Murakami
Forse non ho mai riposto tante aspettative in un libro prima d'ora: le parole "Norwegian Wood" mi si erano infilate nella mente con profonda delicatezza, senza portare con sé nessun significato, ma presentandosi solo come mere parole, per poi lentamente germogliare e attendere con pazienza la primavera della lettura per prendere forma nell'inchiostro delle pagine. Senza neanche conoscerlo, ho iniziato a percepire questo libro intoccabile e prezioso, come se l'atmosfera suggestiva del testo si manifestasse ancor prima di immergermi nella lettura.
- Suona Norwegian Wood, - disse Naoko. [...]
- Quando sento questa canzone a volte divento tremendamente triste, non so perché ma ho la sensazione di vagare in una foresta profonda, - disse Naoko. - Come se fossi da sola, al freddo e al buio, e nessuno venisse ad aiutarmi.
"Norwegian Wood" nasce da una canzone, ti trascina nella dimensione malinconica di una particolare musica; in un certo senso, è una canzone. Solo dopo averne assaporato la melodia della lettura, posso comprendere e condividere la volontà dell'autore di mantenere il titolo originario nella traduzione italiana (inizialmente rintitolata "Tokyo Blues"), dal momento che la musica - e quella particolare canzone malinconica e lenta che è "Norwegian Wood" dei Beatles - è parte integrante della scrittura e del mondo interno del protagonista.
Quest'ultimo, Tōru Watanabe, è un ragazzo in transito tra il mondo adolescenziale e quello maturo, che pare davvero aggirarsi in un misterioso e indefinito spazio, come quello evocato dall'immagine della foresta norvegese. Il perenne contrasto tra due realtà distinte, una interna e l'altra esterna, che fa da sfondo all'intera storia, si fa evidente nella contrapposizione tra le due protagoniste femminili: Naoko e Midori. Diverse tanto fisicamente quanto caratterialmente, le due ragazze si alternano, impersonificando la morte e il passato l'una, la vita e il futuro l'altra.
L'eco della morte impregna quasi ogni capitolo. Ci sono personaggi che muoiono, altri già morti, altri ancora che moriranno, ma anche nei personaggi vivi c'è già l'odore di morte, perché, come afferma lo stesso protagonista, LA MORTE NON È L'OPPOSTO DELLA VITA, MA UNA SUA PARTE INTEGRANTE, frase che racchiude e spiega gli altri riferimenti, tra i quali:
"La morte era già compresa intrinsecamente nel mio essere, e questa era una verità che, per quanto mi sforzassi, non potevo dimenticare".
"Nel pieno della vita tutto ruotava intorno alla morte".
La morte sembra quasi rappresentare l'unico legame tra il mondo esterno e quello interno, il punto di contatto tra le persone intrappolate nell'uno e quelle abitanti dell'altro. Ed è proprio per raffigurare questo contrasto che i confini della trappola si concretizzano in luoghi ricorrenti, quali la clinica o l'ospedale. È qui che l'interiorità dei personaggi si mette a nudo, rivelando ogni fragilità e timore, tentando di riappropriarsi della possibilità di comunicare.
La parola, intesa come capacità di esternare i propri stati d'animo e dialogare, è un punto focale, spesso oggetto di velate riflessioni metalinguistiche. Anche nell'opposizione tra il silenzio e la padronanza del linguaggio, emerge la differenza tra una Naoko introversa e una Midori espansiva.
Gli anni ricordati dal protagonista ormai maturo sono esattamente quelli che segnano il passaggio tra il silenzio e la propria voce - e che combaciano storicamente con gli anni '60 -, descrivendo l'andamento insicuro di un giovane che va alla ricerca delle parole.
L'unica cosa che possiamo fare è superare la sofferenza attraverso la sofferenza, possibilmente cercando di trarne qualche insegnamento, pur sapendo che questo insegnamento non ci sarà di nessun aiuto la prossima volta che la sofferenza ci colpirà all'improvviso.
Il tempo ciclico e ripetitivo sembra scandire un'esistenza monotona, dove ogni errore e ogni sofferenza si ripresenta senza possibilità di cambiamento. Ciò che, però, non soccombe è proprio il desiderioIl Grande Gatsby del cambiamento, la speranza che qualcosa possa essere trasformato, che, come una scintilla lontana, non smette di brillare - in un chiaro riferimento letterario a , opera più volte citata.
In quel buio provai molte volte ad allungare la mano. Le mie dita, però, non incontravano niente. Quella piccola luce era sempre un po' più avanti delle mie dita.
L'atmosfera indefinita e quasi onirica del romanzo si trascina sino alla domanda finale, che sottolinea con maggiore vigore lo stato di passaggio e smarrimento.
Ma veniamo a noi. Come mi è sembrato il romanzo?
Suggestivo, ben scritto, misterioso senza dubbio. Ammetto, però, - forse proprio a causa delle troppe aspettative che avevo - che ci sono stati dei momenti in cui la prosa mi è sembrata poco fluida e la lettura ne è risultata faticosa, soprattutto nella descrizione decisamente articolata delle azioni, che a mio parere è superflua. Alcuni passaggi mi hanno coinvolta del tutto, altri, al contrario, mi sono sembrati un po' sbiaditi. Nel complesso, però, non si può dire che non l'abbia apprezzato, soprattutto nella capacità di creare un'atmosfera del tutto particolare che si manifesta in ogni dettaglio, dai personaggi ai luoghi, dal tempo ai riferimenti all'arte. Eppure, sento che la lettura di questo libro proprio non mi basta e mi dedicherò ben presto ad altre opere dello stesso autore.
Or should I say she once had me
Isn't it good Norwegian wood?
And she told me to sit anywhere
And I noticed there wasn't a chair
I sat on the rug biding my time
We talked until two and then she said
In the morning and started to laugh
And crawled off to sleep in the bath
And when I awoke I was alone
Isn't it good Norwegian wood?