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Mr Ciak #33: Labor Day - Un giorno come tanti, Oculus, Storia di una ladra di libri

Creato il 22 aprile 2014 da Mik_94
Ciao a tutti. Ufficialmente, si ritorna! Come avete passato gli ultimi giorni? Spero vi siate divertiti come si deve. In questo martedì post-Pasquetta, voglio parlarvi dei film che ho visto ultimamente: i recenti Oculus e Storia di una ladra di libri, e Un giorno come tanti, rimandato a data da destinarsi qui in Italia. Ma ho svelato il mistero, io: il bel film con Kate Winslet e Josh Brolin uscirà in DVD il 18 giugno. Esclusivamente in dvd, ma vabbè. Stesso discorso per il controverso The Paperboy, che verrà distribuito dalla 01 tra un mesetto e mezzo. Accanto a queste quattro novità, vi parlo del meraviglioso Closer e del divertente The Amazing Spider-man, che ho rivisto di recento – quest'ultimo, per prepararmi al sequel: domani – se tutto va bene – sto al cinema. Ditemi un po' voi. Un abbraccio e buona giornata, M.
Mr Ciak #33: Labor Day - Un giorno come tanti, Oculus, Storia di una ladra di libri Intensità. Quanta intensità può avere questo film. Bisognerebbe farne provviste. Labor Day non è ancora arrivato in Italia. Ci arriverà mai? Un titolo ce l'ha: Un giorno come tanti. Lo prende in prestito dall'omonimo romanzo di Joyce Maynard, a cui il Jason Raitman di Young Adult e Juno si è ispirato. Reitman – mettendo da parte il suo umorismo bastardo – si mette in un angolo, sulla soglia di un pergolato sfiorato dal sole, e, complice l'affascinante e torrida America del Sud, parla d'amore. Un amore di quelli che piacciono a me. Onesto, quotidiano, salvifico. A parlarcene è un ragazzino che non lo vive in prima persona, ma che ne subisce gli effetti: il curioso Henry è un adolescente che non ha mai conosciuto il lato scanzonato degli anni '80. Ha passato gli anni della sua infanzia a preoccuparsi di un padre andato via e di una mamma che ha lui soltanto. La loro casa è grande e vuota, piena di acciacchi: il lavandino cola, lo steccato ha bisogno di una passata di bianco, la macchina perde olio, a tavola c'è una sedia in più. C'è bisogno di un adulto responsabile, c'è bisogno di un uomo. Un padre per Henry, un compagno per sua madre Adele. Adele, che è ancora giovane e bella, ma che ha le mani che tremano e la brutta cicatrice di un cesareo senza frutti. Esce di casa una volta al mese, riempie il bagagliaio di cibi in scatola e acqua come se non ci fosse un domani. I domani li odia. Nei domani, lei non esce.  E' in quel fatidico giorno che, sulla sua strada, il destino mette Frank. Sta scappando di prigione: ha ucciso una donna. Lui prende in ostaggio Adele e suo figlio, loro prendono in ostaggio lui. In un weekend senza nuvole, la loro casa diventa il nido di uno stranissimo e spontaneo amore. Henry assiste ai loro coreggiamenti, a passi a due improvvisati in cucina, alle premure di uomo sfortunato, ma profondamente buono. L'attrazione non si spiega, il bisogno di essere guardati con quegli occhi lì non si doma. Una fotografia calda e limpida li incornicia alla perfezione. Trascina, poi, la rievocazione di un'America assonnata e musicale che ricorda quella del King di Stagioni Diverse. I dialoghi sono tutto. Mettono in mostra grandi drammi, svelano spiacevoli segreti, costruiscono la personalità di protagonisti potenti. In simbiosi gli interpreti. Kate Winslet – in lizza per il Golden Globe, per questa prova – è magistrale, con la sua bellezza pulita e le sue forme generose. Pazzesca come sempre. Ha i vestiti vintage di Revolutionary Road, nevrosi similissime, ma – con anima e cuore – speri che la sua Adele abbia diritto a un epilogo diverso; per una volta, felice. Insieme a lei, un Josh Brolin che non t'aspetti: poche espressioni, un volto duro, il fisico per i film d'azione, ma un'attitudine innegabile per film gentili come questo. Grande e grosso com'è, fa strano vederlo con le mani affondate nelle uova e nella farina; tagliare le pesche, sfornare dolci. Fa strano, ma è uno strano... bello. Cucina, amore e libertà: le cose più importanti che ci hanno concesso, in un dramma delicato, intimo, semplice, che ha l'esatta nostalgia degli ultimi giorni d'estate. (7/10)
