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Mozzi, marinai e Pirati – riflessioni sull’editoria, su autori ed editor, su Dio – di Iannozzi Giuseppe

Creato il 10 ottobre 2011 da Iannozzigiuseppe @iannozzi

Mozzi, marinai e Pirati

riflessioni sull’editoria,
su autori ed editor, su Dio

di Iannozzi Giuseppe

Coglioni

Mozzi, marinai e Pirati – riflessioni sull’editoria, su autori ed editor, su Dio – di Iannozzi Giuseppe
La poesia è per pochi eletti.
Una buona poesia vale quanto tutto un romanzo di mille pagine, diciamo pure così per semplicità.
Un buon racconto breve quanto un romanzo o più.
Scrivere un romanzo è la cosa più semplice di tutte: gli errori, le imperfezioni si accumulano, quasi non si fanno notare. E’ questo il motivo per cui si scrivono tanti romanzi e tanti vengono pubblicati per essere subito dimenticati, per nostra somma fortuna.
I grossi editori pubblicano le minchiate più assurde, purché abbiano il nome di Fabio Volo o di Luca Casarini ad esempio: gliene frega niente della qualità, solo del nome e del trambusto che i nomi possono sollevare per un po’ di tempo.
Tutti i coglioni scrivono romanzi e poi qualcuno glieli pubblica pure.
Mi dispiace per la carta sprecata, anche quando è riciclata.
Mi dispiace per la carta sprecata, per tutti quegli alberi che ci vengono strappati, per cosa poi? Per un po’ di macabro business. Un grosso spreco che accorcia la vita del pianeta sempre più ridotto a un deserto sotto una barriera di ozono a gruviera.

Dopo

Io penso che dopo non c’è altro che “l’essere stati”, quindi il ricordo per quanti ci hanno conosciuti, amati e odiati.
Paradiso e Inferno sono nella loro essenza più pura lo specchio delle nostre azioni.
Ogni vita è unica e irripetibile.
Ma se durante la mia esistenza tengo dei comportamenti, siano essi buoni siano essi cattivi, influenzeranno le vite che resteranno dopo la mia dipartita. Tante più azioni io farò in vita, tanto più alta è la probabilità d’avere influenzato “il prossimo” verso una “via” piuttosto che un’altra. Il fatto che la mia condotta di vita possa influenzare altri esseri viventi è quella Eternità che io dico “quel che di noi resterà”, o “scintilla vitale”. In tal senso la reincarnazione è possibile.

Pensare che dopo la morte fisica una presunta anima immortale continui l’esperienza di esistere, a mio avviso è una favola bella, forse utile a essere un po’ meno codardi quando ancora viventi con dei corpi di carne e sangue, di atomi.

Se oggi mi clonassero, l’individuo che verrebbe su non sarei “io”, ma tutt’altra persona, perché con altri pensieri, altre idee, emozioni e sentimenti estranei a quelli da me provati. Verrebbe clonato solo il corpo, il contenitore del mio “io”, ma “io sono io” e non posso essere replicato.
L’anima è il risultato degli insegnamenti ricevuti dalla società, dell’ambiente in cui viviamo, delle cose che ci accadono e che facciamo accadere: l’esperienza ci rende vivi e con un’anima, quindi con un “io”. L’“io” è nel corpo fatto di materia mortale.
“Io sono l’insieme dei miei pensieri.”

Contraddizioni e pregiudizi

Se è vero che la natura umana può accogliere aspetti di natura contraddittoria, è più vero ancora che la natura umana accoglie aspetti di natura pregiudiziale necessari alla sopravvivenza dell’umanità e soprattutto alla conservazione degli ideali dei singoli individui. “Non l’ho letto e non mi piace”: è una critica essenziale ma tagliente più del filo di qualsiasi spada.

Letterati

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1. Alcuni scrittori sono tali e quali a dei piccoli capetti della mafia: credono d’essere il centro della Cupola, nonostante la loro totale incapacità; credono di poter sparare stronzate a destra e a manca impunemente; credono d’avercela solo loro la penna da imbucare nel calamaio; credono d’avercelo solo loro un bel culo pulito da dar via al primo venuto. Poi si scoprono puniti dai boss, e come bambini chiedono il motivo per cui gl’è stato riservato un simile trattamento.

2. Un vero scrittore sa apprezzare soprattutto le critiche negative rivolte al suo lavoro.

3. La letteratura è morta. Purtroppo non sono morti tutti gli imbrattacarte che continuano a scrivere sui muri dei cessi pubblici che “non è vero”.

4. Scrivere? Meglio un furto con scasso.

5. Gli idioti – e sono tanti, credetemi pure sulla parola – pretendono di spacciare la narrativa popolare di Jack The Ripper, Dracula e di diversi Frankenstein per qualche cosa di più d’un mero innocente intrattenimento. Pretendono che gli sia riconosciuto il codice a barre di Letteratura.

6. Io mi sono avvicinato alle lettrici, e devo dire che sono molto meglio dei libri che loro leggono.

7. Chiunque scriva non può fare a meno di fingere d’avere una vita sociale importante, avventurosa, bella o tragica.

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