Ho rivisto ieri, per la terza volta, "Mulholland Drive" di David Lynch. Ed ancora una volta, sono qui a rimuginare, a ripensare ai dettagli, ai passaggi, alla meravigliosa interpretazione di Naomi Watts, alla genialità del regista.M.D è un capolavoro, uno di quei rari film che non si esauriscono con una visione ma che continuano a sorprendere, a lanciare interrogativi. Non si "afferra" facilmente, in molti liquidano la questione affermando "non si capisce niente".Ed, invece, credo si capisca molto. O comunque Lynch vuole far capire molto, a modo suo, certo. Ma è proprio la modalità che sceglie ad entusiasmare. La storia potrebbe essere banalizzata in poche righe. E chissà quanti film, telefilm, romanzi l'hanno, in qualche maniera, già trattata. Amore e gelosia, obiettivi e sogni, triangoli sentimentali e solitudini, arrivismo e ambizione, arte e pseudo arte.Ma Lynch decide di percorrere la strada più complessa per raccontare la tragica storia di una giovane aspirante stella del cinema, innamorata e mal ricambiata da una sua più illustre (e furba?) collega. Il regista decide di immergere lo spettatore non nella dimensione spazio- temporale standard del racconto,ma nell'universo onirico, sentimentale, irrazionale della protagonista, facendo dedurre la storia dal più intimo punto di vista che possa esistere: il subconscio. Le bussole per non perdersi sono le chiavi e i cubi blu, elementi di passaggio e accesso tra realtà e ricordi, sogni e desideri. La pellicola trasuda di tensione e mistero, atmosfere angoscianti ed ansiose. Perchè diverso non potrebbe essere lo stato d'animo del personaggio, tormentato al punto tale da arrivare ad un tragico gesto.Lynch scava nel profondo dell'anima della sua eroina mancata, giocando con la trasfigurazione della realtà che si realizza nei sogni di tutti e mettendo in scena tormenti e desideri, frustrazioni e gelosie. L'irrazionale trova uno spazio filmico in modo sublime, come, forse, solo Federico Fellini seppe fare a suo tempo.Tra le righe, poi, c'è il mondo del cinema e le sue illusioni, un contesto potente e decadente da cui Lynch sembra voler prendere le distanze (non a caso il film, ambientato nella mecca del cinema Hollywood, è stato prodotto grazie agli "autoriali" finanziamenti francesi). Lo delinea, infatti, come un universo di false speranze, di giochi di specchi e poteri, che non tutti riescono a reggere.
Ho rivisto ieri, per la terza volta, "Mulholland Drive" di David Lynch. Ed ancora una volta, sono qui a rimuginare, a ripensare ai dettagli, ai passaggi, alla meravigliosa interpretazione di Naomi Watts, alla genialità del regista.M.D è un capolavoro, uno di quei rari film che non si esauriscono con una visione ma che continuano a sorprendere, a lanciare interrogativi. Non si "afferra" facilmente, in molti liquidano la questione affermando "non si capisce niente".Ed, invece, credo si capisca molto. O comunque Lynch vuole far capire molto, a modo suo, certo. Ma è proprio la modalità che sceglie ad entusiasmare. La storia potrebbe essere banalizzata in poche righe. E chissà quanti film, telefilm, romanzi l'hanno, in qualche maniera, già trattata. Amore e gelosia, obiettivi e sogni, triangoli sentimentali e solitudini, arrivismo e ambizione, arte e pseudo arte.Ma Lynch decide di percorrere la strada più complessa per raccontare la tragica storia di una giovane aspirante stella del cinema, innamorata e mal ricambiata da una sua più illustre (e furba?) collega. Il regista decide di immergere lo spettatore non nella dimensione spazio- temporale standard del racconto,ma nell'universo onirico, sentimentale, irrazionale della protagonista, facendo dedurre la storia dal più intimo punto di vista che possa esistere: il subconscio. Le bussole per non perdersi sono le chiavi e i cubi blu, elementi di passaggio e accesso tra realtà e ricordi, sogni e desideri. La pellicola trasuda di tensione e mistero, atmosfere angoscianti ed ansiose. Perchè diverso non potrebbe essere lo stato d'animo del personaggio, tormentato al punto tale da arrivare ad un tragico gesto.Lynch scava nel profondo dell'anima della sua eroina mancata, giocando con la trasfigurazione della realtà che si realizza nei sogni di tutti e mettendo in scena tormenti e desideri, frustrazioni e gelosie. L'irrazionale trova uno spazio filmico in modo sublime, come, forse, solo Federico Fellini seppe fare a suo tempo.Tra le righe, poi, c'è il mondo del cinema e le sue illusioni, un contesto potente e decadente da cui Lynch sembra voler prendere le distanze (non a caso il film, ambientato nella mecca del cinema Hollywood, è stato prodotto grazie agli "autoriali" finanziamenti francesi). Lo delinea, infatti, come un universo di false speranze, di giochi di specchi e poteri, che non tutti riescono a reggere.
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