
Colm Tóibín appartiene di diritto al mio paesaggio immaginario dell'Irlanda, ai suoi silenzi, alla sua natura, alla sua esperienza della vista e del freddo. Ma è altro che mi attira in questo scrittore: l'essenza impalpabile della vita e della felicità, inaccessibili alla ricerca, a una presa sicura. Dopo The Heather Blazing e The Blackwater Lightship, per esempio, sono approdato ai suoi racconti di Mothers and Sons e qui il tema si fa esplicito oltre che un mood peculiare.
I nove racconti che compongono il libro, infatti, affrontano un rapporto ancestrale, quello tra medri e figli (maschi). Inutile dire che si tratta di storie che non pretendono all'universalità e che, anzi, vengono narrate in principio della loro natura non paradigmatica. Si aggiunga l'interesse di Colm Tóibín per la tematica (omo)sessuale - sempre delicata, ma nondimeno presente - non si può fare di Mothers and Sons un archetipo del rapporto madre-figlio.
Eppure, eppure... non si può negare a Colm Tóibín la capacità di penetrare i momenti della realtà con una forza che sembra contrastare con la bambagia del tocco e invece ne è l'anima. Nessuno dei nove racconti è una storia di eccessi, in nessuno dei nove racconti c'è il minimo accenno d'impudicizia o di eccezionalità. Sono semplicemente quelle storie di madri e di figli, che avrebbero potuto essere diverse e vissute altrimenti, ma sono quelle.

Né credo che si possa definire un segno peculiare dei tempi questa presenza della madre lontana, nel tempo e nello spazio. In due dei racconti che mi sono piaciuti di più (Three Friends e il breve romanzo A Long Winter), la madre è scomparsa o scompare in breve, lasciando i figli alla ricerca di questo rapporto, di quel che ne rimane, e della propria vita. Nel terzo, il brevissimo A Journey, la madre riporta a casa - a una normalità tutta di rivedere - il figlio dimesso da una casa di cura psichiatrica.
Non c'è, inutile dirlo, l'Irlanda che ricordavo nelle prove lette in precedenza di Colm Tóibín. Non ce ne sono i magnifici paesaggi, le falesie, il verde da attraversare tra la grigia città e una natura più pensierosa e un po' brumosa, forse, ma sempre incantevole. Qui ci sono per intero i personaggi, nell'approccio fragile e commovente a un rapporto difficile e nella totale inadeguatezza ad afferrare quella felicità che striscia o aleggia intorno a loro,
Ci sono, in Madri e figli, in questo libro adulto e lento, pregno di gusto letterario, sentimenti e desideri, e molte reticenze, molto pudore: non si tratta solo di assenza o presenza, ma proprio di preservare una dimensione intima, delicatissima e viva, che costituisce insieme il pregio e (forse, per alcuni) il difetto di questa raccolta di racconti: l'eleganza asciutta e sensibile dei sentimenti e il rifugire a un tentativo di universalizzazione di queste storie, che non vogliono essere in nessun caso esemplari, ma vengono restituite nella loro fattura, come scrigni dentro cui indagare.
Madri e figli è stato edito in Italia da Fazi nel 2007, con traduzione di G. Guerzoni e A. Arduini.