Museo del violino degno di somma indifferenza

Che senso ha visitare un museo del violino? Se non si è addetti ai lavori proprio nessuno, come diceva una volta Antonio Leoni. Ci sono politici che fanno a gara per ringraziare l’autore dell’inutile dono alla città, Arvedi detto il cavaliere. Il suo nome è pronunciato con tono di sottomissione, tranne che da Titta Magnoli, trattato come sappiamo dallo Zanolli con il pretesto dei risultati delle primarie del Pd. Ci sono anche altri “non arvediani”, non entusiasti della Cosa di piazza Marconi. Le dichiarazioni di Ferdinando Quinzani sullo Statuto della Fondazione Stradivari mostrano lucidità e coraggio. Quinzani non si è prostrato, ha mostrato uno scatto di dignità. La Fondazione Stradivari non ha un controllore interno.
C’è anche chi preferiva che il Palazzo dell’Arte rinascesse come tale, ristrutturato con minore, inutile lusso.
Chi ama la musica trova nelle altre città lombarde, soprattutto a Milano, ma non solo, il meglio.
Non c’è bisogno di pagare il biglietto a un industriale che minaccia i vicini dell’acciaieria e che fa il presidente di una squadra di calcio oltre che l’editore. Questo cavaliere esagera un po’, è troppo attivo. Come si fanno i violini? Dobbiamo saperlo? Dobbiamo anche mitizzarli? Non sarebbe meglio capire qualcosa di più della sonata a Kreutzer?
La liuteria è una realtà settoriale, prestigiosa, ma ovviamente chiusa in se stessa.
Il museo del violino resta una cosa misteriosa, costosissima, senza senso per la stragrande maggioranza degli esseri umani. Importerà a chi si interessa di economia delle nicchie più scomode.
Paolo Bodini, medico, ex sindaco ed ex parlamentare, ha svolto recentemente in sala Mercanti un interessante e sereno discorso sullo strano museo. Bisognerà riparlarne. Intanto l’assenza dal museo s’impone, sin dall’inaugurazione di “primavera” (?) della quale niente c’importa. Il posto peggiore in cui possa trovarsi un violino è proprio un museo.

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