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Mulholland Drive

Creato il 09 giugno 2014 da Fabio Buccolini

Mulholland

Ladies and gentlemen, dopo Strade Perdute è giunto il momento di recensire Mulholland Drive, il penultimo film del regista David Lynch.

Come per Strade Perdute, a maggior ragione in questo caso per quanto riguarda la trama sono costretto a fare un copia-incolla da wikipedia, qui siamo veramente ad un punto estremo per quanto riguarda l’associazione e la dissociazione delle immagini, estremo, ma non massimo (con Inland Empire tocchiamo veramente il fondo O_O); come l’altra volta, incollerò la trama mettendola tra virgolette, in modo che chi già avesse visto il film possa tranquillamente saltarla.

In seguito ad un incidente automobilistico avvenuto sulla Mulholland Drive di Hollywood, Rita, unica superstite, perde la memoria. Dopo essersi allontanata dal luogo dell’incidente, ed aver disceso la collina che porta alla città di Los Angeles, in evidente stato di shock, cade in un sonno profondo.

Al risveglio Rita si introduce di soppiatto in una casa, dalla quale la padrona, una nota attrice, si allontana per motivi di lavoro. La dimora però rimarrà disabitata per poco, dato che Betty Elms, nipote della proprietaria ed anch’essa attrice, arrivata dal Canada in cerca di gloria, prendendo dimora nell’appartamento della zia. Betty non appena comprende che Rita non ha nulla a che fare con la zia, decide di non contattare la polizia, bensì di aiutarla a ritrovare memoria e identità. Nella borsetta di Rita le due donne rinvengono un grande quantitativo di soldi e una chiave blu.

Fanno da intermezzo alle scene principali alcuni eventi che, seppur apparentemente sconclusionate, David Lynch riesce però ad intrecciare in maniera egregia.

Un uomo atterrito dai propri sogni, dopo aver visto la figura di uomo terrificante nel cortile retrostante un bar, sviene.

Un regista di nome Adam Kesher, viene dapprima tradito dalla moglie e successivamente intimidito da personaggi di malaffare, con lo scopo di far assegnare ad una certa Camilla il ruolo principale del prossimo film.

Infine viene mostrato l’operato di un killer, maldestro e incapace di operare nel silenzio.

Nel corso del loro tentativo di ritrovare la memoria, Betty e Rita scoprono il corpo di una donna, Diane, distesa esanime sul letto di casa. La notte successiva le due donne diventano amanti, e Rita prega Betty di accompagnarla in un posto, un teatro dove si imbatteranno una piccola scatola blu.

Aperta la scatola con la chiave blu in possesso di Rita, magicamente i personaggi si scambiano di ruolo: la bionda Betty diviene Diane e Rita diviene Camilla, la sua amante.

Diane è innamorata di Camilla la quale, però, le preferisce il regista Adam, con cui durante una cena annuncia l’imminente matrimonio. Umiliata, piena di rabbia e disperata, Diane decide di assoldare un killer per uccidere Camilla. Nel bar dove contratta il killer (l’uomo maldestro della prima parte), vede l’uomo dell’incubo che, davanti alla cassa, guarda spaventato Diane. Quest’ultima, divorata dai sensi di colpa e dal fallimento, in preda ad allucinazioni decide di suicidarsi sparandosi un colpo di pistola in bocca.

Il film termina subito dopo la morte di Diane, riportando lo spettatore al Club Silencio, nel quale l’unica attrice presente pronuncia “Silencio”.

Dunque, così come per Strade Perdute, anche qui elencherò gli eventi nell’ordine in cui sono avvenuti realmente: Diane Selwyn (una straordinaria Naomi Watts) è un’attrice di talento, ma ignorata dal mondo del cinema, e riesce solo ad ottenere piccole parti qua e là procurategli da Camilla Rhodes (Laura Harring), conosciuta sul set di un film, e con la quale ha intrecciato una specie di relazione lesbo. Quella che per Diane però è una storia seria, per Camilla in realtà è solo un giochetto, uno sfizio che si è tolta, e ad un certo punto, forte anche del fatto che si è fidanzata con Adam Kesher (Justin Theroux), il regista del film al quale attualmente entrambe stanno lavorando, vuole troncare questa pseudo-relazione. Mentre Diane è sconvolta da questo fatto, Camilla al contrario sembra prendersi gioco di lei, e queste derisioni toccano il culmine ad una cena a casa del regista con tutto il cast del film, abitazione situata su Mulholland Drive, una nota via di Los Angeles.  A questo punto, in preda alla sofferenza e alla rabbia più totale, Diane decide di far uccidere Camilla, rivolgendosi ad un serial killer.

Dopo i fatti sopra elencati, dobbiamo fare riferimento alle immagini all’inizio del film, le persone cha ballano: la sera stessa (oppure qualche sera dopo, non è importante) dell’ingaggio del serial killer, la nostra attrice va ad una festa, probabilmente balla, si ubriaca, torna a casa e crolla addormentata sul letto…da qui comincia il sogno.

I nomi dei personaggi per la maggior parte sono stravolti in questa fase, così come anche i ruoli, si passa alla pura associazione di immagini: nel suo inconscio Diane si chiama Betty, nome che aveva visto sulla targhetta di una cameriera del bar in cui si è incontrata con il killer; Camilla ha avuto un incidente su Mulholland Drive, sulla sua limousine, nel punto in cui la nostra attrice era scesa per la cena con il cast del film, e a causa di questo incidente ha perso la memoria, ma fin da subito si capisce che è in pericolo, degli uomini la stanno cercando per ucciderla (mafia probabilmente).

