Musciska, una parola che indica un prodotto di nicchia tra i più particolari che abbia assaggiato e che rappresenta un ideale continuazione di tradizioni antichissime che permettevano, ai pastori, di consumare carne durante la transumanza, sotto forma di strisce di carne salata, aromatizzata ed essiccata.
In verità ne disconoscevo il nome, anche se mi era capitato di assaggiarla, di maiale, qualche anno fa ma questa volta, non solo ne ho scoperto il nome ma ne ho potuto gustare questa variante di carne di (anche questa con sale, aglio, semi di finocchio e peperoncino).
Io ho un ricordo legato all’infanzia, di questa razza bovina podolica, quando (ancora fidanzato di colei che sarebbe diventata mia moglie) ne abbiamo incontrate tante, in piena Sila, in più di una occasione in cui abbiamo trascorso qualche giorno in prossimità del lago Ampollino.
Impossibile che passassero inosservate, sia per la mole che per il fatto che non si spostavano dalla carreggiata e, spesso, ci toccava aspettare che si avvicinasse il pastore per convincerle a lasciarci passare: mantello grigio e corna affusolate, questo il ricordo che ho di una razza bovina particolare, che è tipica di un territorio geografico ben preciso e che per molti anni è stata utilizzata per i lavori nei campi e non per utilizzarne la carne, ecco che il mio ricordo si è trasformato in musciska….
Delle striscioline di carne magra che, normalmente, vengono cucinate alla brace o sulla piastra (nessun bisogno di condimenti ulteriori, grazie a finocchietto e peperoncino che, assieme al sale marino, la caratterizzano) e ne esistono anche di carne di capra, di asinello o di maiale nero.
Il “tuffo nel passato” ed il ricordo dell’infanzia mi hanno spinto al desiderio di utilizzare la musciska in abbinamento ad un piatto tradizionale contadino calabrese, esaltandone il gusto, per creare un connubio con un primo che ha scandito molti miei pranzi della domenica, quando era ancora un ragazzo.
Un’ottima occasione per ricordare le mie domeniche a Palizzi Marina (sulla jonica, a 50 chilometri da Reggio Calabria), quando mia zia Ciccilla e Tota (sua immancabile assistente in cucina) impastavano per preparare il pane ed i maccheroni al ferretto.
Ecco la mia versione, meno tradizionale del classico maccherone con sugo di capra ma, attorcigliato (come un fusillo) e condito con qualche striscia di musciska, ad unire ricordi, culture e gusto in un piatto.