La resa incondizionata di Lance Armstrong, che ha rinunciato a difendersi dalle accuse di doping avanzate a suo carico dalla Agenzia Antidoping statunitense USADA (e della quale vi rendiamo conto altrove con un editoriale), sembra aver gettato un seme nel campo ipocrita degli ex ciclisti degli anni ’90. Johan Museeuw è il primo frutto quando spiega
Dobbiamo superare l’ipocrisia per spezzare la spirale mortifera del costante diniego del doping da parte del ciclismo: l’unico modo è parlare di quegli anni in cui si faceva ricorso tutti al doping sistematico e quotidiano.
Accuse pesanti, quelle lanciate da uno che è stato semi-pentito ed ora ha deciso di vuotare il sacco; dopo aver ammesso di essersi dopato negli ultimi anni della carriera, Johan Museeuw si è tolto oggi – attraverso le pagine del Gazet Van Antwerpen – un grosso peso dalla coscienza.
Sono il primo ad ammetterlo apertamente, e forse molti mi malediranno per questo, ma devo rompere il silenzio: il doping è stato un compagno di strada quotidiano per me quando ero ciclista, e per quasi tutti i miei colleghi dell’epoca. Serve un mea culpa collettivo per ridare credibilità a questo sport e garantirgli un futuro, anche se penso che già oggi il ciclismo sia pulito come mai prima d’ora.