Da quando me ne occupo, auspico che il burlesque, in Italia, abbia la forza di fondersi con altre arti, di evolvere, di non morire vestito da fenomeno vintage. Questa fusione, in alcuni casi (pochi, diciamolo) ha avuto luogo, con interessanti risultati. Il giorno in cui ho conosciuto l’artista visiva Roberta Della Volpe e le sue opere ho pensato che fosse sulla strada giusta.
Lascio che sia lei, in parole e immagini, a presentarvi uno dei progetti che ha firmato coinvolgendo il burlesque e recuperandone in qualche modo l’anima satirica.
A.R.
Ormai, purtroppo, è nota la condizione di emergenza in cui versa la città di Napoli in fatto di rifiuti.
La situazione preoccupa e fa pensare… questo è un problema annoso per noi napoletani.
La condizione dei rifiuti e dell’igiene in genere è descritta in maniera preoccupante da sempre, basta leggere alcune pagine del Ventre di Napoli di Matilde Serao per esempio.
Per carità non voglio paragonare quegli anni a questi, è chiaro che c’è stata un’evoluzione, ma la situazione, fino ad ora , non si è mai risolta definitivamente.
Poiché questo è un momento drammatico, ma stimolante per un artista, ho cercato di parlare del problema con una piccola provocazione ironica, che spero faccia sorridere e riflettere.
Il concetto è “provocare per non dimenticare”.
E’ importante per me sottolineare che questo è un lavoro di denuncia, leggero e ironico quanto si vuole, ma con l’intenzione di evidenziare una nota colorata e canzonatoria su un dramma antico… sperando un giorno di poter fotografare ancora una donna, ma con una scenografia diversa in una Napoli “liberata”.
Spero che le persone che avranno l’occasione di vedere Munnesque non si chiudano nel pregiudizio pensando che sia stata “usata” una donna per speculare su un problema così grave, equivocando anche sulla mercificazione del corpo femminile.
Munnesque è un progetto artistico e fotografico, le fotografie son state pensate come delle Polaroid per conservare lo stile vintage in modo da sottolineare l’annosità di questo problema.
Sotto ogni fotografia c’è l’indirizzo che evidenzia quanto il disagio sia diffuso in città.
Il nome Munnesque deriva dalla fusione della parola napoletana “munnezza” – che significa pattume, spazzatura – con la parola “burlesque”, che qui ben conosciamo.
Il progetto diventerà un piccolo merchandising con calendari e cartoline.
Gli scatti sono di Cristina Ferraiuolo e Luca Anzani.
Munnesque
Paesaggio con signora
(di Francesco Forlani)
Dice Deleuze nel suo Abécédaire, parlante:
Je ne désire pas une femme, je désire un paysage qui est enveloppé dans cette femme. […]
Io non desidero una donna, desidero un paesaggio che è avvolto da questa donna [...]
Une robe, in francese si dice di vestito, vestitino, a pois, a colori così provence così soleil. Rubbish. La roba per strada, per la strade che arrobbano, scippano, accatastano, inguainano. La città abusiva download, discarica pirata, smotta, sgoverna, splotta, à robe universale che sanguina, ma non si vede, però si sente, perde, scola. Si confeziona l’aria, l’acqua, la terra, la robe en pose, s’amuse. Musa, musa museale, a scatti. Diverte lo sguardo irrita gli occhi. Derisione, specchio segreto, la pellicola del paesaggio così opaca così trasparente che riflette: une robe da non crederci: specchio servo delle mie brame dimmi chi è la più bella del reame. Ah poubelle, poubelle! Un rifiuto, da avanzo qualcosa, sedotta e abbandonata roba, il resto mancia per zoccole e scarrafoni. Roby en robe de tour, de sori, de nuoti, irradia Roger, Roger.
EffeEffe