Murdoch attacca nuovamente Berlusconi

Creato il 02 novembre 2011 da Yleniacitino @yleniacitino

27 ottobre 2011

Non ci stanno, alcune lobby inglesi, a credere che l’Italia abbia riacquistato piena fiducia e credibilità nell’Eurozona, dopo le rassicurazioni e gli stretti impegni temporali presi con la lettera di intenti dal Presidente Berlusconi. Non ci stanno per niente e per mostrare il loro disagio non rimane loro che scimmiottare le nostre opposizioni con articoli di fondo lambiccati e scopiazzati dal solito paiolo anti-berlusconiano.

C’è un editoriale del Times, ad esempio, che apre con una affermazione apodittica: l’Italia si libererebbe volentieri di Silvio Berlusconi.
“He must go now” latrano con veemenza, parlando a nome degli italiani senza essere supportati da alcun dato sondaggistico. Spacciando per verità l’ennesimo sfogo, si tenta di cancellare l’ottimismo emerso dal positivo accoglimento del premier a Bruxelles. Più moderato, invece, un altro venerabile quotidiano anglofono, di stampo americano ma sempre legato alla Newscorp di Murdoch: il Wall Street Journal, infatti, analizzando l’attuale situazione politica italiana, ha statuito che se ci fosse un governo tecnico sarebbe così debole da non riuscire a varare nessuna riforma. Perciò, piuttosto che un non-governo, la soluzione ottimale rimarrebbe “pur sempre” la guida di Berlusconi. Soluzione opposta per l’Economist, che replica: “l’indolente generazione politica cresciuta all’ombra di Berlusconi potrebbe finalmente essere scalzata ma non c’è un’ovvia alternativa. Un’idea potrebbe essere quella di far ricorso, come in passato, a un governo tecnico con sostegno bipartisan per realizzare una serie di riforme ispirate dalla Ue”.

Le parole più pesanti, per ovvi motivi, scaturiscono comunque dal Times. A detta della carta stampata di Murdoch (secolare nemico d’affari del Silvio imprenditore), l’irresponsabilità di Berlusconi sta trasformando un problema localizzato in un disastro emergente, per cui “il suo migliore servigio alla patria, adesso, sarebbe quello di dimettersi immediatamente”. Parole non nuove queste. L’editoriale pare, infatti, un’accozzaglia di stereotipi anti-italiani mutuata, senza troppe modifiche, dalla litania della nostra opposizione (che per proprietà transitiva risulta, così, esasperatamente anti-italiana). Quando il Pd, ad esempio, si duole che la lettera all’Ue sia solo “fumo”, il Times parafrasa subito l’idea parlando di una” lettera offerta evitando qualsiasi impegno specifico”. Di “irresponsabilità” del premier, invece, ne parla spesso l’apparato comunicativo dell’Idv, che ne ha fatto quasi un mantra di vita. Inoltre, l’asserzione del Times che le insufficienti misure proposte da Giulio Tremonti siano state “ritardate da un primo ministro spaventato dalla reazione degli elettori” sembra rimandare alla linea di Stefano Belisario, capogruppo dell’Idv al Senato, che qualche tempo fa affermava che “Berlusconi ha una inguaribile avversione per la democrazia e una sempre più evidente paura del giudizio degli elettori”.

Insomma, gli attacchi al vetriolo del Times, così come quelli di altri omologhi britannici, rassomigliano molto alle arcinote sferrate della sinistra decostruttivista, se non fosse per una conclusione inconsueta, che fa da capolino fin dal primo capoverso: Berlusconi, dice il Times nell’occhiello, non solo avrebbe portato l’Italia sull’orlo della rovina, ma avrebbe persino danneggiato l’intera eurozona. E dopo: se l’Italia non può essere salvata, non lo sarà nemmeno l’intero esperimento dell’euro. Pare leggermente strano, tuttavia, che a parlare di “salvataggio dell’eurozona” sia proprio la stampa di un paese che di passare all’euro non ha mai avuto nemmeno il barlume di intenzione. Non sarà, per caso, che tutto questo livore sia stato scatenato dagli ultimi avvertimenti degli analisti, che hanno rilevato una “leggera” flessione dell’economia britannica imputandola a un evidente contagio da crisi del debito? È chiaro che gli inglesi si trovano in un momento in cui, pur non avendo goduto degli onori di esser parte del sistema euro, ne stanno comunque sopportando gli oneri, a causa di un mercato fortemente integrato. E contro tali oneri non possono neppure combattere, visto che c’è ogni giorno un leader europeo diverso che si appiglia al principio di non ingerenza allorché Cameron prova a metter bocca sulla crisi. L’unico capro espiatorio, dunque, è l’Italia. Influenzarne la politica rimane il solo modo per tentare di arginare gli effetti eterodiretti della crisi in Gran Bretagna. Che interesse avrebbero a spodestare il leader della farraginosa e lillipuziana economia greca?

Tuttavia, se gli anglosassoni possono pararsi dietro a ragioni economico-monetarie per corroborare i ricorrenti assalti al governo italiano e al suo principale esponente, nessuna giustificazione, invece, si attaglia al comportamento scellerato delle opposizioni italiane e dei sindacati che, invece di salutare con favore lo zelo con cui si sta tentando di far uscire il paese dallo stallo, non fanno altro che tarpare le ali ad ogni iniziativa, rivendicando lesioni di privilegi inveterati, i veri paletti alla crescita dell’economia, e fornendo materia prima (anzi riciclata) per gli assidui vituperi esteri.


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