Già da qui si deduce la volontà di Diane nel far soffrire la sua ex amante, così come il regista che glie l’ha “portata via”, anch’esso vittima degli stessi uomini (con a capo un tizio vestito da cowboy), i quali gli impongono di dare la parte della protagonista del suo ultimo film ad una ragazza scelta da loro, e perdipiù viene anche tradito dalla moglie.

Nel sogno Betty è un’attrice di talento, arrivata ad Hollywood da poco e che alloggia nell’appartamento di sua zia Ruth (dove trova Camilla ferita alla testa e priva di memoria) la quale è dovuta partire (nella realtà zia Ruth è morta, e anche qui traspare sempre la volontà della nostra protagonista, il desiderio di non aver perso una persona cara, che è semplicemente partita per un film).

Ogni personaggio che si vedrà è dettato, come già detto sopra, da associazioni di immagini con la realtà, dal cowboy a capo dalla mafia, alla ragazza che interpreterà la protagonista del film che si sta girando, alla amministratrice della palazzina dove sta l’appartamento di zia Ruth (Coco, che nella realtà è la madre di Adam Kesher), al killer, che nel sogno è maldestro (segno che forse Diane si è pentita di averlo ingaggiato), all’uomo terrorizzato nel bar, alla cameriera dello stesso bar, ai fratelli Castigliani che minacciano Adam Kesher, tutti già visti nella vita reale, alcuni alla cena del cast, altri al bar dove si incontra con il killer, altri semplicemente perchè vicini di casa.

La chiave blu che nel sogno si trova nella borsa di Camilla nella realtà è il segno che l’assassinio della sua ex amante è stato compiuto, e la troverà al suo risveglio sul tavolino dell’appartamento; essa apre una scatola blu, che nella realtà non contiene nulla, non ha importanza, ma nel sogno contiene la pazzia e la disperazione della nostra protagonista (impersonata dai 2 vecchietti agghiaccianti che atterrano a Los Angeles con lei, e che alla fine del film escono proprio dalla scatola blu).

Il Club Silencio è una figura emblematica: rappresenta la costante paura della morte, di essere soli, del fatto che dopo la morte potrebbe non esserci nulla, e sopragguinge il dolore e la paura (il timore in questo caso di aver perso per sempre la zia e probabilmente anche Camilla, che sarà uccisa), “non c’è nessuna banda, eppure si sente una musica, ma forse questa musica è solo un’illusione”.

Parallelamente però c’è un’altra figura straordinaria: il mostro di cui l’uomo al bar è terrorizzato, il mostro che si nasconde dietro al muro, con gli occhi rossi di fuoco, che simboleggia il male, e riflette lo stato d’animo della nostra protagonista, ma se c’è il male c’è anche il bene, e ammettere la loro esistenza implica ammettere che forse la morte non è la fine di tutto (“…nel giardino segreto lo costrinse a sognare, a ignorare che al mondo c’è il bene e c’è il male…”, scusate ma non ho resistito a citare il grande Fabrizio De Andrè); la figura del mostro nella realtà è semplicemente un barbone sporco, che si è stabilito dietro a un muro vicino al bar e trova in un sacchetto di carta la scatola blu, ed è semplicemente lo stato d’animo di Diane che nel sogno lo fa apparire come un mostro.

A un certo punto la nostra protagonista viene svegliata dalla vicina che deve riprendersi alcune cose (si sono scambiate gli appartamenti), le va ad aprire e glie le restituisce, poi vede la chiave blu sul tavolino del salotto, capisce che Camilla è stata uccisa,  ora è pentita per ciò che ha fatto, si dispera, gli sembra di rivederla lì vicino a lei, ma è solo un’illusione, così per il dolore impazzisce, vediamo i 2 vecchietti dell’inizio del film che escono dalla scatola blu presa dal barbone, arrivano a casa sua e la terrorizzano (sono solo nella sua testa); affinchè il dolore finisca, si spara in bocca (nel sogno infatti quando lei e Camilla erano andate alla ricerca di una certa Diane Selwyn l’avevano trovata morta, putrefatta nella camera da letto, e Diane Selwyn altri non è che il suo nome, vede il suo stesso cadavere, avendo così una immagine premonitrice di ciò che sarebbe accaduto): morte, fine di tutte le sofferenze.

Sono obbligato a dire che questo film è straordinario, sia per il cast (tutti gli attori sono stati eccezionali), sia per la potenza evocativa delle immagini, qui le immagini oniriche si sprecano, la tecnica delle riprese è sublime, Lynch dà il meglio di se, in un film con un’atmosfera malata, ma a tratti comico (l’assassino maldestro del sogno, l’uomo grosso che va a cercare Adam Kesher a casa sua e picchia la moglie traditrice e il suo amante), e a tratti veramente oscuro: basti pensare ai 2 vecchietti, al mostro, al Club Silencio, capaci di annientare psicologicamente lo spettatore, degni del miglior film horror.

Lo definirei probabilmente il mio film preferito di David Lynch, un film che come non mai è riuscito ad esprimere ciò che più si avvicina al sogno (alla destrutturazione, all’associazione delle immagini, alla potenza evocativa), con  un solo ed unico esempio che riesce a superarlo: il regista è Richard Linklater, il film è Waking Life…ma signori, non è ancora arrivato il momento di parlarvi di Waking Life.

EDOARDO ROMANELLA



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