Mr Ciak #33: Labor Day - Un giorno come tanti, Oculus, Storia di una ladra di libri Oculus sembrava un film come gli altri. Uscito in un periodo di uscite sonnolente, per spettatori sonnolenti. Sorpresa: recensioni positive. Nevicate, grandinate, diluvi universali di recensioni positive. Cosa inaudita per un film horror. Io adoro il genere, ma non vedo un horror degno di questo nome da secoli immemori. Sarebbe stato Oculus la rivelazione che aspettavo? Nì. Finalmente sono riuscito a vederlo, sulla scia di lodi sperticate. Nel suo genere, è un film che funziona. Ma non il film che t'aspetteresti. Non è l'inquietante The Conjuring, né il fascinoso Insidious. Non è un horror. E' un labirinto di ricordi brutti che ha due chiavi di lettura e un'unica via d'uscita. Dei film di James Wan & Co prende in prestito solo la messa in scena: famigliola felice con due figli e un cagnolone a carico, casa nuova, possessioni e scricchiolii. Dall'inizio, in realtà, si rivela un thriller psicologico molto carico a livello emotico, in cui l'orrore è un pretesto come un altro per parlare di vecchi traumi che scavano nuove ferite. Anche a distanza di decenni, il sangue scorre ancora: certi tagli non si rimarginano. E' la storia, questa, di due fratelli cresciuti a distanza di sicurezza che, a qualche anno dalla tragedia che disintegrò la loro quiete familiare, fronteggiano ricordi e demoni comuni. I fantasmi, gli occhi che brillano al buio, le rare scene gore sono un pretesto per unirsi contro un nemico che ha la stessa faccia... e ritrovarsi. Il finale è il solito, ma il film – con il solito linguaggio – osa temi e tempi diversi. I salti dalla sedia non ci sono, il ritmo non è mai dei più vertiginosi, i brividi sono legati a un'ordinaria storia di violenza domestica che, magari, anche oggi è passata al notiziario, ma psicologicamente Oculus è un'equazione inattaccabile. Un trauma profondissimo esplorato come se fosse una casa stregata, con gli strumenti poco ortodossi di due cacciatori di fantasmi in balia degli eventi. Si fugge come davanti al Jack Torrance di Shining, si salta con una fluidità che fa impressione e invidia da una dimensione temporale ad un'altra. La differenza tra questo film e i tanti aspiranti Amityville Horror sta in una struttura che pare facile, ma nasconde magnificamente le sue asperità. Il lavoro di montaggio è sublime, ferma e sicura è la mano del bravo Mike Flanaghan. Discreti i dialoghi, covincenti i giovani Brenton Thwaites – presto in The Giver - e Karen Gillan. Poco noti sul grande schermo, reggono il film da soli, con l'aiuto delle loro piccole controparti. Teso, con due sorprese come interpreti, Oculus è un prodotto pensato benino e confezionato meglio. La regia è troppo raffinata per mostrarcelo per quel che è: un B movie in piena regola. Ma si parla di specchi magici, d'illusione, e l'illusione funziona. Anche se si trattasse d'illusione e basta, per tutto il tempo. Sarà per questo che la critica ha apprezzato. Mi avevano parlato di una tipica ghost story, d'altra parte, e mi sono trovato davanti a un film tutto diverso. Deluso solo in parte, come al cospetto di un ospite non voluto. Io vi parlo di Oculus per come l'ho visto io: non come un'epifania che non c'è stata. Non lascerà il segno. E' il titolo di B movie a non calzare a pennello, perché il B movie è fatto per divertire, mentre Oculus ha una rigida maschera di serietà che mantiene dalla prima all'ultima sequenza. Vi piacerà di più, se saprete bene cosa aspettarvi. (6/10)
Mr Ciak #33: Labor Day - Un giorno come tanti, Oculus, Storia di una ladra di libri Lì per lì, questo film mi era piaciuto. Alcune cose erano scontate, ruffiane, furbaste, ma mi era piaciuto. Era strappalacrime e a me le cose strappalacrime piacciono: mi fanno fesso. Okay che di lacrime non ne avevo versate, ma se non muiono cani o vecchietti, o cani e vecchietti insieme, è impresa assai ardua. Avrei voluto leggere il libro, ma il corriere non passava, la casa editrice non lo spediva e mi sono accontentato della trasposizione cinematografica. Storia di una ladra di libri è un film lungo e realizzato bene, ma pieno di potenzialità buttate al vento. E io, che