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Io, per T-Mag
Ci sono una serie di relazioni che legano vicende temporalmente tanto distanti tra loro, eppure così simili. Julian Assange, in definitiva, non ha inventato niente di nuovo. Prima di lui ci fu Lincoln Steffens, ad esempio.In molti hanno paragonato i cables di Wikileaks ai Pentagon Papers del 1971, quando il New York Times iniziò a pubblicare degli stralci di uno studio condotto alcuni anni prima e ordinato dal segretario alla Difesa, Robert McNamara. I Papers erano una ricostruzione storica di circa tremila pagine sul coinvolgimento degli Stati Uniti nella guerra del Vietnam da cui emersero le menzogne sullo stato delle operazioni militari e gli omicidi di massa compiuti nelle aree del conflitto. Il 13 giugno del 1971 il giornale americano divulgò gli estratti di quei documenti dopo averli ottenuti in maniera non proprio legale da Daniel Ellsberg, un funzionario che aveva partecipato alla realizzazione dello studio. L’amministrazione Nixon le provò tutte pur di impedire al quotidiano di rendere note informazioni strettamente riservate, anche attraverso le vie legali. Ma la Corte suprema diede al New York Times il nulla osta alla pubblicazione. Tralasciando lambiccamenti vari, su T-mag vogliamo tentare un percorso ancora più a ritroso.Agli inizi del ’900 si sviluppò, sempre negli Stati Uniti, un movimento definito spregiativamente “muckrakers” (“rastrellatori di letame”) dall’allora presidente Theodore Roosvelt. I muckrakers erano giornalisti dediti alla ricerca della verità documentata allo scopo di evidenziare gli abusi di politici corrotti o di esponenti dell’alta finanza. La stampa muckraker, attraverso le sue rivelazioni, riuscì ad ottenere una serie di riforme sociali, normative antitrust o leggi sul lavoro minorile. Steffens e compagni, come adesso Assange e i suoi collaboratori, misero a nudo i Re.
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