato edito in Italia da Fazi nel 2007, con traduzione di G. Guerzoni e A. Arduini.

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