il libro non l'ho letto, da lontano, ho scorto ugualmente la genialità del suo autore: l'unicità della voce narrante, l'approccio distaccato, cinico e beffarto, la passionalità di alcuni personaggi. L'originale espediente del narratore, qui, è usato poco e male: è un'istanza all'inizio e alla fine del film. Sembra che a raccontare tutto sia la piccola protagonista: è il suo banale punto di vista quello che prevale. Io non l'ho neanche capita bene: ho trovato vago il suo amore per i libri, vago il suo bisogno di salvarli dalle fiamme. La carta e i roghi mi sono parsi elementi inseriti a fantasia per far sì che una storia già vista, già sentita e già letta come questa si differenziasse dalla massa. Dalla prima scena, già ipotizzi il finale. I minuti passano e sai che la tragedia è dietro l'angolo, sistemata a puntino per gli spettatori dal pianto facile e dalla sensibilità spiccata. Non ha coraggio, non ha linfa, ha una crudeltà che più fasulla non si può. Mi ha ricordato Cuore, I ragazzi della via Pal, Il Giardino Segreto. Capolavori d'altri tempi; datati. Storia di una ladra di libri capolavoro non lo è, ma sembra nato vecchio e stanco. E' una produzione costosa, e l'emozione si disperde dietro una scenografia assai curata, effetti speciali generosi, un film che ha grandi dimensioni e un cuore da pulcino. Piccolissimo. La protagonista è carina, discreta, piccina, ma non stupisce: la Ronan aveva tredici anni, in Espiazione, e aveva già la forza delle grandi attrici. Il suo amico dai capelli biondi, invece, fa una tenerezza assurda e i veterani della situazione – Rush e la Watson – sono superbi come al solito, nonostante la piattezza dei loro personaggi: due coniugi senza figli, fintamente arcigli, segretamente affettuosi. Grande incognita il personaggio di Max: l'ebreo nascosto in cantina, il ragazzo che legge. Avrei potuto vedere me stesso, in lui, ma è un abbozzo trascurato e pieno di sbavature, come tutto il resto. Scolastico, acerbo, ovvio. Farebbe carte false pur di raggiungere il suo scopo, ma... sorry, bersaglio mancato. (5/10) Mr Ciak #33: Labor Day - Un giorno come tanti, Oculus, Storia di una ladra di libri - Un film di gente che ha smesso di fumare, ma che non rinuncia al vizio. Flirtare è arte. L'arte è lussuria. Closer trasuda sesso, ma senza scene di sesso. Tutti ne parlano, tutti lo vogliono, tutti lo fanno. Dialoghi pungenti, sfacciati, orgogliosi, sprezzanti. Una goduria per chi ama gli script a prova di bomba, i film dal sapore teatrale, i virtuosismi attoriali. Natalie Portman ha la perfezione di un robot con la parrucca rosa, Clive Owen è viscido e intenso, Julia Roberts è glaciale, Jude Law è sdolcinatamente appassionato. Era il 2004. Questi quattro attori erano giovani e belli e, raramente, li ricordo così convincenti. Damien Rice canta la sua stupenda The Blower's Daughter. (4/5) - Un nuovo Spider Man scorazza per New York, a qualche anno di distanza da quello del fortunato Sam Raimi. E' un ritorno molto amazing. Il Peter Parker di Andrew Garfield è nerd, romantico, moderno, con una zia May che non sembra più la mummia e uno zio Ben meno Yoda del solito. Risate, brio, amori, tragedie si susseguono in un film per ragazzi dal ritmo pazzesco. E poi quanto sono belli Garfield e la Stone? Un feeling creato senza effetti speciali. (3,5/5) - The Paperboy aveva fatto chiacchierare: Daniels si era dato al trash. Questo suo film è tutto ciò che avevo letto e molto altro. Prendete tutto il pacchetto! Crudezza, parolacce, kitsch spudorato. Pane per i miei denti. Ho scoperto un film pieno di scene (s)cult, ma grezzo con studiata intelligenza. Gli attori si divertono e buttano via la loro parvenza di serietà: la Kidman sembra una battona, McConaughey è un falso macho-man, Cusack è uno sporco psicopatico. E poi c'è Efron, con un ruolo cucito addosso: un ventenne con la faccia da bravo ragazzo e la propensione per le donne – e i film – più grandi di lui. Lercio, triviale, divertente. Tra le scene incriminate: un infuocato dialogo con eiaculazione finale, le conseguenze di una scena bondage, la pipì d'angelo della divina Nicole rimedio per le meduse. (3/5)

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